Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


mercoledì 27 settembre 2017

Una notte... al Lago di Pilato

"Buona sera....mi chiamo Roberto e sono un fotografo freelance di Roma. Sabato dovrei andare al lago di Pilato per realizzare un servizio fotografico per il National Geographic.
Volevo sapere se per caso qualcuno di voi esperti si trova a salire verso il Vettore o sia disposto ad accompagnarci al lago. Saremmo lieti di inserirvi nell'articolo e di fornire anche del materiale se vi fa piacere. 
Vi lascio il mio sito per vedere i miei lavori e le mie referenze."


Ventiquattro Giugno 2017
Partenza da Forca di Presta (1536m) ore 17:46 
Rientro a Forca di Presta ore 10:05 
Durata escursione 16h 19' 
Tempo di marcia: 6h 41'
Lunghezza tragitto: 10,9km circa
Grado di difficoltà: EE
Dislivello in salita: 1129m 
Dislivello in discesa: 1129m 
Quota massima: 2250m Rifugio "Tito Zilioli"
Monti Sibillini su Wikipedia
Monte Vettore su Wikipedia
Lago di Pilato su Wikipedia
Chirocefalo del Marchesoni su Wikipedia
Cima del lago su Wikipedia
Cima del Redentore su Wikipedia
Pizzo del Diavolo suWikipedia

Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.




Percorso:
Partenza da Forca di Presta (1536m) seguendo il sentiero del Parco n.101 (segni bianco-rossi) da seguire fino al rifugio "Zilioli". Si prosegue poi scendendo per prati seguendo una traccia ben visibile che conduce all'imbocco della Valle del Lago. Qui si scende per roccette (targa del Parco) con passaggi di I grado per un breve tratto: si prosegue di traverso lungo la morena detritica che scende dal Monte Vettore fino alla riva del Lago di Pilato. Il ritorno è avvenuto seguendo lo stesso percorso dell'andata ma in maniera inversa.



Relazione:
Un torrido Martedì di fine Giugno, precisamente il 20, dopo aver trascorso tre giorni in alta montagna il rientro non è stato dei migliori: il caldo, si fa per dire, si è fatto sentire anche a quota quattromila, ma è nulla in confronto a quello che si percepisce in questi giorni al livello del mare.
Sono proprio felice, la mia trasferta sulle Alpi Pennine è stata ricca di soddisfazioni e, grazie anche ad un tempo stupendo, ho avuto la possibilità di salire sulla vetta di ben sette cime sopra quota quattromila.
" L'aria ai 4000 ha un sapore particolare, ma bisogna guadagnarsela...." così scriveva il grande alpinista marsigliese Gaston Rebuffat.
A bocce quasi ferme (non sono trascorse neanche ventiquattro ore!) posso tirare già le somme di quest'avventura. Il bilancio è ovviamente positivo, come dicevo ho aggiunto altre sette vette al mio bottino personale di quattromila a meno di un anno da quando ho iniziato a cimentarmi con l'alta montagna: il totale ora segna la lusinghiera cifra di tredici cime (non sono superstizioso) di cui nove valide per l'iscrizione al prestigioso "Club 4000"...
Ricorderò tutte le montagne conquistate in questa circostanza, una ad una, anche perché non esistono quattromila "facili": la "Punta Giordani", la prima, affrontata in condizioni di neve pessime, con le gambe che affondavano ogni volta fino alla coscia, dove il giorno dopo la mia conquista un'escursionista è finita in un crepaccio e dove grazie a dei "simpatici" sci-alpinisti francesi mi è volato un sasso in testa mentre affrontavo il sentiero attrezzato che conduce al rifugio "Capanna Gnifetti" (fortuna il casco che indosso sempre!); il "Balmenhorn" o il "Cristo delle Vette" posto sopra uno sperone roccioso a dominare il "Colle Vincent"; il "Corno Nero" (PD+), forse il più impegnativo di quelli affrontati in questa tornata con la ripida parete di neve ghiacciata che raggiunge i 50° di pendenza e la sua rocciosa cresta finale; il "Ludwigshöhe" con la sua aerea cresta nevosa; "Punta Gnifetti" dove è situato il rifugio "Capanna Regina Margherita"; la "Punta Zumstein" (PD-) e la sua ripida e sottile cresta prima nevosa e poi rocciosa; "Punta Parrot" (PD+) e la lunga traversata per la cresta innevata in alcuni punti veramente vertiginosa.


 Verso "Punta Giordani" (4046m), dentro uno dei tanti buchi dove sono affondato... Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

Sulla cima del "Cristo delle Vette" (4167m). Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

 Sulla vetta del "Corno Nero" (4322m), la più impegnativa delle ascese di questa tornata. Sullo sfondo, da sinistra verso destra: "Punta Dufour", "Punta Zumstein", "Ludwigshöhe" e "Punta Gnifetti". Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

Il "Corno Nero" dalla vetta della Ludwigshöhe. Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

 In vetta alla "Ludwigshöhe" (4342m). Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

 "Punta Gnifetti" (4554m), sullo sfondo il "Lyskamm" ed il "Cervino".

 La vetta di "Punta Zumstein" (4563m), sullo sfondo "Punta Gnifetti" ed il rifugio "Capanna Regina Margherita". Grazie della foto ad Alberto Zucchetti.

Sulla cima "nevosa" di "Punta Parrot" (4432m), sullo sfondo "Punta Gnifetti" sopra un mare di nuvole...

