"le sensazioni mutano, cambiano e si insinua il dubbio, l'impotenza perché lo spazio infinito, rappresentato da ciò che è celato dalla nebbia, è un qualcosa che oltre a non conoscere, neanche possiamo cercare di governare tanta è la sua forza...
Forse è proprio questa la chiave per comprendere il sublime: sono estasiato nel trovarmi di fronte a questo panorama ma non posso fare a meno di averne timore pensando a chi o cosa possa averlo creato..."
Forse è proprio questa la chiave per comprendere il sublime: sono estasiato nel trovarmi di fronte a questo panorama ma non posso fare a meno di averne timore pensando a chi o cosa possa averlo creato..."
Quindici Ottobre 2017
Partenza da San Vittore alle Chiuse (204m) ore 9:07
Partenza da San Vittore alle Chiuse (204m) ore 9:07
Rientro a San Vittore alle Chiuse ore 11:11
Durata escursione: 2h04' (pause merenda di 11' sulla base dei "Gradoni")
Tempo di marcia: 1h 53'
Distanza percorsa: 8.1Km circa
Grado di difficoltà: EE, passaggi di I grado sui "Gradoni"
Quota max raggiunta: 523m sopra i "Gradoni"
Dislivello in salita: 587m
Dislivello in discesa: 599m
Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi su Wikipedia
Grotte di Frasassi su Wikipedia
Partenza dal parcheggio antistante la chiesa romanica di "San Vittore alle Chiuse", si attraversa il ponte romano sul fiume "Sentino" seguendo l'evidente traccia che lo costeggia: c'è un segnavia ed il sentiero ivi indicato è 139AG (segni bianco-rossi). Il percorso in questa prima fase è composto da alcuni brevi saliscendi che portano ad un bivio dove si prende il sentiero che sale alla destra, in mezzo al bosco.
L'ascesa prosegue per quattro tornanti che si inerpicano fino a "Pierosara" dove si raggiunge un crocevia: proseguendo sulla destra si va per "Pierosara" (sentiero 117); andando dritti, per il sentiero 139AG, si arriva alla sella tra il "Monte di Frasassi" (708m) ed il "Monte Giunguno" (734m); svoltando a sinistra (sentiero 117), si prosegue verso il "Foro degli Occhialoni". Si svolta a sinistra per quello che sembra un viale alberato finché la pista non ridiventa un sentiero che scende costeggiando il crinale, raggiungendo poi una piccola piazzola. Si prosegue per il sentiero a mezzacosta lungo il versante Nord-Est del "Monte Frasassi" finché si raggiunge un nuovo bivio: salendo sulla destra in pochi minuti si arriva all'ingresso della "Grotta del Mezzogiorno"; procedendo invece sulla sinistra il sentiero risale ripido nel bosco fino al "Foro degli Occhialoni" . Proseguendo per quest'ultimo si superano facili roccette aiutandosi con la vegetazione circostante. Dal "Foro degli Occhialoni" si procede sulla sinistra fino a raggiungere la base dei "Gradoni" (qui terminano i segni bianco-rossi): si arrampica (passaggi di I° con due cavi metallici) e si passa per una cengia esposta (anche qui cavo metallico). Il sentiero 117 "tecnicamente" termina qui, e la seguente parte di percorso è ora senza nome e non più segnalata, ci si ricongiungerà più avanti con il sentiero 117A: l'Ente Parco "consiglia" di terminare l'escursione qui e tornare indietro "nel rispetto dei vincoli posti per ragioni di sicurezza e rispetto della fauna sulle pareti che sovrastano la Gola". Si prosegue per tratti esposti lungo una pista con vecchi segni giallo-rossi ed omini di pietra fino a ricongiungersi con il sentiero 117A sopra la "Grotta della Beata Vergine di Frasassi".
Si scende poi sulla strada lastricata che conduce all'eremo di "Santa Maria infra Saxa" ed al tempietto del "Valadier" tenendosi sulla destra per arrivare poi alla strada asfaltata che costeggia il fiume "Sentino". Da qui si prosegue in direzione "San Vittore alle Chiuse" (sinistra) per circa 2.5 Km fino al punto di partenza.
