Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


mercoledì 30 novembre 2016

Piramide Vincent 4215m per la Via Normale

"Finalmente si parte e la nostra marcia inizia risalendo il ghiacciaio di Garstelet ed attraversando il plateau glaciale a destra del rifugio "Capanna Gnifetti" (3647m) che si erge su di una balconata rocciosa alla nostra sinistra. La prima parte del percorso odierno è la stessa che seguiremo domani, e si sale in direzione Nord, verso il Colle del Lys (4248m), al cospetto della seraccata della "Piramide Vincent" e del "Cristo delle Vette": oggi svolteremo prima, sulla destra, seguendo la normale che conduce alla vetta della "Piramide Vincent" (4215m)..."



Trenta Giugno 2016
Partenza dal "Rifugio città di Mantova" (3498m) ore 07:36
Rientro al "Rifugio città di Mantova" ore 13:38
Durata totale escursione: 6h 02' (pausa presso il rifugio "Gnifetti" di 2h 17')
Tempo di marcia: 3h 45'
Distanza percorsa: 6,1 Km circa
Grado di difficoltà: F
Vette raggiunte: 4215m Piramide Vincent 
Quota massima: 4215m Piramide Vincent
Dislivello in salita: 732m circa
Dislivello in discesa: 729m circa
Monte Rosa su Wikipedia
Ghiacciaio di Indren su Wikipedia
Piramide Vincent su Wikipedia
Rifugio Capanna Gnifetti su Wikipedia
Rifugio Città di Mantova su Wikipedia



Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.

 


Percorso:
Dal rifugio "Città di Mantova" si risale il  ghiacciaio di "Garstelet" (parecchi crepacci nascosti) lasciando sulla sinistra il rifugio "Capanna Gnifetti" (3611m): questo tratto iniziale presenta pendenze accentuate fino al "Colle Vincent" (4088m). Si prosegue tenendo sempre la destra e con un paio di ampi tornanti si tocca la vetta della "Piramide Vincent" (4215m).
Per il ritorno è stato seguito lo stesso percorso in maniera inversa facendo tappa al rifugio "Capanna Gnifetti".



Relazione:
Piccola parentesi scientifica.
Il mal di montagna (AMS, Acute Mountain Sickness) è un disturbo che di norma si manifesta in alta quota (per la precisione sopra i 2500m di altezza) dovuto alla bassa pressione atmosferica che rende l'aria povera di ossigeno.
Questa fenomenologia fortunatamente non colpisce tutti quelli che si recano al di sopra queste altezze, c'è da dire però che può manifestarsi anche in persone in ottimo stato di salute se non perfettamente allenate ed abituate a queste altitudini.
I sintomi sono generalmente fastidiosi e nelle prime fasi non pericolosi: mal di testa, vomito, nausea, spossatezza, stordimento ed insonnia. Condizioni che tendono a sparire nel giro di qualche ora se si torna a quote inferiori. Una buona regola è quella di salire di non oltre 300 metri al giorno per permettere al nostro organismo di adattarsi ed acclimatarsi; per evitare o minimizzare i sintomi del mal di montagna è meglio evitare di svolgere sforzi intensi e prolungati, si deve bere molto e bisognerebbe mangiare carboidrati (garantiscono un apporto di energia ed ossigeno maggiore di quanto non facciano ad esempio i lipidi). 
Per altre informazioni e per la descrizione delle forme più gravi di ipossia rimando a Wikipedia dove tutto viene spiegato nei dettagli.
Chiusa parentesi.

Questa notte non ho dormito bene: il caldo, l'insufficiente ricambio d'aria, i continui rumori ed il viavai delle persone... Fortunatamente sto bene, a qualcuno è andata peggio: c'è chi è dovuto addirittura scendere di quota perché affetto da gravi sintomi del mal di montagna; altri hanno vomitato; qualcuno ha dei fortissimi mal di testa.