A tal proposito Ringrazio Alberto Zucchetti, preparatissima Guida Alpina e tra i migliori alpinisti in circolazione, che ha affrontato vette in tutti i continenti aprendo nuove vie: pensa un po', trascorrere tre giorni con una palla al piede come me, grazie per la pazienza ed i preziosi insegnamenti!
Adesso voglio prendermi qualche giorno di relax, non a livello fisico, sinceramente non ne sento la necessità, ma a livello mentale: devo staccare con la montagna, devo trovare stimoli diversi, puntare a nuovi obiettivi che sicuramente tra qualche giorno si affacceranno all'orizzonte. Per il momento conviene concentrarsi solo ed esclusivamente sul lavoro.
Ed invece a scombussolare i miei programmi ci pensa il destino...
Poco dopo la fine della mia giornata lavorativa ricevo questo messaggio di posta sulla pagina Facebook collegata a questo blog:
"Buona sera....mi chiamo Roberto e sono un fotografo freelance di Roma. Sabato dovrei andare al lago di Pilato per realizzare un servizio fotografico per il National Geographic.
Volevo sapere se per caso qualcuno di voi esperti si trova a salire verso il Vettore o sia disposto ad accompagnarci al lago. Saremmo lieti di inserirvi nell'articolo e di fornire anche del materiale se vi fa piacere. 
Vi lascio il mio sito per vedere i miei lavori e le mie referenze. www.rgphotovoyager.com
Grazie".
Ero in cerca di nuove sfide, eccole! Secondo voi ho accettato?
Roberto aveva già pianificato con accuratezza questa spedizione, mancava solo l'ultimo pezzo per completare il puzzle ossia qualcuno che conoscesse a menadito il luogo e tutti gli aspetti legati ad esso: direi proprio che ha trovato la persona giusta!
Inizia una fitto scambio di messaggi seguito poi da numerose conversazioni telefoniche: già ho iniziato ad organizzare la parte relativa al percorso di questa particolare per me escursione. Proprio lo scorso anno avevo assunto il ruolo di "guida" durante l'escursione solidale che avevo organizzato per raccogliere fondi per il Comune di Castelsantangelo sul Nera dopo le prime scosse sismiche del 24 Agosto 2016 (vedi post Uniti per Castelsantangelo sul Nera - Escursione solidale al Monte Vettore): stavolta sarà diverso poiché saremo in numero limitato (quattro persone in tutto) ed il tempo si prevede bello. Abbiamo però delle limitazioni temporali: chi per una ragione, chi per un'altra, al massimo per il primo pomeriggio di Domenica dobbiamo fare ritorno a casa. Non so gli altri, ma io ho dei biglietti per un concerto acquistati mesi fa e non devo assolutamente mancare: guarda caso seguirò con uno sfasamento di qualche ora i miei futuri compagni di avventura, infatti andrò anch'io a Roma, precisamente allo Stadio Olimpico, per assistere ad una delle tappe italiane del "Global Spirit Tour" dei Depeche Mode!
Speriamo tutto fili liscio...
Vista la non percorribilità di alcuni sentieri per il raggiungimento del lago opto per il percorso che ho appena compiuto meno di un mese fa, ossia quello che partendo da Foce di Montemonaco segue la lunga cresta del Monte Torrone fino ad arrivare alla cima del Monte Vettore, per scendere poi al Lago di Pilato passando per la Sella delle Ciaule: una lunga cavalcata, bella ma faticosa (vedi post 12x2000 - Traversata delle creste del Monte Torrone e del Redentore da Foce di Montemonaco, con discesa al Lago di Pilato dalla Sella delle Ciaule). Parlandone con Roberto però decidiamo di cambiare perché lui, Daniele e Marcello (gli altri membri della compagnia) non avranno con sé la sola dotazione escursionistica sulle loro spalle ma anche tutta l'attrezzatura fotografica; portare per almeno 5 o 6 ore più di venti chilogrammi sulle spalle è un grosso sforzo, devo trovare un'altra soluzione... e siamo a Mercoledì.
Decido che dobbiamo salire per il sentiero più veloce ossia quello che sale da Forca di Presta, bisogna vedere se sarà possibile raggiungere quest'ultima località con le nostre automobili. Passare da Ovest, per Castelluccio di Norcia, è praticamente impossibile, vediamo se si riesce a passare per Arquata del Tronto.
Scrivo una PEC e chiamo il centralino del Comune ma non riesco a parlare con nessuno (è tardo pomeriggio): nella e-mail allego la lettera di incarico da parte di National Geographic recapitatami da Roberto e spiego che l'accesso sarà necessario solo per un brevissimo arco temporale.
Intanto arriviamo a Giovedì pomeriggio, sto iniziando a perdere la speranza di evitare ai miei compagni un lungo tragitto quando arriva inaspettata una e-mail di risposta direttamente dal Sindaco di Arquata che avalla la mia richiesta. Bene! Questo importante tassello è andato al suo posto!
La mattina del Venerdì contatto la segreteria del Sindaco di Arquata che mi conferma l'autorizzazione al passaggio, l'unica cosa da tenere presente è che il pass non può essere inviato per via telematica quindi Sabato dovrò ritirarlo personalmente prima che gli uffici comunali chiudano ossia entro le 12:30: il male minore!
Comunico la notizia a Roberto che la accoglie tirando anche lui un grosso sospiro di sollievo: definiamo gli ultimi dettagli e ci diamo appuntamento per il giorno dopo di fronte alla sede provvisoria del Comune di Arquata alle ore 15:30.
Arriva Sabato mattina, mi alzo, faccio colazione, preparo il materiale, saluto mia moglie ed i miei bimbi (quanta pazienza hanno con me...) e parto alla volta di Arquata del Tronto che raggiungo dopo circa un'ora e mezza di tragitto stradale. Ovviamente quello che a cui assisto mi lascia sbalordito perché un conto è vedere la devastazione del sisma in TV, un conto è vederla con i propri occhi e parlare con le persone che hanno perso tutto nel giro di pochi minuti. Mentre attendo per il rilascio del pass ho la possibilità di parlare con alcuni dipendenti comunali che lavorano in condizioni di emergenza, dentro i container: persone che hanno perso la casa (alcuni purtroppo anche alcuni affetti) ma non la dignità perché continuano ad impegnarsi come se non fosse successo nulla. In certi momenti mi sento di troppo, ho paura di sprecare il loro tempo in un qualcosa di futile invece loro mi rassicurano che non è vero ed il fatto che si parli del Lago di Pilato e dei luoghi che lo circondano forse servirà a ricordare che loro sono ancora lì...
Proprio sotto la strada stanno costruendo dei moduli abitativi, i miei occhi oscillano tra questa vista che suscita in me speranza e le macerie del grazioso borgo che ormai non esiste più: mestamente, con il pass in mano, salgo in auto e mi allontano da tutto questo orrore...