L'ascesa prosegue per quattro tornanti che si inerpicano fino a "Pierosara" dove si raggiunge un crocevia: proseguendo sulla destra si va per "Pierosara" (sentiero 117); andando dritti, per il sentiero 139AG, si arriva alla sella tra il "Monte di Frasassi" (708m) ed il "Monte Giunguno" (734m); svoltando a sinistra (sentiero 117), si prosegue verso il "Foro degli Occhialoni". Si svolta a sinistra per quello che sembra un viale alberato finché la pista non ridiventa un sentiero che scende costeggiando il crinale, raggiungendo poi una piccola piazzola. Si prosegue per il sentiero a mezzacosta lungo il versante Nord-Est del "Monte Frasassi" finché si raggiunge un nuovo bivio: salendo sulla destra in pochi minuti si arriva all'ingresso della "Grotta del Mezzogiorno"; procedendo invece sulla sinistra il sentiero risale ripido nel bosco fino al "Foro degli Occhialoni" . Proseguendo per quest'ultimo si superano facili roccette aiutandosi con la vegetazione circostante. Dal "Foro degli Occhialoni" si procede sulla sinistra fino a raggiungere la base dei "Gradoni" (qui terminano i segni bianco-rossi): si arrampica (passaggi di I° con due cavi metallici) e si passa per una cengia esposta (anche qui cavo metallico). Il sentiero 117 "tecnicamente" termina qui, e la seguente parte di percorso è ora senza nome e non più segnalata, ci si ricongiungerà più avanti con il sentiero 117A: l'Ente Parco "consiglia" di terminare l'escursione qui e tornare indietro "nel rispetto dei vincoli posti per ragioni di sicurezza e rispetto della fauna sulle pareti che sovrastano la Gola". Si prosegue per tratti esposti lungo una pista con vecchi segni giallo-rossi ed omini di pietra fino a ricongiungersi con il sentiero 117A sopra la "Grotta della Beata Vergine di Frasassi".
Si scende poi sulla strada lastricata che conduce all'eremo di "Santa Maria infra Saxa" ed al tempietto del "Valadier" tenendosi sulla destra per arrivare poi alla strada asfaltata che costeggia il fiume "Sentino". Da qui si prosegue in direzione "San Vittore alle Chiuse" (sinistra) per circa 2.5 Km fino al punto di partenza.
Relazione:
Anche oggi mi ritrovo qua, di fronte alla Chiesa Romanica di "San Vittore aale chiuse" pronto per l'ennesima traversata del "Monte Frasassi" passando per il "Foro degli Occhialoni" ed i famosi "Gradoni". La relazione che state leggendo non era prevista anche perché con questa raggiungiamo quota quattro negli ultimi tre anni: abbiamo iniziato con quella del Diciotto Ottobre 2014 con i compagni di merende, passando per quella in solitaria del Dodici Marzo 2016, giungendo infine a quella con la deviazione per l'ingresso superiore della "Grotta del Mezzogiorno" del Dieci Dicembre 2016; senza parlare di tutte quelle precedenti che non sto qui ad elencare.
Il fatto che la stiate leggendo però indica che nel frattempo è accaduto un qualcosa che mi ha fatto cambiare idea... Cosa? Lo scopriremo insieme cammino facendo.
Ripartiamo dall'inizio.
Dopo parecchie "solitarie" oggi avrò Mirko al mio fianco a distanza di parecchio tempo su questo percorso: per lui si tratterebbe di un ritorno dopo quasi venti anni!
Il tempo però sembra non ci stia dando una grossa mano perché siamo partiti da Jesi con un caldo sole autunnale mentre qui una fitta nebbia ci ha dato il suo benvenuto: il timore è quello che ci accompagni per tutto il nostro percorso visto che non saliremo parecchio di quota; il punto più alto che toccheremo infatti sono solo i 523m di altezza che si raggiungono sui "Gradoni".
