Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


sabato 28 gennaio 2017

Punta Gnifetti - Rifugio Capanna Margherita 4554m per la Via Normale

"... tutto intorno a me ci sono alte guglie granitiche che si ergono maestosamente tra nevi perenni... Una cattedrale creata dalla natura! Sono senza parole, uno spettacolo che non ha eguali...
Di fronte a questo tipo di paesaggi la mente si apre a nuove rivelazioni, a oltre quattromila metri tutto assume una differente connotazione: questo è il luogo dove voglio essere, tra queste cime voglio esaltare le mie capacità..."




Primo Luglio 2016
Partenza dal "Rifugio città di Mantova" (3498m) ore 05:28
Rientro al "Rifugio città di Mantova" (3498m) ore 13:02
Durata totale escursione: 7h 34' (pausa presso il rifugio "Capanna Margherita" di 1h 39') 
Tempo di marcia: 5h 55'
Distanza percorsa: 10,6Km circa
Grado di difficoltà: F
Vette raggiunte: 4554m Punta Gnifetti - Rifugio "Capanna Regina Margherita" 
Quota massima: 4554m Punta Gnifetti - Rifugio "Capanna Regina Margherita" 
Dislivello in salita: 1290m circa
Dislivello in discesa: 1278m circa
Monte Rosa su Wikipedia
Ghiacciaio di Indren su Wikipedia
Rifugio Città di Mantova su Wikipedia
Punta Gnifetti su Wikipedia
Rifugio Capanna Regina Margherita su Wikipedia


Primo Luglio 2016 - Discesa dal "Rifugio Mantova" a "Punta Indren" sul Monte Rosa

Partenza dal "Rifugio città di Mantova" (3498m) ore 13:49
Arrivo dalla stazione di arrivo della funivia di "Punta Indren" (3275m) ore 14:26
Durata escursione 37' 
Distanza percorsa: 1,7Km circa
Grado di difficoltà: EEAi
Dislivello in salita: 2m circa
Dislivello in discesa: 230m circa




Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.




Percorso:

Dal rifugio "Città di Mantova" si risale il  ghiacciaio di "Garstelet" (parecchi crepacci nascosti) lasciando sulla sinistra il rifugio "Capanna Gnifetti" (3611m): questo tratto iniziale presenta pendenze accentuate fino al "Colle Vincent" (4088m). Si prosegue tenendo ora la sinistra e passando vicino al "Cristo delle Vette" (o "Balmenhorn", 4157m), poi si sale più dolcemente passando sulle pendici del "Corno Nero" (4322m) e del "Ludwigshohe" (4342m) raggiungendo poi il "Colle del Lys" (4250m).
Un lungo traverso in leggera discesa lungo la base della "Punta Parrot" (4430m) conduce al "Colle Sesia" dal quale si sale sotto una seraccata che conduce nei pressi del "Colle Gnifetti". Un ultimo strappo finale e si raggiunge "Punta Gnifetti" (4554m) dove è situato il rifugio "Capanna Regina Margherita". Per il ritorno è stato seguito lo stesso percorso in maniera inversa.



Dedicato alla memoria del Dottor Bini e di Don Roberto 

"Tutti, per crescere, devono tornare indietro."
(Sting)

Relazione:
Memore della nottata precedente (Piramide Vincent 4215m per la Via Normale) stavolta ho giocato d'anticipo ed ho lasciato socchiusa la finestra in fondo al mio letto e le cose sono andate decisamente meglio: il mio sonno non è stato tra i migliori ma almeno non ho sentito il caldo opprimente e l'aria consumata di una notte fa.
Me la sto prendendo comoda, la nostra cordata sarà l'ultima a partire, l'ora del rendez vous è fissata per le 5:30 e di tempo ne ho a sufficienza visto che sono le 4:00: sono già sveglio grazie al trambusto prodotto dagli altri che partiranno alle 5:00, d'altronde siamo in un rifugio e non in una suite di un albergo a cinque stelle!
Appena vestito mi precipito subito all'esterno e di colpo tutte le mie preoccupazioni svaniscono: dopo il temporale della notte scorsa il cielo è sereno ed una miriade di stelle luccica nel cielo che poco a poco si sta schiarendo, l'ultimo bollettino meteo dava bel tempo per tutta la giornata, vederlo di persona è tutt'altra cosa! 
Faccio colazione, preparo le ultime cose ed esco nuovamente: i miei compagni di cordata sono già pronti. Indosso velocemente i ramponi, Andrea mi lega alla corda e via, si parte! A differenza di ieri siamo uno in meno, Emiliano non se l'è sentita, a nulla sono valsi i nostri appelli ed esortazioni, lo sforzo di ieri per lui è stato più che sufficiente per dire basta; insieme a lui anche altri hanno dato forfait invece Pietro oggi sta decisamente meglio ed è intenzionato più che mai a raggiungere il rifugio più alto d'Europa.