I moduli abitativi SAE di Arquata del Tronto.

Scendo verso la Salaria e svolto in direzione Ascoli Piceno: mentre salivo in mattinata avevo intravisto un ristorante aperto, andrò lì per mangiare un boccone.
C'è tanta gente, pochi turisti e molti fra Vigili del Fuoco ed operatori della Protezione Civile: penso che ci vorranno anni prima che tutto torni alla normalità...
Ancora è presto e potrei prendermela comoda però il grande caldo non mi da tregua: un pasto veloce e sono di nuovo in auto: nell'attesa dei miei compagni voglio andare in avanscoperta...
Torno ad Arquata ed al posto di blocco all'ingresso del paese mostro il mio pass: dopo i controlli di rito da parte dei militari posso proseguire in direzione Pretare prima e Forca di Presta poi. Dopo pochi minuti di tragitto raggiungo quello che era il borgo di Pretare, quasi completamente raso al suolo dal sisma: mi fermo e dal finestrino osservo la devastazione provocata dal terremoto... 

Pretare.

Chiudo gli occhi e cerco di immaginare come era prima e quasi riesco a sentire la voce dei bambini che giocano di fronte alla Chiesa, degli anziani che parlano e giocano a carte nel Bar del paese, della vita che ora non c'è più in questi luoghi...


Pretare.

Tra le macerie vi sono oggetti della vita di tutti i giorni, cose che ora non appartengono più alle persone che le usavano: dove sarà la famiglia che abitava in questa casa?


Pretare.

Nel migliore dei casi in un albergo o in un campeggio lungo la costa, nel peggiore non oso nemmeno immaginarlo...
Il piede rilascia la frizione e l'altro spinge sull'acceleratore, voglio fuggire al più presto da tutto questo!
Arrivo di slancio all'altro posto di blocco dove mostro nuovamente il pass: scambiate alcune parole con il militare di servizio riprendo la mia marcia. Noto con piacere che la strada finora non ha mostrato grossi danni dovuti al sisma: solo poco prima di giungere a Forca di Presta devo rallentare di fronte ad una spaccatura trasversale, per il resto tutto ok.
Finalmente ci sono, giunto al valico di Forca di Presta scendo dall'auto e respiro a pieni polmoni: qui è tutt'altra cosa! Il caldo opprimente non c'è più così come quella cupa atmosfera che mi ha accompagnato nelle ultime ore: di fronte allo spettacolo offerto dalle montagne quanto di brutto visto finora finisce in secondo piano.


Finalmente a Forca di Presta dopo tanto, troppo tempo...

Non c'è anima viva, di solito in questo periodo qui ci sono decine di auto parcheggiate: questo è l'attacco alla via più breve che conduce sia al Monte Vettore che al Lago di Pilato, in estate questo luogo è letteralmente preso d'assalto. Una parte di me è contenta di ciò perché devo dire che negli ultimi tempi ho assistito ad una mercificazione della montagna senza precedenti: qui purtroppo in certe giornate salgono "cani e porci", nel vero senso della parola. Forse la gente si dimentica che questo è un Parco e vi sono delle norme da rispettare, sia quelle imposte dai regolamenti che quelle imposte dal buon senso. Abiti e calzature inappropriati, conoscenza nulla dell'ambiente in cui si è ospiti, immondizia lasciata in giro, cani non tenuti al guinzaglio, stelle appenniniche ed altri fiori strappati dal terreno, il rifugio Zilioli scambiato per urinatoio e cacatoio... 
Per non parlare poi di quello che accade sulle rive e persino dentro le acque del Lago di Pilato: meglio mi fermi qui!
Non lo so, forse tutto quello che sta accadendo è un messaggio di avvertimento da parte della natura, forse ci sta avvisando che stiamo oltrepassando il limite andando verso il punto di non ritorno...


Il versante Sud del Monte Vettore dalla strada che da Pretare conduce a Forca di Presta.

