Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


venerdì 6 aprile 2018

Ferrata dei Piceni sul Monte Primo

"(...) Raggiungo lo spigolo e come una falena con la luce non posso fare a meno di guardare verso il basso... Wow, esposizione pazzesca! 
Un brivido mi scuote fino al midollo ma tutto dura meno di un istante: è normale provare queste emozioni, d'altronde sono qui anche per questo, no? (...)"



Due Aprile 2018
Partenza da Loc. Ormagnano (526m) - Pioraco (MC) ore 7:22
Rientro a  Loc. Ormagnano ore 10:16
Durata escursione 2h 54' (pausa merenda di 26' dopo l'ultimo tratto attrezzato)
Tempo di marcia: 2h 28'
Lunghezza tragitto: 3,6km circa
Grado di difficoltà: EEA
Dislivello in salita: 344m
Dislivello in discesa: 357m
Quota massima: 803m sul Monte Primo
Pioraco su Wikipedia


Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.






Percorso:




Relazione:
E' una bellissima giornata di inizio primavera e poco dopo l'alba io e Mirko siamo già in auto dirigendoci verso Pioraco, in provincia di Macerata.
Inizialmente le nostre mire erano per un ritorno al Vettore dopo la splendida avventura della settimana scorsa (vedi post Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernale) poi, nei giorni precedenti l'escursione, è arrivato un qualcosa a scombussolare tutti i piani, ovviamente in meglio.
Una sera girovagando su internet mi imbatto in una immagine che scatena in me subito curiosità: si tratta di un passaggio verticale sulla "Ferrata dei Piceni".
Piceni? Sarà sicuramente nelle Marche, dove? Cerco, cerco, cerco ed i miei dubbi vengono subito fugati: bisogna dire che ancora non ci sono molte informazioni in merito, però riesco a trovare altre fotografie e la descrizione sommaria del percorso con il punto di partenza e di arrivo che per me sono informazioni già sufficienti per mettermi in moto.
Mirko è subito d'accordo con me in questo cambio di programma e quindi eccoci al presente, in auto, in direzione Ormagnano, una piccola frazione di Pioraco, nell'alto maceratese. Raggiunto il centro di questo piccolo borgo di case parcheggiamo l'auto e, preparata l'attrezzatura, ci mettiamo subito in marcia seguendo i segnali che appaiono fin da subito.

Piccola parentesi.
Alcuni giorni dopo aver pubblicato la relazione di questa magnifica escursione vengo contattato da un gentile signore che, oltre a complimentarsi con me per la dettagliata descrizione, mi fornisce alcune utili informazioni riguardanti questo percorso attrezzato. Diciamo che sono stato parecchio fortunato perché la persona in questione non è altri che colui che dal 2005 al 2013 si è impegnato nella realizzazione di questa bellissima ferrata nel cuore dell'Appennino Umbro-Marchigiano: ovviamente sto parlando di Giulio Franco Cotechini, istruttore del Gruppo Speleologico AL.VA.P (Alta Valle del Potenza) di Pioraco. Facciamo una bella chiacchierata e vengo così a conoscenza delle origini del nome ossia "Ferrata dei Piceni"; a tal proposito Giulio mi ha raccontato che ormai mancava poco al termine dei lavori, rimaneva da attrezzare l'ultimo tratto della ferrata, quello più bello e strapiombante, e per non protrarre oltre i tempi chiese l'aiuto di alcuni amici facenti parte di un altro gruppo speleologico, il "Gruppo Grotte Piceno" (G.G.P.) per l'appunto di Ascoli Piceno: per ricordare questa circostanza ed onorare la preziosa quanto fruttuosa collaborazione quindi la "leggenda" vuole che il nome assegnato alla ferrata sia dei "Piceni". 
Un'altro non trascurabile dettaglio è quello che riguarda la logistica ovvero il posteggio delle auto al seguito; Giulio ha preso accordi con i proprietari del piccolo parcheggio ad Ormagnano (antistante la casa posizionata a valle rispetto al cartello della ferrata nel centro del paesino), e ci sarebbe soltanto un piccolo "pegno" da pagare per avere la macchina al sicuro (con i tempi che corrono non è cosa da poco!): una bottiglia di vino da lasciare di fronte alla porta di casa.
Ovviamente chi non vuole "sottostare" a questo tacito accordo può parcheggiare liberamente più in basso all'incrocio con la strada proveniente da Piocaco.
Con Giulio abbiamo anche parlato della fitta rete di sentieri (oltre 350 Km) che percorre in lungo ed in largo il Monte Primo e tutto il Comprensorio Turistico Alta Valle del Potenza e Scarzito, Sefro, Pioraco e Fiuminata ed in particolare di uno, la Via AL.VA.P "Direttissima al Monte Primo": percorso alpinistico che prende il nome dal Gruppo Speleologico di Pioraco, che lo ha attrezzato nei punti più esposti, ma di questo vi racconterò tra qualche settimana, quando in compagnia di Giulio lo percorrerò...
Chiusa parentesi.