Seracchi sotto la "Piramide Vincent".

I primi minuti di marcia sono quelli più critici, il fiato ancora corto, l'organismo che deve entrare a "regime": tutto passa velocemente anche grazie al ritmo costante che Andrea imprime alla nostra avanzata. Ci sono molte cordate davanti a noi che non tardiamo a superare, una dopo l'altra: avevo paura che lo sforzo di ieri si sarebbe fatto sentire invece nulla, riesco a tenere perfettamente il passo degli altri. 


Verso il "Colle Vincent", si inizia ad intravedere la "punta" del "Lyskamm". Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Raramente effettuiamo pause se non per bisogni fisiologici impellenti ed in queste circostanze non posso far altro che ammirare il panorama alle mie spalle: il disco del sole sta salendo sempre più in alto e la giornata limpida permette di spaziare con lo sguardo sempre più lontano.

Uno sguardo alle nostre spalle...




... ed uno avanti, la parete Nord del "Lyskamm" si erge maestosa.

In breve tempo raggiungiamo il "Colle del Lys" (4250m), la fatica si fa sentire, ma questo è un aspetto secondario perché i nostri occhi ora sono attratti dallo splendido panorama che si stende innanzi a noi.


Il "Weisshorn" (4505m) che spunta all'improvviso...


 ... e Sua Maestà il "Cervino" (4478m).

Credo che definirlo "immenso" potrebbe essere riduttivo: la "Punta Zumstein", la "Punta Dufour", la parete Nord del "Lyskamm", i "Breithorn", il "Cervino", il "Weisshorn"...

Da sinistra verso destra il "Lyskamm", il "Cervino" ed il "Weisshorn".

Il "Lyskamm" (4527m).

Il "Cervino" (4478m) al centro.

Una visione unica! In fondo poi svetta il nostro obiettivo ora visibile quanto mai lontano... 

Da sinistra verso destra, "Punta Dufour" (4634m), "Punta Zumstein" (4563m) e "Punta Gnifetti" (4554m), dove su quest'ultima è posizionato il rifugio "Capanna Regina Margherita".

Di fronte a questo tipo di paesaggi la mente si apre a nuove rivelazioni, a oltre quattromila metri tutto assume una differente connotazione: questo è il luogo dove voglio essere, tra queste cime voglio esaltare le mie capacità...
Una sensazione di deja vu mi prende alla bocca dello stomaco e la mia mente torna indietro, molto indietro nel tempo...

Piccola parentesi.
Siamo nel 1982, l'anno del "Mundial", di "Espana '82", per un ragazzino di undici anni che pratica calcio nella squadra dei pulcini del proprio quartiere è il massimo.
Nell'ordine "asfaltiamo" l'Argentina di Maradona, il Brasile dei vari Falcao, Zico, Junior, Socrates ecc..., la Polonia di Boniek e per finire la Germania: il rigore sbagliato di Cabrini, poi il gol di Rossi, il gol con urlo da leggenda di Tardelli ed il suggello finale di "spillo" Altobelli! Festeggiamenti per strada a non finire!Il Presidente Pertini che "gigioneggia" in tribuna d'onore con il Re Juan Carlos e la memorabile partita a scopone in aereo di tra lui in coppia con Zoff contro il duo Causio-Bearzot: sfida accanita vinta dal Ct e dal "Barone"  (appellativo di Franco Causio) con il Presidente della Repubblica che si infuria con Zoff. 
Momenti irripetibili, gioia alle stelle, ma il bello per me doveva ancora venire...
Come ogni ogni estate nell'oratorio della mia parrocchia vengono organizzate parecchie attività per noi bambini, ops, pardon, ragazzini: ho appena svolto la prima media, da quest'anno faccio parte dell'A.C.R. (Associazione Cattolica Ragazzi) e per me è stato un bel salto in avanti, una bella conquista, come tutte quelle di questa meravigliosa età. Come dicevo le attività erano già iniziate appena terminata la scuola, quest'anno però, per chi vuole, il tutto può essere "completato" con un campo scuola che si terrà a fine Luglio. Ne parlo a casa, l'idea mi piace, per me è l'occasione di mettermi alla prova: potrei fare una vacanza da solo, con i miei amici, chissà cosa potrebbe succedere... Non ci sono veti da parte dei miei genitori così tutto si mette in movimento: vado alla A.S.L. (al tempo si chiamava U.S.L.) per le vaccinazioni ed il conseguente rilascio del certificato medico, vado in Comune per ottenere la mia prima "Carta di Identità", compro i miei primi scarponi da montagna (rigorosamente di cuoio) ecc... Eh si, perché questo campo scuola si svolgerà in montagna, per la precisione a Macugnaga.