Scaccio questi brutti pensieri pensando a quello che avverrà tra poche ore: non pensavo di tornare al lago così presto ed invece a breve sarò nuovamente sulle sue rive.
Chiamo Roberto e gli altri, purtroppo sono in ritardo, il traffico del fine settimana (loro provengono da Roma) li sta attardando e non saranno sul luogo dell'appuntamento prima delle 17:00 circa. Salgo leggermente per prati verso il Vettore e mi distendo a terra chiudendo gli occhi e svuotando la mente in questa meravigliosa solitudine...
Sono le 16:30, è ora che scenda: supero i due posti di blocco ed alle 16:50 sono di nuovo di fronte agli uffici provvisori del Comune di Arquata del Tronto. 
Finalmente giungono anche Roberto e gli altri: dopo le presentazioni di rito siamo pronti per partire di gran carriera verso la nostra meta.
Giunti a Forca di Presta ci cambiamo d'abito, carichiamo sulle spalle i nostri zaini (con somma vergogna ammetto che il mio è quello più leggero di tutti!) e ci mettiamo in marcia: sono le ore 17:46. L'idea è quella di salire prima sulla cresta del Redentore per scattare alcune e poi scendere al Lago al calare delle tenebre, faremo in tempo? Lo scopriremo una volta giunti al rifugio Zilioli, lì decideremo il da farsi.
La marcia intanto prosegue tra una chiacchiera e l'altra, abbiamo la possibilità di fare conoscenza e al contempo ammirare gli incantevoli paesaggi che ci circondano: racconto ai miei compagni delle mie numerose ascese su queste montagne condendo il tutto con aneddoti di vita vissuta ma anche con i miti e le leggende che si tramandano da secoli e che hanno fatto la storia di questi luoghi. 


Quattro chiacchiere lungo il sentiero: da notare il grosso carico sulle spalle di Daniele! Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Dobbiamo per forza di cosa parlare anche del sisma che ha colpito il centro Italia meno di un anno fa e tutte le conseguenze che ha provocato: anche loro durante il breve tragitto in auto non sono rimasti indifferenti di fronte alla distruzione e devastazione.
Il ritmo che stiamo tenendo è abbastanza blando, d'altronde, come dicevo, gli zaini sono molto carichi e non posso pretendere di più: il rischio concreto però è quello di non salire sulla cresta del Redentore che ormai intravediamo quasi irraggiungibile di fronte a noi.


Si inizia ad intravedere la cresta del "Redentore".

Sto davanti, a fare l'andatura, il mio pensiero ogni tanto va al tratto più difficile che dobbiamo affrontare ossia le famose "roccette": una ripida fascia di rocce posta all'ingresso della cosiddetta Valle del Lago dove si dovranno superare delicati passaggi di I grado in disarrampicata.
Niente di insormontabile se si riesce ad individuare subito il percorso giusto altrimenti il rischio è quello di finire fuori sentiero con tutto quello che ne consegue: molti, forse troppi incidenti si sono verificati in questo punto nel corso del tempo. All'inizio di questa parte di percorso è posta una targa del Parco dei Sibillini che pone in guardia sulla sua pericolosità e sulla mancanza della segnaletica, molte persone però incuranti di tali avvertimenti vi si avventurano lo stesso trovandosi poi in difficoltà.
Ecco le ragioni per le quali non voglio affrontare al buio questo tratto, la luce delle frontali che abbiamo al seguito offrirebbe una visione troppo circostanziata ed incompleta.
Quasi ad esorcizzare queste preoccupazioni voglio mettermi alla prova e poco prima di giungere alla "Croce Zilioli" (1950m) inizio ad accelerare, sempre più: "Vado in avanscoperta, seguite il sentiero!", questo è quello che dico ai miei compagni.
La croce ed il rifugio omonimo portano il nome dell'alpinista ascolano Tito Zilioli, deceduto il 30 marzo 1958, a soli 24anni, durante una salita al Vettore: la croce è posizionata proprio nel punto in cui morì il giovane.
La ragione di questa progressione sta nei discorsi che avevo fatto con Alberto qualche giorno prima: dopo un periodo vissuto in alta quota il corpo si abitua a questo cambiamento e nei giorni successivi a bassa quota si potranno notare dei miglioramenti in termini di prestazione fisica dovuti alla maggior densità del sangue. 
Il test è positivo, altroché!
In pochi minuti di marcia a ritmo forsennato perdo di vista gli altri ma, cosa più importante, sento che il cuore non va troppo su di giri! Che sensazione magnifica!
Mi fermo, in attesa, intanto ammiro la piana di Castelluccio ormai ben visibile. Da qui sembra tutto a posto, non si vedono segni lasciati dal sisma, il paesaggio è idilliaco: quello che stona è che anche sforzandomi all'inverosimile non riesco a scorgere alcuno, è tutto fermo, non proviene alcun rumore.


I "Piani" di Castelluccio, a breve inizierà la fioritura. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Il silenzio è quasi assordante e quello che riesco a provare è solo una immensa tristezza: penso agli abitanti di Castelluccio che non possono accedere alle loro abitazioni; penso ai contadini che nonostante le grosse difficoltà di natura burocratico-amministrativa sono riusciti ad effettuare la semina della lenticchia; penso a quanto ci vorrà prima che tutto torni alla normalità su quest'altopiano...
I miei tristi pensieri vengono fortunatamente interrotti dall'arrivo dei miei compagni: Roberto approfitta di questo favorevole punto di osservazione per tirare fuori dallo zaino parte del suo "armamentario" e scattare alcune fotografie. Dopo aver effettuato questa breve pausa riprendiamo il nostro cammino e, superato il lungo traverso successivo a "Croce Zilioli", raggiungiamo la cima del "Monte Vettoretto" (2032m): da questo punto il rifugio "Zilioli" è ben visibile quanto lontano di fronte a noi. Adesso inizia la parte più faticosa del percorso, dopo una prima parte quasi pianeggiante il sentiero riprende a salire in un costante crescendo di pendenza che culmina con l'arrivo al rifugio.
E' dura, i miei compagni avanzano stoicamente, passo dopo passo, ma il carico che grava sulle loro spalle è notevole ed ogni tanto ci si deve fermare per rifiatare. Visto che la traccia da seguire è ben delineata lascio andare Marcello (il più in "palla") in testa ed io mi posiziono nelle retrovie con Roberto (che insieme a Daniele hanno i carichi più pesanti): un po' di supporto morale fa sempre comodo!
Finalmente raggiungiamo l'agognata meta, siamo giunti di fronte al rifugio "Zilioli" (2250m), chiuso dopo il sisma per le lesioni riportate: qui ci concediamo una breve pausa prima di intraprendere la discesa che ci condurrà al Lago di Pilato (1941m).
Sono da poco passate le 20:00 ed anche con tutta la buona volontà ed impegno non riusciremmo mai a salire e scendere per la cresta del Redentore prima che faccia buio: decido a malincuore che è meglio rimandare a domattina un'eventuale ascesa sulle cime che circondano ad Ovest la Valle del Lago.
Consiglio ai ragazzi (il vecchietto del gruppo sono io) di contattare ora i propri cari perché scendendo non ci sarà più campo ed una volta espletate queste operazioni saliamo sulla sella delle "Ciaule" (cornacchie), qualche metro più in alto rispetto al rifugio, ed iniziamo poi a scendere per prati in direzione del "Pizzo del Diavolo" (2410m) che con i suoi bastioni dolomitici si erge maestoso di fronte a noi. 


Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo alla luce del tramonto.

Panoramica scendendo dalla "Sella delle Ciaule".

Intanto la luce sta scemando sempre più... Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

In pochi minuti raggiungiamo la stretta fenditura dove il manto erboso termina per lasciare spazio alle rocce calcaree: appare di fronte a noi la targa del Parco che ci avverte che a breve inizierà il tratto alpinistico del percorso. Finalmente ci siamo, voglio proprio togliermi di torno questi passaggi!


Poco prima delle "roccette", sulla sfondo il cartello del Parco con le raccomandazioni del caso. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Individuo subito la flebile traccia tra lo sfasciume che contraddistingue questa zona ed iniziamo a scendere più marcatamente: in alcuni tratti è necessario appoggiare le mani a terra ed aggrapparsi alle rocce. 


Sulle famose "roccette", ormai il tratto peggiore è passato!

Questi aspetti però vanno in secondo piano, i due specchi d'acqua del Lago iniziano a mostrarsi e sotto la luce crepuscolare l'atmosfera ha dei contorni fiabeschi: le fotografie si sprecano!


"La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia."
(Milan Kundera)

Come dicevo ho imboccato fin da subito la giusta via e dopo alcuni minuti la tensione può già calare: stiamo percorrendo il lungo traverso che per ghiaioni ci sta conducendo sulle rive del Lago.


La Valle del Lago alla luce eterea del crepuscolo.

Da questo momento in poi, grazie al silenzio assoluto ed alla totale estraniazione, tutto diventa quasi surreale ed i ricordi di quanto vissuto assumono più la parvenza di un sogno che della realtà. 


Riva Settentrionale del Lago di Pilato, sullo sfondo "Cima del Lago".

E' sempre emozionante trovarsi qui, forse finora non l'ho evidenziato abbastanza, ma questo è un luogo unico nel suo genere: per le sue caratteristiche orografiche e naturali è una delle valli più importanti dei Sibillini; interamente circondata dalle cime più alte del gruppo, ne è il vero e proprio cuore. La testata è un circo contrassegnato da numerose doline di origine glaciale e sul suo fondo giace il Lago (o Laghi a seconda della stagione) di Pilato, che deve la sua origine proprio allo sbarramento effettuato dalla soglia del circo e forse anche dalla morena detritica.


Il Pizzo del Diavolo illuminato dalla tenue quanto calda luce di un crepuscolo di inizio estate. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Ma la sua unicità è dovuta anche ai miti ed alle leggende che si sono succeduti nel corso dei secoli e che hanno contraddistinto la storia orale e non di questo luogo. Il Lago infatti prende il suo nome dalla leggenda per la quale nelle sue acque sarebbe finito il corpo di Ponzio Pilato. Condannato a morte dall'imperatore romano (Tiberio o Caligola? Non è molto chiaro, perché poi riguardo la sua morte la tesi più accreditata è quella del suicidio...) il suo cadavere fu chiuso in un sacco e venne affidato ad un carro di bufali inferociti, che, lasciati liberi, avrebbero terminato la loro folle corsa precipitando nel lago dall'affilata cresta della montagna più alta dei Sibillini, che a quel tempo (erroneamente) si credeva fosse la Cima del Redentore: le sue acque ribollirono e si tinsero del sangue di Pilato (la colorazione rossastra del lago in alcuni periodi dell'anno è dovuta alla presenza del "Chirocefalo del Marchesoni" di cui parlerò più avanti).
Un'altro nome usato nell'antichità era quello di "Lago della Sibilla", come si evince da una sentenza di assoluzione a favore della comunità di Montemonaco, emessa dal Giudice della Marca Anconitana De Guardaris nel 1452, per aver accompagnato cavalieri stranieri a consacrare libri magici ad Lacum  Sibillæ.


"Due occhi di fuoco, diabolici... fra le rocce del Pizzo del Diavolo"

Infatti nel Medioevo vi furono interventi delle autorità religiose per condannare e vietare le pratiche negromantiche: si legge in alcuni scritti del tempo di un muro costruito attorno al Lago per renderlo inaccessibile e di una forca posta all'imbocco della valle come monito per chi si ribellava.