Pronti, via! Il sentiero prosegue sul prato, oltrepassando le funi a sinistra.

La direzione da seguire è quella che conduce ad un prato dove una flebile traccia si nota fra l'erba alta; dopo pochi passi però tutto cambia perché infilandoci nel bosco il sentiero diviene quasi una carrareccia dove i segni bianco-rossi non mancheranno per tutta la lunghezza del percorso.

Il sentiero, sempre ben segnalato, qui è molto ampio.

La nostra marcia prosegue spedita, in leggera salita, con il sentiero (ampio) che taglia in diagonale il versante nord-orientale del Monte Primo di cui oggi non raggiungeremo la vetta. 

Si iniziano ad intravedere le pareti rocciose dove saliremo.

Dopo pochi minuti il percorso cambia e oltre a divenire più tortuoso inizia a scendere attraversando passaggi man mano più esposti finché non giungiamo nei pressi di un piccolo slargo dove un cartello indica l'inizio della ferrata.

Il cartello indicante l'inizio del tratto attrezzato.

Quasi in automatico ci fermiamo ed indossiamo caschetto, guanti e kit da ferrata: provo una certa emozione, è dall'estate scorsa che non mi cimentavo più con un percorso attrezzato (vedi post del Dodici Luglio 2017 - Sentiero del "Centenario") e la cosa ad essere onesti mi intriga, parecchio!
Proseguiamo con la nostra marcia, che ora risale leggermente, finché non troviamo alcuni cavi metallici che ci aiutano nella progressione che sta divenendo sempre più difficoltosa. 

Primi cavi metallici.

Come ho già detto i segni per orientarsi non mancano così come i cartelli che ci ricordano di seguire la "retta via".

"Obbligo di seguire il sentiero".

Dopo pochi minuti raggiungiamo il primo tratto attrezzato ossia un muro di roccia quasi verticale dove sono infissi alcuni scalini metallici. Premetto che il tipo di percorso che andremo ad affrontare è stato attrezzato alla "francese" e ciò significa che i cavi metallici presenti servono soltanto da dispositivi di sicurezza e quindi svolgono la sola funzione di assicurazione; in altre parole i cavi non possono essere utilizzati per avanzare in quanto lasciati laschi tra ancoraggio ed ancoraggio. Dietro questa scelta c'è un motivo logico: in caso di incidente, grazie all'ansa all'inizio di ogni ancoraggio, viene escluso l'impatto a flessione del moschettone sull'ancoraggio stesso che può resistere quindi alle sollecitazioni di una caduta. I cavi saranno tesi soltanto nei traversi in cui è esclusa una caduta da una altezza significativa. 
Agganciati i moschettoni alla prima corda metallica mi appresto a salire aiutandomi con gli scalini notando fin da subito che per raggiungere il primo (posto in alto) devo issarmi con le braccia facendo affidamento solo sulla loro forza: la roccia sottostante è bagnata ed i piedi scivolano come saponette!

Si incomincia!

Superato questo primo tratto "atletico" (ve ne saranno parecchi lungo il percorso...) l'ascesa prosegue normalmente alternando movimenti braccia-gambe: il problema, che notiamo subito, è che la distanza tra un gradino ed il successivo è considerevole e solo distendendo completamente una gamba e piegando all'inverosimile l'altra si riesce a progredire cercando di sfruttare appieno la forza degli arti inferiori. 

 I moschettoni iniziano a scorrere lungo i cavi metallici.

Il "bello" di questa situazione è che le mie gambe sono abbastanza lunghe visti i miei 180cm di altezza: come se la caverebbe una persona più bassa?
In breve tempo raggiungiamo la sommità di questo primo tratto, che è ancora circondato dalla vegetazione, e non facciamo in tempo a rifiatare che ci troviamo di fronte ad un secondo muro quasi identico al primo, anche per il fatto di avere il primo scalino in alto!


Il secondo tratto con scalini.

Mirko in azione sul secondo tratto.

Proseguiamo senza problemi ed alla fine di questo tratto appare tra la vegetazione un nuovo cartello che oltre ad informarci che stiamo seguendo correttamente il tragitto, a breve si apriranno le danze!


"Bravi!!! Se siete giunti fino a qui, significa che avete seguito correttamente le indicazioni. Mantenete sempre attenzione alle pietre ora. Buon divertimento". 