E' parecchio umido ed il freddo sembra penetrare da ogni poro della nostra pelle ed è per questo che quasi inconsciamente imprimiamo fin da subito un ritmo elevato alla nostra marcia: questa sgradevole sensazione continua finché percorriamo la parte di sentiero lungo il fiume Sentino ed i primi lunghi tornanti dentro il bosco sottostante Pierosara, frazione di Genga che non toccheremo durante il nostro periplo. Il nostro corpo intanto si scalda ed è buffo osservare come dai nostri abiti traspiri vapore acqueo provocato dalla nostra sudorazione, questo non allevia però i nostri timori perché giunti al bivio ed imboccato sulla sinistra il sentiero n.117 la nebbia continua ad essere nostra compagna.
Proseguiamo per quello che sembra un bel viale alberato in leggera salita mantenendo un buon passo finché la pista non ridiventa un sentiero che scende costeggiando il crinale prima e proseguendo a mezzacosta poi lungo il versante Nord-Est del "Monte Frasassi" ma la situazione non migliora.
Raggiungiamo il bivio che conduce all'ingresso superiore della "Grotta del Mezzogiorno" e svoltiamo a sinistra, seguendo il sentiero che risale ripido nel bosco fino al "Foro degli Occhialoni": ormai manca poco al raggiungimento del primo obiettivo della giornata e questo lo notiamo dal fatto che la pista diventa rocciosa e si devono superare dei piccoli
salti.
Siamo talmente concentrati sul nostro avanzare (a causa della nebbia la roccia è bagnata e si scivola con molta facilità) che non ci accorgiamo che intanto qualcosa sta cambiando...
Guardando alla nostra sinistra, dove gli alberi sono più radi, notiamo che il chiarore sta aumentando: tu sta a vedere...
Finalmente i raggi del sole iniziano a filtrare tra i rami degli alberi.
Salendo, da uno squarcio tra la fitta vegetazione, vediamo che stiamo per oltrepassare la linea di separazione tra nebbia e cielo azzurro: "Mirko, dai che forse siamo fortunati!"
Che meraviglia!
Acceleriamo il passo e percorriamo gli ultimi metri che ci separano dal "Foro degli Occhialoni" e quando siamo al suo cospetto rimaniamo a bocca aperta...
Senza parole...
La nostra visuale è ostruita davanti dalla parete rocciosa del "Monte Frasassi", e tutt'intorno dalla fitta vegetazione, l'unico pertugio dal quale poter osservare cosa succede in basso è guardare dentro al "Foro degli Occhialoni"...
Non avevo mai assistito ad uno spettacolo del genere, come ho premesso sono stato qui non so quante volte ma quello che sto osservando con i miei occhi in questo istante è un qualcosa che non avrei mai immaginato di vedere...
"Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite."
(William Blake)
La sensazione è la medesima che si prova quando si osserva qualcosa dal buco di una serratura, in questo caso con un apertura d svariati metri: intorno quasi tutto buio e dentro la luce; la differenza sostanziale però è che stavolta lo sguardo non è attirato dalle bianche rocce del "Monte Valmontagnana" ma dal mare di nebbia che copre con il suo soffice manto tutta la "Gola di Frasassi".
"... le sensazioni mutano, cambiano e si insinua il dubbio, l'impotenza perché lo spazio infinito, rappresentato da ciò che è celato dalla nebbia, è un qualcosa che oltre a non conoscere, neanche possiamo cercare di governare tanta è la sua forza..."
Un mare inquieto, che non lambisce mai nello stesso punto le bianche rocce delle pareti sovrastanti l'ingresso delle famose "Grotte di Frasassi": la linea di confine tra ciò che è visibile e ciò che non lo è mutevole, come sciabordio delle onde del mare sulla sabbia...
Le emozioni che proviamo ci rapiscono e come ipnotizzati non riusciamo a distogliere i nostri occhi da questo splendido quadro...
Piccola parentesi artistica.