Cartolina del 1982: il massiccio del "Monte Rosa" visto da Macugnaga.

Guardo sull'Enciclopedia (al tempo non c'era Wikipedia) e scopro che questa località è proprio ai piedi del "Monte Rosa", nelle "Alpi Pennine"... Il "Monte Rosa", perché si chiama così? Chiamiamo in aiuto proprio Wikipedia:

"Il nome "Monte Rosa" e il toponimo francese Mont Rose non derivano dalle tinte rosa che colorano il massiccio all'alba e al tramonto, come si potrebbe pensare, ma piuttosto dal latino rosia, attraverso il termine del patois valdostano rouése o rouja, che significa ghiacciaio... 
Anticamente era noto anche come Mons Silvius, in latino, Mon Boso o Monboso (in un libro di Leonardo da Vinci), Monte Bosa (in una mappa del 1740), Monte Boso (come testimonia l'umanista Flavio Biondo da Forlì) o Monte Biosa.
La punta più alta era conosciuta come Höchste Spitze (parola tedesca che significa Punta più alta). Il 28 gennaio 1863 il Consiglio Federale Svizzero lo ribattezza Punta Dufour.
Da notare come il nome noto per l'intero massiccio sia l'italiano "Monte Rosa" anche in tedesco e inglese, mentre i nomi dei vari picchi e cime sono tutti tedeschi, con tarde traduzioni italiane, a testimonianza del passato profondamente Walser della regione."

Poco prima della partenza viene organizzata una riunione tra i responsabili del campo scuola, ossia il nostro parroco Don Roberto ed il Dottor Bini, il mio medico fino a poco tempo prima (è Primario in Pediatria all'Ospedale di Jesi, la nostra città), nonché tutti i ragazzi più grandi, i così detti animatori, che ci seguiranno in queste due settimane all'aria aperta, ed i nostri genitori. Si parla della logistica, del viaggio (in treno fino a Domodossola e poi in autobus), delle cose da portare ed anche dei soldi: riguardo questi ultimi ci viene chiesto di portarne a sufficienza in quanto potrebbero essere utili nelle extra attività che svolgeremo. Chissà di cosa si tratta...
Finalmente arriva il giorno fatidico e si parte! Eccitazione a mille anche per il fatto che abbiamo un vagone sul treno tutto per noi! L'arrivo a Milano e l'attesa per lo spostamento della nostra carrozza su un altro convoglio, la ripartenza con arrivo a Domodossola, l'Autobus che ci aspetta e ci porta fino a "Ceppo Morelli", un Comune poco prima di Macugnaga, il tratto a piedi, valigie in mano, fino allo stabile della curia che ci ospita, l'assegnazione delle camerate e poi dei letti...
Momenti bellissimi! Siamo tantissimi ragazzi, infatti oltre alla nostra parrocchia, "San Sebastiano", si è aggiunta quella di "Santa Maria del Piano" e si riescono ad organizzare partite di calcio undici contro undici nel campo che abbiamo a nostra disposizione, che bello! Certo, c'è anche l'attività educativa che occupa gran parte della giornata ma i momenti di svago sono molteplici ed oltre alle partite di calcio con i miei amici più intimi abbiamo il tempo di andare ad esplorare i boschi ed il torrente circostanti.
Una notte c'è un forte temporale e la mattina siamo letteralmente circondati da ruscelletti d'acqua che, grazie ai nostri scarponi dove avevamo passato una bella mano di "grasso di foca", possiamo percorrere a nostro piacimento, senza bagnarci i piedi: emozioni a non finire!


"Noto che ci sono alcuni "scalatori" (così definivo al tempo gli alpinisti) e vedo che sono bardati di tutto punto: corde, imbrago, caschetto, moschettoni, ramponi...". Grazie della foto a Danilo Davack.