Proseguiamo sulla sinistra salendo con l'aiuto di alcuni cavi metallici per un traverso fra rocce e vegetazione sbucando in un bellissimo anfiteatro naturale: qui per forza di cose si dovrà salire lungo una delle alte pareti che ci circondano! 


All'inizio del traverso attrezzato con cavo metallico.

In uscita dal traverso attrezzato con cavo metallico.


All'ingresso dell'anfiteatro naturale.

Inizia a fare caldo così, riposto il giubbetto dentro lo zaino, continuo a seguire il sentiero che risale il pendio con alcuni tornanti finché termina, all'apparenza, di fronte ad una parete calcarea simile a quelle affrontate finora.


Inizia a far caldo!


I passaggi stanno divenendo via via più impegnativi ma avvengono quasi in automatico e la "pratica" viene disbrigata in breve tempo. 


Le prime fasi di risalita per questo tratto.





Mirko alle prese con gli ultimi scalini.


Dopo pochi minuti di "fatica" sbuco sopra un'ampia nicchia: un'unica nota di cui tener conto, gli ultimi scalini terminano forse troppo presto e per non issarsi di sole braccia con l'ausilio del cavo metallico, strisciando come dei vermi, ho sfruttato una radice come appoggio per il piede sinistro.


Video in oggettiva dell'ultimo tratto attrezzato.

Dopo pochi istanti vengo raggiunto da Mirko e, il tempo di scambiare due parole, mi accingo ad affrontare forse il punto più "atletico" del percorso ossia l'attacco di un'alta parete calcarea diversa dalle precedenti.

Si aprono le danze!

Ora non si gioca più e terminata questa prima fase, chiamiamola di riscaldamento, inizieremo ad arrampicare per degli scalini che ora seguono un percorso pressoché verticale. La roccia in questo punto è addirittura aggettante e benché la distanza fra gli scalini non crei problemi, in questo punto si deve fare affidamento sulla sola forza delle braccia vista la pendenza negativa che si deve vincere in qualche maniera. 
Mi sollevo, gambe penzoloni, con le mani fino la petto e da qui mollo la presa con la mano destra e di slancio afferro lo scalino successivo: bello sforzo!
Sto per ripetere l'operazione con lo scalino successivo quando Mirko, sotto di me, mi fa notare che potrei aiutarmi appoggiando il piede destro sull'ansa che il cavo metallico forma prima del suo ancoraggio: detto, fatto!

Oh issa!




Meglio utilizzare l'ansa formata dal cavo metallico per appoggiare il piede, no?!

Ultimi sforzi prima del termine di questo tratto aggettante.

Così va decisamente meglio e posso proseguire con "minor" sforzo superando questo tratto aggettante, raggiungendo nuovamente la roccia verticale.

Si sale...

L'ascesa continua e sono talmente a mio agio che trovo il tempo e la voglia di fermarmi, prendere la macchina fotografica e scattare qualche foto a Mirko che mi segue qualche decina di metri più in basso.





... in verticale!

L'arrampicata continua, verticale, fino al raggiungimento di un ballatoio dove, attendendo Mirko, mi soffermo ad osservare lo splendido panorama che si gode da questo punto: ad Est svetta il Monte San Vicino, alto come non mai con i suoi 1476 metri da questo angolo impervio ma ad una quota di poco superiore ai 600m.


Momenti di breve relax.


Il Monte San Vicino sullo sfondo.

I miei occhi si soffermano anche sull'ultimo tratto verticale che ci spetta prima del termine di questo magnifico percorso: faccia a monte, alla mia sinistra, vedo gli scalini arrampicarsi fino alla sommità dell'ultimo risalto roccioso passando per uno spigolo da brividi...


Uno sguardo all'ultimo tratto appena percorso.

Intanto Mirko mi raggiunge e di comune accordo decidiamo di continuare sino al termine del tratto attrezzato, la pausa merenda la faremo dopo. 




L'arrivo di Mirko sul ballatoio.

Ora dobbiamo scendere di qualche metro alla nostra sinistra lungo uno scivolo roccioso dove è posizionato a tal proposito un cavo metallico ed un paio di scalini: la roccia anche qui è completamente bagnata e come prima sembra di essere sopra una lastra di ghiaccio per quanto è scivoloso.


La roccia bagnata non agevola la discesa...

Bisogna prenderla con calma, spostando i piedi con accortezza e più che altro sperando che le suole non perdano la presa!


... però con un po' di mestiere si arriva nei pressi della scaletta metallica.