Facciamo un salto nel passato, precisamente a metà anni novanta: mi sto recando a colloquio con un'assistente di un Professore all'Università, per discutere in maniera dettagliata gli argomenti da trattare nell'ambito di una tesina. Varco l'ingresso del "Dipartimento di Elettronica ed Automatica" e mi avventuro nei suoi "meandri" fatti di laboratori, uffici, aule, biblioteca finché non raggiungo quello che sto cercando: la targhetta con il nome posta vicino all'ingresso mi conferma che ho trovato l'ufficio giusto. La porta è già aperta, busso ed una voce femminile mi dice che mi posso accomodare: si, la ricercatrice che ho di fronte è quella che è venuta a farci lezione qualche volta. Mi presento ed iniziamo a discutere...
Non mi era mai capitata una cosa del genere, mentre lei parla le sue parole è come se giungessero ovattate ed afone ai miei orecchi talmente sono preso da ciò che i miei occhi stanno ammirando... la bellezza...
Ovviamente non sto parlando dell'assistente, cosa avete capito!?
Sono letteralmente rapito dal dipinto impresso sulla grossa stampa appesa al muro alle sue spalle: l'emozione è talmente intensa che è come se mi trovassi al suo interno, sto provando le stesse sensazioni del personaggio che vi è rappresentato: "Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer) - Caspar David Friedrich (1818)".
Che meraviglia... E' amore a prima vista...
Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer) - Caspar David Friedrich (1818)
Non faccio in tempo ad uscire dalla facoltà che mi dirigo subito verso il centro di Ancona, lascio l'auto al parcheggio "Stamira" e quasi mi metto a correre in direzione della "Libreria Metro'", in Corso Garibaldi: entro e trovo subito la scaffalatura inerente l'arte e dopo pochi istanti ho fra le mani un bel libro con tutte le opere di Friedrich.
Quasi in trance pago e torno sui miei passi: mi siedo su una panchina nei giardinetti di "Piazza Stamira" e la magia si ripete... (ancora era possibile farlo senza aver corso il rischio di essere importunati o peggio da persone di vario genere).
Ora di fronte a quello che la natura mi sta offrendo provo le medesime emozioni accompagnate dalla forte sensazione di déjà-vu per l'episodio che ho descritto poc'anzi.
Chissà a cosa assisteremo superata la fascia di vegetazione sopra i "Gradoni"...
Non ho svolto, con sommo rammarico, studi artistici e se volessi parlare del "Viandante sul mare di nebbia" non lo farei sicuramente in termini tecnici, cosa di cui non avrei le capacità: quello che voglio descrivervi invece è quello che provo ogni volta mi trovo di fronte a questo bellissimo dipinto, che ho avuto anche la possibilità di ammirare dal "vivo"!
Si, perché nell'ormai lontano 2014 mi trovavo ad Amburgo per lavoro e, facendola breve, tutta una serie di eventi e circostanze sono collimati facendo sì che io abbia visitato l'Hamburger Kunsthalle, il museo dove è conservata questa magnifica opera.
All'ingresso dell'Hamburger Kunsthalle ad Amburgo.
Ogni volta osservo questo dipinto l'empatia tra me e l'uomo ritratto di spalle è pressoché completa e l'immagine delle montagne ammantate dalla nebbia nella luce calda ed ovattata del tramonto riesce a portarmi lontano, quasi a toccare con mano l'essenza della conoscenza...
Grazie all'atmosfera che l'artista ha sapientemente ricreato, in virtù della sua mano e del suo talento, è come se riuscissi a cogliere il senso dell'eternità, dell'infinito...
Tutto il mio essere viene attraversato da un maelstrom di emozioni che riescono a catalizzare in me una consapevolezza, uno stato mentale mai provati.
Questa euforia però è di breve durata perché le sensazioni mutano, cambiano e si insinua il dubbio, l'impotenza perché lo spazio infinito, rappresentato da ciò che è celato dalla nebbia, è un qualcosa che oltre a non conoscere, neanche possiamo cercare di governare tanta è la sua forza...