Una mattina, precisamente quella del 30 Luglio 1982, la sveglia suona molto presto, dobbiamo prendere un autobus che ci condurrà a Courmayeur dove trascorreremo tutta la giornata.
Il cielo è plumbeo e non promette nulla di buono e durante il tragitto Don Roberto ci spiega come avremmo potuto trascorrere la giornata, perché ci sono due possibilità: la prima è quella di gironzolare per la città visitando Chiese, Musei ecc..; la seconda, invece, è  quella di salire con la funivia fino a "Punta Helbronner". Non ci penso su due volte, sono tra i pochi a optare per questa soluzione perché alcuni sono spaventati, altri soffrono di vertigini, altri non hanno i soldi ed altri ancora non gliene frega niente di salire fino al rifugio "Torino", ubicato sullo sperone Sud-Est di Punta Helbronner, a 3329m di altezza! Io invece vado, l'unico dubbio che ho riguarda il brutto tempo ma il Dottor Bini ci tranquillizza perché parlando in biglietteria gli viene detto che "su" le condizioni sono ottime. Siamo in pochi, tra i ragazzini della prima media ci sono solo io, questa constatazione mi fa sentire coraggioso, grande e sono anche felice perché ad accompagnarci ci sarà il solo Dottor Bini (meglio lui che Don Roberto con il quale non vado molto d'accordo, mi rimprovera sempre per la mia vivacità, che noia!). Finalmente arriva il nostro turno ed iniziamo a salire cambiando cabina tre volte. 
Mi fanno male gli orecchi dove sento una forte pressione, il Dottore ci dice di deglutire e se questo non produce alcun effetto ci insegna come "compensare forzatamente l'orecchio medio", ossia tappare le narici ed allo stesso tempo "soffiare" da dentro, un po' come fanno i sub quando si immergono. Non ci posso credere, questa tecnica è efficacissima, non provo più alcun dolore!
Dottore, funziona! Il mio grido di gioia però muore in bocca perché i miei occhi assistono ad uno spettacolo che non dimenticherò per il resto della mia vita: la nostra cabina sta uscendo dalla fascia di nuvole ed il cielo è sereno: tutto intorno a me ci sono alte guglie granitiche che si ergono maestosamente tra nevi perenni... Una cattedrale creata dalla natura! Sono senza parole, uno spettacolo che non ha eguali...
La vetta del "Monte Bianco" che con la sua calotta di ghiaccio domina tutto, Les Grandes Jorasses, i profondi crepacci... 

Cartolina del 1982: il massiccio del "Monte Bianco" visto, se non erro, proprio dal "Dente del Gigante".

La mia attenzione però viene attirata dalla guglia più aguzza e vicina, ossia quella del "Dente del Gigante"...

Cartolina del 1982: il "Dente del Gigante" visto salendo verso la "Aiguille du Midi".

Che meraviglia...
Una volta arrivati scendiamo ed andiamo sulla terrazza: quanto fa freddo! Qui è inverno, fortuna indosso il piumino e la cuffia!
Noto che ci sono alcuni "scalatori" (così definivo al tempo gli alpinisti) e vedo che sono bardati di tutto punto: corde, imbrago, caschetto, moschettoni, ramponi...
Con la mia proverbiale faccia tosta chiedo dove stanno andando e loro con gentilezza mi indicano che saliranno sul "Dente del Gigante"e mi spiegano per filo e per segno la via che seguiranno. "Siete fortissimi, che coraggio avete! Siete degli eroi!" Mi sorridono, il mio entusiasmo li ha contagiati e dopo un breve commiato aprono una cancellata e si dirigono verso il ghiacciaio. Per giorni interi non ho parlato d'altro...
Questa circostanza era rimasta accantonata in un angolino della mia memoria ed ora è riemersa con forte intensità. Mentre sto scrivendo queste righe sono andato a dare una occhiata al mio diario di quel periodo e tra le pagine ho trovato il biglietto per la funivia di quel giorno: sono passati più di trenta anni! 

Che gioia ritrovare questo biglietto!

Ho deciso, salirò sul "Monte Bianco", lo devo a quel bambino entusiasta! 
Inconsciamente già da qualche tempo era maturato in me questo desiderio, specie dopo aver visto il reality "Monte Bianco" nell'Autunno del 2015: se ci sono riusciti Zambrotta e Facci non vedo perché non possa riuscirci io!
Guarda il cervello umano come è strano, ancora debbo salire a "Punta Gnifetti" e già sto pensando al prossimo e più impegnativo quattromila... Che bello!
Chiusa parentesi.

Dopo avere effettuato fotografie a non finire riprendiamo la marcia con una sorta di impeto forse dovuto a quanto di bello ci circonda oppure più semplicemente perché vediamo le prime cordate raggiungere "Capanna Margherita".


Nuovamente in marcia, sulla destra "Punta Parrot" (4432m). Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Adesso si procede in leggera discesa sotto gli imponenti seracchi della "Punta Parrot" per poi risalire lungo il "Colle Sesia" prima ed il "Colle Gnifetti" poi.

In ombra, sullo sfondo "Punta Zumstein" (4563m).