Fila tutto liscio ed in un battibaleno siamo ai piedi dell'ultimo tratto verticale, quello più spettacolare ed esposto.
All'inizio è presente una scaletta d'acciaio ed una volta raggiunta la sua sommità ringrazio la mia altezza che mi fa toccare senza troppo penare il primo scalino che, al secondo tentativo, impugno con la mano sinistra: riesco ad issarmi ed inizio così la risalita per gli scalini che dopo pochi metri mi conducono sopra una piccola cengia dopo posso rifiatare prima del rush finale. 





Passaggio atletico sopra la scaletta metallica.

Rimango fermo neanche per cinque secondi tanta è la voglia e la curiosità di proseguire ed inizio ad arrampicare in verticale seguendo gli scalini che tendono a portarmi verso destra.
Raggiungo lo spigolo e come una falena con la luce non posso fare a meno di guardare verso il basso... 


Uno sguardo verso il basso dallo spigoletto...

Wow, esposizione pazzesca! 
Un brivido mi scuote fino al midollo ma tutto dura meno di un istante: è normale provare queste emozioni, d'altronde sono qui anche per questo, no?
Il mio sguardo ritorna a puntare verso l'alto e mi accorgo che ormai mancano pochi scalini al termine di questo tratto: mi rimetto in movimento e a parte un momento in cui i moschettoni si incastrano in un ancoraggio non ho problemi di sorta e raggiungo il bordo dello sperone roccioso. 
Gli scalini terminano, non il tratto attrezzato che prosegue ancora per qualche decina di metri con l'ausilio di un paio di cavi metallici che mi conducono nuovamente in mezzo al bosco, in una posizione di sicurezza.


Il video integrale dell'ultimo e più spettacolare tratto attrezzato.

E' fatta, ormai per mettere la parola fine a questo magnifico percorso attrezzato manca solo l'arrivo di Mirko: passano pochi minuti e tiro un sospiro di sollievo quando vedo spuntare il suo caschetto bianco dal bordo delle rocce.


Mirko in uscita dall'ultimo tratto attrezzato: è filato tutto liscio!

Il sentiero adesso sale ripido in mezzo al bosco, pressoché in maniera rettilinea, per poi svoltare repentinamente a sinistra proseguendo a mezzacosta: raggiunto il culmine dell'ascesa, quando la pendenza cambia ed inizia a diminuire, decidiamo di fermarci per poter finalmente effettuare la merenda che tanto anelavamo; è anche un'occasione per parlare con calma di quanto vissuto negli ultimi minuti che ancora fa scorrere adrenalina nelle nostre vene.


E' il momento di fare una pausa!

Concordiamo che è stata un'esperienza bellissima, sicuramente da ripetere, magari dopo qualche giorno di caldo continuato in modo da trovare roccia asciutta...
Ci prendiamo tutto il tempo del mondo, dati alla mano sono trascorse poco più di due ore da quando abbiamo lasciato Ormagnano: siamo in anticipo rispetto a quanto preventivato e possiamo oziare sotto questo caldo sole che si sta alzando sempre più in alto.
Dopo quasi una mezz'ora ripartiamo, continuando la discesa, raggiungendo dopo pochi minuti una paretina alla nostra sinistra dove è stata fissata una cassetta metallica: al suo interno sono presenti due quaderni, di cui uno intonso e l'altro con poche pagine scritte. 


La cassetta metallica con il libro di vetta installata dal AL.VA.P. di Pioraco.

Ovviamente appongo la mia firma con data su quest'ultimo e poi richiudo il tutto: da quello che ho visto questo percorso non è stato ancora frequentato da molte persone.


Ancora cavi metallici.

Riprendiamo la marcia constatando che non è per niente finita con i cavi metallici, il sentiero infatti diviene ripido ed esposto ed è per questo che alcune funi state installate per proseguire in sicurezza. 


Ormai è fatta!

Questo tratto, oltretutto scoperto, termina dopo aver superato un paio di ripidi tornanti quando il percorso si rituffa all'interno del bosco: stavolta abbiamo veramente finito con i cavi metallici!


In questo punto si intercetta il sentiero n.241-A.

Attraversato un tratto di sfasciume, forse provocato dalle scosse sismiche del 2016, risaliamo di qualche metro raggiungendo un bivio con segnavia: proseguendo sulla destra si raggiunge la vetta del Monte Primo per il n.241-A ; proseguendo a sinistra, sempre per il medesimo sentiero, in pochi minuti saremo nuovamente ad Ormagnano.

Il sentiero divenuto carrareccia poco dopo il bivio.

La discesa prosegue, senza alcun problema, per quella che ora è divenuta una carrareccia che ci riporterà dove è parcheggiata la nostra auto, chiudendo questo percorso ad anello e mettendo la parola fine a questa che, anche in questa circostanza, è stata una magnifica avventura.


Nuovamente ad Ormagnano.





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