Forse è proprio questa la chiave per comprendere il sublime: sono estasiato nel trovarmi di fronte a questo panorama ma non posso fare a meno di averne timore pensando a chi o cosa possa averlo creato...
Questa nuova consapevolezza, questo indagare che ci rende vulnerabili rispetto al nostro essere vivi per un brevissimo intervallo di tempo se commisurato all'eternità, questo essere fragili grazie ai nostri dubbi, errori ed insicurezze, fanno si che avvenga una sorta di miracolo, che il quadro della situazione muti nuovamente: no, questa forza onnipotente non vuole annientarmi, la mia fugace presenza lascerà segni del suo passaggio (basti pensare al Principio di Indeterminazione di Heisenberg, uno dei capisaldi della meccanica quantistica, che dal punto di vista concettuale significa che l'osservatore non può mai essere considerato un semplice spettatore, ma che il suo intervento, la sua sola presenza, produce degli effetti non calcolabili, e dunque un'indeterminazione che non si può eliminare), per un singolo attimo della mia esistenza sarò anch'io un piccolo particolare dell'infinito, farò parte di queste forze che governano l'Universo...
"Pierosara" fra le brume nebbiose, sullo sfondo il "Monte Murano".
Forse i miei sono solo vaneggiamenti, può darsi le premesse da me fatte siano errate, quello che rimane però (che alla fine è quello che conta) sono le emozioni provate ed il "viaggio" che compio ogni volta osservo questo dipinto...
Per gli altri aspetti vediamo cosa si trova scritto su Wikipedia:
"Nella figura del pellegrino rapito dalla voragine brumosa Friedrich sintetizzò magistralmente idee e suggestioni tipicamente del proprio tempo, tanto che il Viandante sul mare di nebbia è considerato un'icona del Romanticismo tedesco.
L'opera, infatti, irradia messaggi multiformi, glorificando i temi dell'infinito, del sublime e dell'errabondo. Attesta infatti il senso di imperfezione, di humilitas, sperimentato dall'uomo durante la contemplazione dell'Infinito, qui rappresentato dall'immenso mare di nebbia che impedisce la vista del paesaggio sottostante. Il viaggiatore romantico si perde di fronte al baratro brumoso in un atteggiamento contemplativo visto come estrema esperienza interiore e spirituale: in questo modo, egli indaga impietosamente, nella sua nudità, la propria anima, con tutte le sue insicurezze, i suoi errori, i suoi dubbi e certezze.
È proprio l'eroico isolamento del viandante a celebrare una presenza onnipervasiva nel Romanticismo: il sublime, ovvero lo stato d'animo misto di sgomento e piacere percepito dall'uomo quando diviene consapevole della stupefacente grandiosità della natura. Questa potenza irresistibile non annienta il viandante, bensì lo induce a riflettere in senso filosofico sulla propria condizione, consentendogli quindi di unirsi al divino. I paesaggi di Friedrich sono infatti carichi di simbolismi religiosi, ma prigionieri di una struggente malinconia; in questo modo, il sublime nel Viandante sul mare di nebbia si manifesta nel contesto naturale, che accende l'animo del viandante e gli permette di arrivare fino a Dio.
Scriveva Marco Bona Castellotti, in Friedrich: un viandante su un mare di luce:
« Il rapporto col paesaggio in lui si colora di un elemento insolito: la partecipazione commossa del soggetto, il senso dell'infinito e del mistero, che conduce con sé simboli, evocazioni, allegorie. Sovente è la natura stessa a fare da protagonista, sia per l'assenza dell'uomo, sia perché anche quando è presente esso si fonde con la natura in un tutt'uno che celebra l'assoluto »
Alla sublimità della natura, infine, si unisce il tema dell'errabondo. L'uomo ritratto nel quadro, oltre che solitario, è infatti anche un homo viator, un pellegrino (come si può dedurre dal bastone): questa condizione si ricollega alla figura dell'esule «bello di fama e di sventura», tipica della cultura romantica."
Secondo voi, potevo non scrivere una relazione?
Chiusa parentesi artistica.