Quest'ultima parte, complice la stanchezza, complice l'aria sottile sembra non finire mai ed ogni tanto si odono voci supplichevoli rivolte ad Andrea, che imperterrito continua.


Alle pendici del "Colle Gnifetti", panoramica sul tracciato appena percorso: a sinistra la "Punta Parrot", a destra la "Ludvigshohe". Grazie della foto ad Alberto Salvati.

In breve tempo la traccia svolta verso destra e contemporaneamente la pendenza decresce: "Punta Gnifetti" appare di fronte a noi e non è un miraggio, è reale.

Poco prima del traverso verso destra, ormai ci siamo! Grazie della foto ad Alessandro Rossi.

Ormai manca davvero poco, un ultimo ripido traverso verso destra, un altro breve a sinistra e saremo al cospetto della famosa "Capanna Regina Margherita".
Andrea ci dice di sostituire i bastoncini con la piccozza e di stare ancora concentrati e, una volta in vetta, di rimanere legati fino a che non saremo proprio di fronte alla porta di accesso del rifugio.

Quasi al termine del traverso verso destra. Grazie della foto ad Alessandro Rossi.

Percorriamo il ripido traverso sotto la Capanna molto lentamente perché stanno scendendo altre cordate ed il rischio di ingarbugliare le corde o scivolare è alto, dopo l’ultimo cambio di direzione però tutto svanisce: dei paletti con corde ci appaiono di fronte e ... siamo arrivati, sono le ore 9:12.

In vetta! "Capanna Regina Margherita" di fronte a noi! Grazie della foto ad Alessandro Rossi.

Memori delle parole di Andrea ci dirigiamo verso la porta d'ingresso ed una volta lì ci sleghiamo porgendo la corda alla nostra guida e ci togliamo i ramponi pronti per entrare.


Piccola parentesi giornalistica.

Da "La Repubblica di Torino" del 29 Agosto 2016

Monte Rosa, s'allunga la catena tragica sulle Alpi: altri tre alpinisti muoiono precipitando dal Castore

Recuperate le prime due salme, probabilmente le vittime sono tedesche. Ieri tre scalatori svizzeri erano morti cadendo dalla Punta Gnifetti

Si allunga la serie delle vittime della montagna sulle Alpi di Piemonte e Valle d'Aosta: tre alpinisti, periti in due incidenti sul gruppo del Rosa, si sono aggiunti agli altri tre che erano morti ieri precipitando dalla cornice di Punta Gnifetti, non lontano dal teatro delle nuove tragedie. Il soccorso alpino valdostano ha recuperato stamane i corpi di due alpinisti, tedeschi di 50 e 36 anni, deceduti sul Passo di Verra, sul Monte Rosa. Le due salme, avvistate da una guida alpina impegnata nell'ascensione del Polluce, si trovavano a quota 3.800 metri, alla base della parete. I due, stando alle prime ipotesi, potrebbero essere caduti dalla cresta del Castore, precipitando per quattrocento metri nella zona a monte della via normale di salita al Polluce (4.092 metri), sulla parete Ovest. Si tratta di un itinerario alpinistico del Monte Rosa, assieme a quello della vicina vetta del Castore (4.228 metri), molto frequentato in questo periodo. I due alpinisti erano legati in cordata e attrezzati: uno dei due potrebbe essere scivolato sul ghiaccio, trascinando con sé anche il compagno. E' probabile che fossero caduti già nel tardo pomeriggio di ieri e che nessuno abbia dato l'allarme fino a questa mattina, quando sono partite le nuove escursioni e le nuove cordate di alpinisti. Sul posto, assieme alle guide del soccorso alpino valdostano, è intervenuto anche il personale della guardia di finanza (Sagf) per la ricostruzione dell'accaduto. Le salme sono state portate a Champoluc per l'identificazione. Fino a poche ore prima dell'incidente i due erano con un terzo alpinista che, per un problema fisico, era stato soccorso in elicottero dall'Air Zermatt e portato in ospedale in Svizzera.
Un terzo alpinista è morto oggi ancora sul Monte Rosa, anche lui precipitando dalla cresta del Castore, sul versante svizzero, a quota 4.200 metri. Dopo una chiamata giunta alle 12.30 circa al Soccorso alpino valdostano, è intervenuta per competenza territoriale la compagnia elvetica Air Zermatt, che sta recuperando la salma.
Soltanto ieri altri tre scalatori, tre svizzeri impegnati nella salita a Punta Gnifetti, sono morti precipitando per ottocento metri a causa del cedimento della cornice di neve dalla quale si erano sporti per osservare il panorama.


La cresta di "Punta Gnifetti" dove è meglio non avventurarsi...