"...se vi scopre qualcuno è male accolto (...) Non è molto che vi sorpresero due uomini, uno dei quali era un prete. Questo prete fu condotto a Norza
e là martirizzato e bruciato; l'altro fu tagliato a pezzi e gettato nel lago da quelli che l'avevano preso."
(Antoine De la Sale, Il Paradiso della Regina Sibilla, 1421)

Nel museo della Grotta della Sibilla, presso Montemonaco, è custodita una pietra scura, detta "La Gran Pietra", che reca incisi segni magici e ed è stata rinvenuta proprio sulla riva del Lago: secondo la tradizione infatti questo sarebbe il lago Averno da cui si entra nel mondo degli Inferi.
Ciò che colpisce di più però, è che in alcuni documenti redatti a quel tempo, vi è l'insistenza degli autori nel sottolineare i "moti" delle acque del lago, che ne alzano e ne abbassano il livello improvvisamente: di tale fenomeno ancora oggi non c'è un'attendibile spiegazione scientifica. 
Per quel che riguarda la flora è forte la presenza sui ghiaioni e sulle rocce attorno al Lago di graminacee quali il "pettenaccio" dai fiori stupendi; nei prati, più in alto sono presenti anche le stelle appenniniche, ma è sempre più raro trovarle grazie allo scempio perpetrato da pseudo-escursionisti che ne fanno incetta infischiandosene della loro rarità e dimenticandosi che se si evita di raccoglierle, esse saranno sempre lì quando si tornerà.
Spostando il discorso sulla fauna invece bisogna dire che oltre alla presenza di numerose cornacchie (il nome "Sella delle Ciaule" deriva proprio da questo), nelle acque del Lago vive il famoso "Chirocefalo del Marchesoni", un minuscolo crostaceo di colore rosso corallo che misura 9-12 millimetri e nuota col ventre rivolto verso l'alto (a pancia in su).


Il Chirocefalo del Marchesoni.

Questo "gamberetto", come viene chiamato affettuosamente, prende il nome dal suo scopritore, il professore di botanica dell’Università di Camerino Vittorio Marchesoni, che, per la prima volta nel 1954 scoprì questa piccolissima forma di vita. 
Fa parte della famiglia degli Anostraci, crostacei primitivi costituenti di plancton di acqua dolce e la sua caratteristica più importante è che si può trovare in un solo posto al mondo, ossia qui, nel Lago di Pilato.
Questo piccolo crostaceo ha imparato ad adattarsi ai forti stress stagionali quali congelamenti e prosciugamenti tipici di un ambiente severo come questo: per far fronte a tali difficoltà ambientali produce delle "cisti", all’interno delle quali l’embrione, il cui sviluppo è arrestato, è isolato da una parete protettiva che gli consente di conservare la vitalità fino a che non si ricreano le condizioni idonee alla schiusa.
Il Chirocefalo, purtroppo, è in pericolo di estinzione per cause naturali, nel 1990 si pensava lo fosse dopo il totale prosciugamento dei Laghi dovuto alla forte siccità di quel periodo, è importantissimo perciò, soprattutto nei mesi estivi quando le acque si ritirano, rispettare la distanza di sicurezza dal lago segnalata; oltrepassare i cartelli posizionati dal Parco vorrebbe dire calpestare le cisti deposte sotto i sassi provocandone inevitabilmente la rottura.
Tornando alla nostra spedizione, decidiamo di allestire il nostro campo base in un prato sulla riva di Nord-Ovest, in una collinetta poco sopra il lago e tra un boccone e l'altro iniziamo a scattare fotografie come se non ci fosse un domani!
Siamo presi da una sorta di frenesia anche perché le condizioni di luce mutano in continuazione ed una immagine è sempre diversa dalla successiva, anche scattata a distanza di qualche minuto. Pian piano calano le tenebre ed i dispositivi a mia disposizione diventano inutilizzabili e qui Roberto inizia a sfoderare le sue capacità tecniche oltreché tutto il materiale che faticosamente si è portato appresso. Osservo ed imparo moltissime cose, d'altronde è lui il fotografo professionista, io sono solo un dilettante in confronto.


"E quindi uscimmo a riveder le stelle"
(Inferno XXXIV, 139)
Il "Pizzo del Diavolo" ed il "Lago di Pilato" sotto un cielo stellato in una notte senza luna.  Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Non c'è alcun rumore se non quello prodotto dai nostri passi e dalle nostre voci: parliamo sottovoce, quasi per recare disturbo a quello che ci circonda. Nel frattempo ci meravigliamo di quanto sta avvenendo e condividiamo le nostre emozioni: anche per me è la prima volta in notturna al Lago di Pilato e quanto sto vivendo è difficile da spiegare a parole. Le stelle intanto iniziano ad essere più vivide nel firmamento grazie anche al fatto che è una notte senza luna: non ne avevo mai contate così tante, è sempre più difficile trovare luoghi dove l'inquinamento luminoso non crei problemi in tal senso. Da Sud-Est pian piano la Via Lattea sta iniziando a mostrarsi ed i nostri occhi non riescono a staccarsi dal suo sorgere. 


"Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle."
(Oscar Wilde)
Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Mentre Roberto e Daniele sono al lavoro, io e Marcello ci infiliamo dentro i sacchi a pelo: non posso dire che faccia freddo, la temperatura è intorno ai 12-13°C, lì dentro però si sta meglio, specie se si è distesi a guardare le stelle; non possiamo che apprezzare questo tepore. Intanto con tutti i sensi completamenti appagati da quanto stiamo vivendo finiamo, senza neanche accorgercene, tra le braccia di Morfeo.
Il mio sonno è costellato da immagini riguardanti il Lago, dai miti che lo riguardano, dal fatto che vi sia poca acqua ma il tutto non assume toni drammatici, anzi, al contrario le sensazioni che provo sono di serenità e tranquillità ed è con questa calma che arriva l'aurora senza che me ne accorga...
Sono il primo ad alzarmi, gli altri ancora dormono: scoprirò in seguito che Daniele e Roberto hanno fatto le ore piccole mentre io e Marcello ronfavamo beatamente.
Faccio un giro e assorbo con gli occhi ogni singolo dettaglio che riesco a percepire: chissà quando avrò nuovamente la possibilità di trascorrere momenti simili sulle rive di questo Lago.