Scattiamo alcune fotografie e poi quasi di corsa riprendiamo il sentiero che alla nostra sinistra, costeggiando le rocce sottostanti i "gradoni", si inerpica sempre più in alto...
Si, il quadro è perfetto, meglio lasciar spazio alle emozioni...
Contemplazione, paura, immensità, forza, bellezza, estasi, euforia, gioia, malinconia, maestosità, impotenza... (l'ordine è puramente casuale)
Gioia.
Malinconia.
Contemplazione.
Bellezza.
Serenità.
Immensità.
Impotenza.
Forza.
Paura.
Maestosità.
Facciamo una piccola pausa per scattare fotografie e mettere sotto i denti qualcosa e già stiamo arrampicando sui "Gradoni": i passaggi sono di I° e sono presenti un paio di cavi metallici, quello che fa rabbrividire però è l'esposizione che è davvero notevole. Il sentiero adesso non è più il 117 ma diventa il 117A: "tecnicamente" questa parte di sentiero è senza nome e non più segnalata, ci si ricongiungerà più avanti con il sentiero 117A, l'Ente Parco "consiglia" di terminare l'escursione qui e tornare indietro "nel rispetto dei vincoli posti per ragioni di sicurezza e rispetto della fauna sulle pareti che sovrastano la Gola"...
Su quest'ultimo punto però avrei parecchio da ridire perché il Parco pone questo genere di vincoli per il rispetto della fauna consigliando agli escursionisti di non transitare per alcuni sentieri che l'uomo percorre dall'alba dei tempi, come ad esempio i "gradoni" (o "scaloni"), mentre nella gola sottostante possono scorrazzare motociclette a velocità sostenuta con scarichi non proprio omologati, che di rumore (grazie anche all'amplificazione che si produce proprio perché si è in una gola) in confronto ne producono una infinità (a scanso di equivoci posseggo anch'io una motocicletta).
Questi Parchi...
Meglio tornare alla realtà e godersi i bellissimi passaggi che questa cresta offre:
In cresta!
Via con il secondo cavo!
Cambio di soggettiva sulla medesima cresta.
Passaggi di I°.
Cavo si?
Cavo no?
Vista dal basso verso l'alto, ci divertiamo anche così!
Fine del tratto del secondo cavo.
Il tratto finale del secondo cavo visto dall'alto.
Dopo una prima parte dove si avanza prevalentemente in direzione verticale, il percorso piega verso sinistra scendendo di qualche metro passando per una bella cengia molto esposta (è presente un cavo metallico anche qui).
Scendendo verso la cengia.
Voglio passare senza l'ausilio del cavo.
Fatto!
Mirko poco sopra la cengia.
Pronti...
Via!
Il sentiero adesso inizia a scendere leggermente alternando tratti che si svolgono tra la vegetazione ad altri dove ci si ritrova all'improvviso a strapiombo sulla gola sottostante.
Circondati dalle pareti verticali del "Monte Frasassi".
La nebbia sta ancora giocando dentro la "gola di Frasassi" ed ogni tanto, come ipnotizzati, ci fermiamo ad ammirare quanto ci viene offerto.
"Forse è proprio questa la chiave per comprendere il sublime: sono estasiato nel trovarmi di fronte a questo panorama ma non posso fare a meno di averne timore pensando a chi o cosa possa averlo creato..."
Uno sguardo verso la "gola della Rossa".
La marcia procede veloce e dopo pochi minuti, raggiunte le grosse reti che servono da protezione contro la caduta massi, scendiamo sulla strada lastricata che conduce alla porta di ingresso della grotta della "Beata Vergine di Frasassi", dove sono "incastonati" l'eremo di "Santa Maria infra Saxa" e il tempietto del "Valadier".
Nei pressi della grotta della "Beata Vergine di Frasassi".
Eccoci all'ingresso del portale.
Il tempietto del "Valadier".
L'eremo di "Santa Maria infra Saxa".