Sulle Alpi occidentali si è registrata in questo agosto una lunga catena di tragedie. All'inizio del mese due alpinisti inglesi sono morti assiderati sul Cervino, dove erano stati bloccati dal maltempo. Pochi giorni dopo, il 10 agosto, una coppia tedesca è caduta dal Breithorn centrale, sempre nel gruppo del Monte Rosa. Il 13 agosto altri due incidenti fatali, uno sul versante francese del Monte Bianco, vittima una guida alpina scampata a due valanghe, e uno sul Grand Combin, in Svizzera, vicino al confine con l'Italia. Il giorno dopo un'altra vittima: un distillatore torinese, appassionato di montagna, caduto in un crepaccio nel massiccio del Rosa. Il 18 agosto altre tre alpinisti sono morti sul Monte Bianco dopo essere stati coinvolti nel crollo di alcuni seracchi, mentre tre giorni dopo un francese è rimasto ucciso da una scarica di sassi lungo la via normale di salita al Monviso.
Già a metà agosto sulle Alpi erano già morte oltre trenta persone. Secondo gli esperti le cause sono fatali errori di tecnica alpinistica, casualità oppure sottovalutazione delle più elementari regole della sicurezza. "Sta diventando ormai abbastanza imperdonabile non considerare i bollettini meteo, che almeno nel breve periodo sono affidabili" commentava Adriano Favre, direttore del Soccorso alpino valdostano e tra i massimi esperti italiani della sicurezza in montagna. Fondamentale poi è "partire attrezzati, anche per l'imprevisto. Come un improvviso peggioramento delle condizioni meteo o un piccolo incidente, per esempio una distorsione, che però può far rimanere fermi. A volte può bastare un telo termico, che pesa pochissimo ed è efficace". E' di grande importanza infine "affrontare itinerari che siano alla portata delle proprie capacità, altrimenti è bene affidarsi a un professionista".
Chiusa parentesi.

L'emozione è alle stelle, per qualcuno è un sogno coltivato per anni che si avvera, per qualcun' altro invece è solo l'inizio di un'avventura che spero non finisca mai...
Entro in un piccolo magazzino posto alla sinistra rispetto all'ingresso (è il locale invernale, sempre aperto), lascio ramponi, zaino e piccozza e vado ad apporre la mia firma sul libro di vetta... 

Il libro di vetta posto dentro il locale invernale.

Il locale invernale di "Capanna Regina Margherita".

Il mio pensiero va subito a mio figlio, sicuramente torneremo insieme, voglio condividere con lui queste emozioni: lo sto facendo entrare nel mondo dell'alpinismo a piccoli passi, non voglio correre il rischio di "bruciarlo", tengo troppo a questa cosa.
Entro nel rifugio vero e proprio e vengo accolto da un'atmosfera unica... e anche da un buon odorino! Hanno appena sfornato del dolce, ovviamente andrebbe proprio bene con una bella tazza di tè! 
Ok, mi prendo un bicchierone di plastica da 0,50 l (quelli della birra tanto per intenderci) e lo riempo con del tè fumante al quale aggiungo un tagliere con un bel tris di dolci e degli spicchi di mela: il cibo più buono del mondo!

Magari in tutte le cime delle montagne poter fare una merenda come questa!

Mangiato e bevuto a sazietà inizio a gironzolare prima dentro e poi fuori. In fondo allo stanzone comune sono presenti due librerie stracolme di volumi: per me è bellissimo da amante della lettura quale sono e noto altre sì che sono presenti dei vecchi testi. Che meraviglia!

La prima scaffalatura.

La seconda scaffalatura sulla destra, vicino al finestrone sulla balconata Est.

Particolare della seconda scaffalatura.

Finita questa "esplorazione" esco sulla balconata Est (a Ovest ci sono solo finestre) ed il panorama mi lascia a bocca aperta...

Panorama dalla balconata Est.

Piccola parentesi scientifica.
La nostra cara e vecchia Terra, se osservata dalla sua superficie, sembra piatta ed è questa la ragione per la quale gli antichi lo hanno pensato a lungo. Ciò può essere spiegato facilmente ed è riconducibile al fatto che le dimensioni del nostro pianeta sono molto maggiori dell'altezza di una persona: aumentando però l'altitudine, portandola quindi allo stesso ordine di grandezza della circonferenza della terra ad esempio, ad un certo punto inizia ad apparire la “curvatura” terrestre. 

Il "mare" in direzione Est.