"... una nuova giornata di inizio estate sta cominciando e la luce dell'aurora giunge anche in questo luogo remoto circondato da alte vette, un luogo dove è incastonato uno dei laghi più famosi del centro Italia."

Tra poco sorgerà il sole, meglio avverta gli altri, ci sono molte altre fotografie da scattare!


La Valle del Lago di Pilato.

Il nostro bivacco riprende vita, ci vorrebbe proprio un bel caffè ma non abbiamo l'occorrente con noi: altro peso da portare ma più che altro avremmo infranto le norme del Parco, qui non si possono piantare tende ne tanto meno accendere fuochi; dobbiamo accontentarci di un succo di frutta e di alcuni biscotti.

Tutti svegli ed attivi!

I primi raggi di sole baciano la vetta del Pizzo del Diavolo.

Adesso, oltre che fotografare il Lago e le montagne che lo circondano, dobbiamo scoprire se il Chirocefalo è già presente nei bacini del Lago oppure no. Per fare questo ci portiamo sulla riva Nord-Occidentale, in una zona dove sono presenti delle rocce, l'unica punto presso il quale è consentito stare vicino al bordo del Lago senza il rischio di danneggiare le cisti. Anche da qui però a causa del basso livello delle acque siamo lontani, di poco ma lo siamo: come risolvere questo problema?


Il "Pizzo del Diavolo" dalle rive del Lago di Pilato.

E qui Roberto entra nuovamente in scena, poteva mancare secondo voi un'asta telescopica nella sua dotazione fotografica?
Detto fatto! Dopo alcuni tentativi e dopo aver ruotato di 180° lo smartphone per poter utilizzare la fotocamera posteriore (quella con più risoluzione) e non quella frontale riusciamo a "beccare" il "gamberetto" che è vispo e vitale come non mai!


Il "Chirocefalo del Marchesoni".

Questa constatazione mi rende felice dopo i timori dei mesi scorsi: che bello!


Work in progress!

Altre foto, altre riprese e a malincuore decidiamo che è giunta l'ora di partire: vorremmo rimanere qui per sempre ma non è possibile, dobbiamo  essere a casa per il pomeriggio quindi raccogliamo le nostre cose e ci mettiamo in marcia.


In primo piano il "Gran Gendarme" del  "Pizzo del Diavolo".

"Il lago era immerso nel silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembrava uno specchio, s’increspava a ogni soffio di vento. Si sentiva soltanto, ora alto, ora basso, il canto degli uccelli."
(Banana Yoshimoto)

Con Roberto decidiamo che non serve salire sulla cresta del Redentore, abbiamo già materiale a sufficienza al quale possiamo aggiungere alcune mie fotografie di qualche settimana fa scattate proprio da quelle vette, dove si vedono gli effetti provocati dal terremoto, tra cui le famose spaccature sulle montagne dei Sibillini di cui tutti parlano.


Di nuovo sulle "roccette": prima di andarcene il lago ci ha voluto regalare questo splendido scorcio.

Che nottata! Neanche sembra vero averla vissuta!


Una parte del PIzzo del Diavolo baciata dai primi raggi del sole che si riflette su uno dei bacini del Lago di Pilato: non sembra anche a voi un dipinto?

Percorriamo a ritroso il percorso della sera prima ed in meno di tre ore siamo nuovamente alle nostre auto; raggiunta nuovamente Arquata del Tronto ci salutiamo e promettiamo che questa non sarà la nostra prima ed unica esperienza insieme, ce ne saranno altre: l'empatia che si è creata nelle poche ore vissute a stretto contatto merita di essere consolidata ed approfondita.


Da sinistra verso destra Marcello, Gianluca e Daniele. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.

Roberto. Grazie della foto a Daniele Gambino.

Mentre sto scrivendo queste righe, a distanza di qualche settimana da quella notte, delle brutte sensazioni e dei cattivi presagi affollano la mia mente, il timore è quello che questa potrebbe essere stata l'ultima volta che ho visto il Lago di Pilato così come ho sempre fatto fin dalla mia infanzia. 


Stelle Appenniniche sui prati poco sotto la "Sella delle Ciaule".

Riguardo il Chirocefalo, almeno per quest'anno è salvo: ha già completato il suo ciclo vitale deponendo le uova. La paura invece è per l'esistenza stessa del lago: è vero, ci sono state altre stagioni parecchio aride con il livello delle acque al minimo; nel 1990 addirittura i bacini si prosciugarono completamente... Poi tutto tornò come prima.
Stavolta è diverso, c'è stato un terremoto di mezzo che oltre a distruggere in superficie potrebbe aver modificato qualcosa a livello sotterraneo.


Le numerose doline presenti sui prati fra "Punta di Prato Pulito" e "Cima del Lago".

Parlando di fatti concreti un esempio su tutti è quello del dimenticato torrente "Torbidone", nei pressi di Norcia, scomparso per quasi sessanta anni e riapparso dopo le scosse dell'Ottobre 2016 con la portata non irrisoria di 350 litri al secondo; un altro esempio è quello dato dal fiume Nera che subito dopo le scosse aveva più che raddoppiato la sua portata d'acqua. In alcuni casi però il problema è stato opposto, ossia che alcune sorgenti in alta quota, come quella ad esempio che si trovava a ridosso di San Pellegrino, sulla strada che da Norcia porta ad Ascoli Piceno, adesso e' completamente asciutta; il laghetto di Foce di Montemonaco che è completamente prosciugato... ecc...