Il tempo di scattare alcune fotografie e già stiamo scendendo nuovamente lungo la strada percorsa pocanzi, che ci condurrà al bivio con la strada che costeggia il fiume "Sentino": incrociamo alcuni speleologi (riconoscibili dal loro abbigliamento ed attrezzatura) con cui scambiamo dei cortesi saluti, chissà quale sarà il loro programma? Grotta del Mezzogiorno?
Oppure...
Scendendo per la strada lastricata, vista sul "Monte Valmontagnana".
Giunti sulla strada asfaltata svoltiamo a sinistra, in direzione "San Vittore alle Chiuse", la nebbia si è diradata ma l'umidità ancora permane: imprimiamo alla nostra marcia nuovo vigore per riscaldare le nostre membra intorpidite ed in poco meno di venti minuti siamo nuovamente di fronte alla chiesa romanica dove un caldo sole ci fa compagnia.
Il "Monte Frasassi".
La chiesa romanica di "San Vittore alle Chiuse".
"Si va in montagna per essere liberi, per scuotersi dalle spalle tutte le catene che la convivenza sociale impone, per non inciampare ogni due passi in imposizioni e proibizioni. Si va in montagna anche per sottrarsi a norma ammuffite, per sbizzarrirsi una buona volta e immagazzinare nuove energie."
(Tita Piaz)
P.S. Un ringraziamento per la citazione di Tita Piaz va a Domenico Salusti.
P.S. Un ringraziamento per la citazione di Tita Piaz va a Domenico Salusti.
Galleria fotografica
Finalmente i raggi del sole iniziano a filtrare tra i rami degli alberi.
Che meraviglia!
Senza parole...
"Quando le porte della percezione si apriranno tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite."
(William Blake)
"... le sensazioni mutano, cambiano e si insinua il dubbio, l'impotenza perché lo spazio infinito, rappresentato da ciò che è celato dalla nebbia, è un qualcosa che oltre a non conoscere, neanche possiamo cercare di governare tanta è la sua forza..."
Gioia.
Contemplazione.
Euforia.
Bellezza.
Malinconia.
Serenità.
Immensità.
Impotenza.
Forza.
Paura.
Maestosità.
In cresta!
Via con il primo cavo!
Via con il secondo!
Cambio di soggettiva sulla medesima cresta.
Passaggi di I°.
Cavo si?
Cavo no?
Alla fine quello che conta è salire, non come lo si fa!
Vista dal basso verso l'alto, ci si divertiamo anche così!
Fine del tratto del secondo cavo.
Il tratto finale del secondo cavo visto dall'alto.
Scendendo verso la cengia.
Voglio passare senza l'ausilio del cavo.
Fatto!
Mirko poco sopra la cengia.
Pronti...
Partenza...
Via!
Il gioco è fatto!
Circondati dalle pareti verticali del "Monte Frasassi".
"Il sentiero adesso inizia a scendere leggermente alternando tratti che si svolgono tra la vegetazione ad altri dove ci si ritrova all'improvviso a strapiombo sulla gola sottostante...."
"Il sentiero adesso inizia a scendere leggermente alternando tratti che si svolgono tra la vegetazione ad altri dove ci si ritrova all'improvviso a strapiombo sulla gola sottostante...."
Le bianche pareti del "Monte Valmontagnana".
Senza parole...
"Forse è proprio questa la chiave per comprendere il sublime: sono estasiato nel trovarmi di fronte a questo panorama ma non posso fare a meno di averne timore pensando a chi o cosa possa averlo creato..."
Ok, mi giro!
Dai, ti scatto una foto anch'io!
Uno sguardo verso la "gola della Rossa".
Scendendo si ritorna fra la nebbia.
Nei pressi della grotta della "Beata Vergine di Frasassi".
Eccoci all'ingresso del portale.
Il tempietto del "Valadier".
L'eremo di "Santa Maria infra Saxa".
E' ora di andare!
Scendendo per la strada lastricata, vista sul "Monte Valmontagnana".
Il "Monte Frasassi".
La chiesa romanica di "San Vittore alle Chiuse".
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