Ovviamente i 4554m di questa cima non sono sufficienti così come gli 8848m della montagna più alta della terra, ossia il "Monte Everest": in linea di massima si valuta che l'altezza minima per accorgersi di questo fenomeno sia intorno ai 20 Km di altezza dal suolo. 
Magari quando volava il "Concorde" questa caratteristica era visibile ai pochi "ricconi" che potevano permetterselo (si parlava di circa 17000-18000m di altezza), con i normali aerei di linea invece non è possibile (si viaggia intorno ai 10-11Km di quota): questo spettacolo ora è riservato a pochi aerei militari da caccia.
Chiusa parentesi scientifica.

E' incredibile, non soffia un alito di vento e sotto di me praticamente c'è il vuoto...

In basso...

Come hanno fatto più di cento anni fa a costruire questo rifugio?

Piccola parentesi storico-culturale-giornalistica.
La capanna "Regina Margherita", come già detto, è un rifugio che è stato costruito sulla vetta della "Punta Gnifetti" (4554m) nel gruppo del "Monte Rosa", e costituisce uno dei più alti osservatori fissi al mondo e il più alto rifugio alpino d'Europa.

Ancora sua Maestà il "Cervino" visto da una delle finestre sul lato Ovest.

La sua realizzazione fu decisa dall'assemblea dei soci del Club Alpino Italiano nel 14 luglio 1889 e la capanna, predisposta a valle, fu trasportata dapprima con i muli e poi a spalla e infine ri-montata in vetta. Per poterla "ancorare" sulla vetta di "Punta Gnifetti" vennero eseguiti dei lavori di “appiattimento” della cima; completata ed inaugurata nel 1893, venne dedicata alla Regina Margherita di Savoia, che, con un discreto numero di “accompagnatori” (era pur sempre la Regina d'Italia, mica poteva farsi l'ascesa a piedi!), salì personalmente a visitarla .
Nel 1976, dopo quasi cento anni dalla sua costruzione, il vecchio rifugio mostrava segni del logoramento così nel 1977 iniziarono dei lavori per una nuova capanna che fu inaugurata il 30 agosto 1980.
Dal 2000 il rifugio è sede della più alta stazione meteorologica d'Europa: i sensori presenti registrano i valori di temperatura, radiazione solare e velocità del vento, utili all'elaborazione delle previsioni del tempo.


La balconata Est. Grazie della foto ad Alessandro Rossi.

Allo stato attuale il rifugio ha una capacità di 70 posti letto distribuiti in camere con letti a castello ed è dotata di sala bar ristorante, bagni in comune, illuminazione elettrica, corrente 220V, accesso ad internet (nel 2007 è stato realizzato un collegamento internet Wi-Fi progettato e realizzato dal laboratorio iXem del Politecnico di Torino), biblioteca. 


Dalla balconata uno sguardo a Sud-Est.

Proprio su quest'ultimo punto bisogna aggiungere che la piccola biblioteca a disposizione degli alpinisti (due bei scaffali stracolmi di libri e riviste!) è stata curata dalla Commissione "Italo Grassi" della sezione C.A.I. di Varallo Sesia, e può essere considerata quella più alta d'Europa. Inaugurata il 6 agosto 2004 con circa 160 volumi ricevuti in dono da alcune case editrici, più altre riviste e pubblicazioni, contava nel 2010 circa 350 volumi. A tal proposito aggiungo che un paio di giorni dopo la mia ascesa  due cordate formate da personale Amazon (il colosso mondiale dell'editoria) e accompagnate dalle guide di Alagna (tra cui anche Andrea Enzio), hanno raggiunto "Capanna Margherita" dove hanno consegnato cinque Kindle Paperwhite.


Abissi...Grazie della foto a Danilo Davack.

Giulia Poli, Head of Kindle Content per Amazon Italia e una delle partecipanti all'impresa, spiega: “Da oggi anche dal rifugio più elevato d'Europa sarà possibile scegliere la propria lettura preferita, scaricando immediatamente il titolo scelto tra oltre quattro milioni di titoli disponibili su Amazon.” Volumi digitali disponibili in tempo reale e in tutte le lingue, un dettaglio fondamentale dato che, come spiega la guida Alpina Michele Cucchi, “quassù arrivano alpinisti da tutto il mondo."


Momenti di relax. In primo piano Andrea Enzio, la nostra guida; di spalle, da sinistra verso destra Alberto, Danilo e Pietro.

Secondo lui trascorrere una notte nel rifugio d'alta quota godendosi il silenzio e consultando un libro (magari proprio sulle meraviglie della montagna) è uno dei piaceri più segreti di una scalata al Monte Rosa.
Chiusa parentesi storico-culturale-giornalistica.