Il laghetto, che a me piace chiamare della "Sibilla", formatosi  lungo il corso del fiume Tenna a causa del crollo di un costone dal Monte Sibilla. Per altre informazioni e/o fotografie riguardo questo laghetto vedi il post San Leonardo e "Laghetto della Sibilla" dal Santuario della Madonna dell'Ambro Invernale e quello di San Leonardo e "Laghetto della Sibilla" da Vetice per il fosso del Rio.

Questi sono solo alcuni esempi, e ve ne saranno sicuramente altri, dei risultati visibili a livello superficiale di quanto accaduto a livello sotterraneo grazie al sisma che ha colpito il centro Italia.


Il Pizzo del Diavolo e la cresta del Redentore che prosegue verso Nord-Est.

Intanto il Lago ad inizio Agosto si è prosciugato completamente, proprio come accadde nel 1990.
Come finirà questa storia? Mi auguro di cuore con un Happy Ending, anche se per avere risposte bisognerà attendere la fine di Maggio del prossimo anno, sperando che l'inverno che verrà porti copiose precipitazioni, ma più che altro che non sia modificato qualcosa a livello sotterraneo sotto il lago: questo è il grosso quesito al quale nessuno ancora ha dato una risposta, il quesito al quale sono legate le sorti del Lago di Pilato.



P.S. Poi sono riuscito effettivamente ad arrivare a Roma in tempo per assistere al concerto dei Depeche Mode: un grande show, una grande festa, come al solito d'altronde.
Reach out and Touch faith!



Link per la rivista Giroinfoto

Numero 23 del Settembre 2017 di Giroinfoto


Link per National Geographic Italia all'articolo: Sibillini, il Lago di Pilato risparmiato dal sisma

Galleria fotografica

 Il versante Sud del Monte Vettore dalla strada che da Pretare conduce a Forca di Presta.


Finalmente a Forca di Presta dopo tanto, troppo tempo... 


Pretare.


Pretare.

Pretare. 


 I moduli abitativi SAE di Arquata del Tronto.


 Quattro chiacchiere lungo il sentiero: da notare il grosso carico sulle spalle di Daniele! Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


Si inizia ad intravedere la cresta del "Redentore".


I "Piani" di Castelluccio, a breve inizierà la fioritura. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


 Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo alla luce del tramonto.


Panoramica scendendo dalla "Sella delle Ciaule".


 In discesa, per prati...


 ... verso la Valle del Lago.


 Il Pizzo del Diavolo e la Cima del Redentore.


Colori fiabeschi!


Intanto la luce sta scemando sempre più... Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


Poco prima delle "roccette", sulla sfondo il cartello del Parco con le raccomandazioni del caso. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.



Sulle famose "roccette", ormai il tratto peggiore è passato!


 "La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia."
(Milan Kundera)


 Il Lago di Pilato dalle "roccette".


 La Valle del Lago alla luce eterea del crepuscolo.


 Riva Settentrionale del Lago di Pilato, sullo sfondo "Cima del Lago". Zoom-in...


... e zoom-out!


Il Pizzo del Diavolo illuminato dalla tenue quanto calda luce di un crepuscolo di inizio estate. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


 "Due occhi di fuoco, diabolici... fra le rocce del Pizzo del Diavolo"


"E quindi uscimmo a riveder le stelle"
(Inferno XXXIV, 139)
Il "Pizzo del Diavolo" ed il "Lago di Pilato" sotto un cielo stellato in una notte senza luna.  Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


"Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle."
(Oscar Wilde)
Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


"... una nuova giornata di inizio estate sta cominciando e la luce dell'aurora giunge anche in questo luogo remoto circondato da alte vette, un luogo dove è incastonato uno dei laghi più famosi del centro Italia."

 I primi raggi di sole baciano la vetta del Pizzo del Diavolo.


 Il Chirocefalo del Marchesoni.


 Il Chirocefalo del Marchesoni.



Il Chirocefalo del Marchesoni.

 Gianluca. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


 Da sinistra verso destra Marcello, Gianluca e Daniele. Grazie della foto a Roberto Giancaterina.


Roberto. Grazie della foto a Daniele Gambino.

 La Valle del Lago di Pilato.

 Tutti svegli ed attivi!


Il "Pizzo del Diavolo" dalle rive del Lago di Pilato.


 Work in progress!


 In primo piano il "Gran Gendarme" del  "Pizzo del Diavolo".



"Il lago era immerso nel silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembrava uno specchio, s’increspava a ogni soffio di vento. Si sentiva soltanto, ora alto, ora basso, il canto degli uccelli."
(Banana Yoshimoto) 

 Di nuovo sulle "roccette": prima di andarcene il lago ci ha voluto regalare questo splendido scorcio.


Una parte del Pizzo del Diavolo baciata dai primi raggi del sole che si riflette su uno dei bacini del Lago di Pilato: non sembra anche a voi un dipinto?  In verticale...


... ed in orizzontale.

 La Cima del Redentore a sinistra ed il Pizzo del Diavolo a destra zoom-in ...


 ... e zoom-out.


 Punta di Prato Pulito.


Il Pizzo del Diavolo e la cresta del Redentore.


 Il Monte Vettore con il sole...


... che inizia a far capolino!

 La cresta del Redentore.


Stelle Appenniniche sui prati poco sotto la "Sella delle Ciaule".


Il rifugio "Zilioli" posto sulla "Sella delle Ciaule".