Non riesco a stare fermo, sono talmente felice che rimango nello posto per non più di un minuto: entro ed esco dalla balconata, sfoglio dei libri, entro nel locale invernale, torno nella sala comune, parlo con gli altri componenti della cordata e con quelli delle altre ecc...
Sono anche fortunato perché ho la possibilità di assistere ad un atterraggio di un elicottero proprio di fronte al rifugio: complimenti al pilota per la manovra!










Grazie delle fotografie ad Alberto Salvati.







Fasi di atterraggio con i pattini dell'elicottero che sporgono sia avanti che dietro.

Purtroppo il tempo passa, troppo in fretta aggiungo, e dopo circa un'ora e mezza dal nostro arrivo Andrea decide che è giunto il momento di scendere: non vorrei farlo, stare qui è speciale e chissà quando avrò la possibilità di tornare nuovamente...


Panorama verso Ovest: a destra la "Punta Dufour (4634m) e la "Punta Zumstein", sullo sfondo il "Weisshorn" ed il "Cervino". 


Calzo nuovamente i ramponi, alcune fotografie in cresta, ci leghiamo e poi via!

"Punta Gnifetti" (4554m). Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Intanto la temperatura è salita notevolmente rispetto al freddo della mattina presto ed ogni tanto dobbiamo fare delle soste per cambiare i guanti, togliere una maglietta ecc...


Panoramica dalla vetta di "Punta Gnifetti": da sinistra verso destra il "Lyskamm", il "Cervino, il "Weisshorn",  la "Punta Dufour (4634m) e la "Punta Zumstein".

Ovviamente questi momenti non vengono sprecati e sono utili per catturare immagini da questo luogo di cui non riesco a trovare un aggettivo per definirne la bellezza, questo grazie anche alle bellissime condizioni meteorologiche che ci hanno accompagnato durante il nostro facile periplo.


Fase di discesa, alle pendici del "Colle Gnifetti". Grazie della foto ad Alberto Salvati.


Il "Lyskamm" (4527m).

"... questo è il luogo dove voglio essere, tra queste cime voglio esaltare le mie capacità...". Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Giungiamo nuovamente al "Colle del Lys" ed una pausa è d'obbligo anche qui, serve un'istantanea di tutti noi, mai avrei immaginato che non ci sarebbe stata la possibilità di farne altre tutti insieme, a volte il destino è beffardo (vedi post In vetta al tetto d'Europa, la traversata del Monte Bianco con salita per la "Via dei Trois Mont Blanc" e discesa per la "Via dell'Aiguille du Goûter").


La nostra cordata: da sinistra verso destra Danilo, il sottoscritto, Pietro ed Alberto. Sullo sfondo, sempre da sinistra verso destra, "Punta Zumstein" (4563m) e "Punta Gnifetti" (4554m). Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Discendendo verso un mare di nuvole... Grazie della foto ad Alberto Salvati.


"Punta Zumstein" (4563m) e "Punta Gnifetti" (4554m).


Un oceano bianco... Grazie della foto ad Alberto Salvati.

Ripresa la discesa notiamo come le condizioni della neve siano cambiate e da compatta e ghiacciata come era alla partenza ora è divenuta molle e bagnata: a volte si affonda fin quasi alle ginocchia e proseguire così è alquanto fastidioso.


Il "Lyskamm", troppo bella ed invitante la sua cresta...

Raggiunto il rifugio "Città di Mantova" raccolgo il materiale lasciato nel magazzino e mi preparo per la discesa: saluti, strette di mano e ringraziamenti, alla spicciolata pian piano tutti se ne stanno andando. 


Il "Cristo delle Vette" (o "Balmenhorn", 4157m).


La "Piramide Vincent" (4215m) e la traccia che porta alla sua cima.

Scendiamo nuovamente verso la stazione della funivia di "Punta Indren", discesa resa più difficoltosa proprio dalle pessime condizioni della neve, specie nel tratto antecedente la parte attrezzata del sentiero: tutto però fila nel verso giusto ed in poco più di mezzora raggiungo la meta.
Oramai è fatta, posso rilassarmi un poco ma la mia mente non è in "pace", ho appena parlato con Luca, una guida alpina di Courmayeur conosciuta in questo breve periodo: nei prossimi giorni lo contatterò per organizzare insieme a lui l'ascesa al tetto d'Europa, ormai ho questo imperativo, si è insinuato in me questo "tarlo" che già inizia a  farsi sentire e che bisogna far tacere... al più presto!
L'avventura con i quattromila è effettivamente proseguita il In vetta al tetto d'Europa, la traversata del Monte Bianco con salita per la "Via dei Trois Mont Blanc" e discesa per la "Via dell'Aiguille du Goûter".


Link per album Fotografico su Google Foto






Galleria fotografica in preparazione.