Il mio posto letto.

Questa era l'incognita che accompagnava i miei pensieri, la risposta che il mio corpo invece ha dato è stata positiva: la buona predisposizione del mio fisico insieme agli allenamenti ed escursioni svolti in quota hanno portato a questo risultato.
Svogliatamente mi vesto e mi preparo: sto nella branda inferiore di un letto a castello, praticamente al livello del pavimento, e svolgere anche le operazioni più semplici e banali è di una scomodità estrema. Era da tanto che non dormivo in una sala comune e devo dire che la cosa non mi mancava più di tanto, però questo è il prezzo da pagare per quello che avrò la possibilità di ammirare, o almeno così spero visto le pessime previsioni meteo per questa mattina.

Il massiccio del Rosa ed in particolare il ghiacciaio della parete Sud del Lyskamm visti dal rifugio "Città di Mantova".

Oggi salirò sul mio primo quattromila, se tutto fila liscio toccheremo la vetta della "Piramide Vincent" (4215m) e se il tempo ce lo consente anche un altro...
Il gran giorno sarà domani, quando saliremo sui 4554m del rifugio più alto d'Europa, ossia la famosissima "Capanna Regina Margherita" situato sulla "Punta Gnifetti": quella di oggi è una sorta di prova generale, uno stress-test per il nostro corpo e non solo.
Ieri è stata una lunga giornata, per me iniziata con il viaggio in automobile fino ad Alagna Valsesia (quasi 6 ore), poi l'incontro con gli altri componenti della spedizione, il controllo materiali, la lunga attesa per la funivia, la salita fino al ghiacciaio di Indren e l'ascesa fino al rifugio " Città di Mantova" (la mia "casa" per un paio di giorni).

"Cavi nella nebbia..."

Come dicevo, da Alagna Valsesia abbiamo preso gli impianti di risalita per il "Passo Salati" che sono suddivisi in due tratti: la telecabina (primo tratto) fino a Pianalunga (2050m) e poi la funivia "Funifor" (secondo tratto) che ci ha portato al "Passo Salati"(2980m).

La stazione della funifor al "Passo Salati" (2980m).

All'arrivo di quest'ultima ci siamo diretti verso la stazione d'arrivo della telecabina che sale da Gressoney, e, proseguito per altri 100 metri, abbiamo preso la nuova funivia che ci ha portato direttamente al ghiacciaio di Indren. 
Da qui, dico finalmente, abbiamo iniziato a camminare: infatti per raggiungere il rifugio "Città di Mantova" bisogna attraversare una parte del ghiacciaio. Le brave, quanto competenti guide alpine di Alagna Valsesia, che ci accompagneranno in questa avventura, ci fanno calzare i ramponi: il nostro gruppo è variegato e qualcuno è completamente a digiuno riguardo il loro utilizzo; questo breve tratto servirà loro anche per valutare le nostre capacità alpinistiche e di conseguenza per comporre le cordate dei giorni successivi.
Abbiamo iniziato a salire per l'evidente traccia che tra le nuvole basse ed in leggera salita attraversa il ghiacciaio: in circa 20 minuti siamo arrivati ad un bivio dove il percorso si divide in due. 

Il passaggio sulle rocce.

Noi abbiamo preso la via più in basso ed in pochi minuti ci ritroviamo ad affrontare una barriera rocciosa dove sono posizionate delle corde fisse (lunghe una quindicina di metri). 

Traverso su ghiaccio poco prima dell'ultima erta che ci condurrà al rifugio "Città di Mantova".

Terminato questo breve traverso su di un terreno misto roccia-neve abbiamo ripreso a salire, con pendenza più accentuata fino a portarci al rifugio "Città di Mantova" (3498m) che troviamo "appoggiato" sulle rocce alla nostra sinistra.  

Arrivo al rifugio "Città di Mantova" (3498m).

Tornando al presente, preso da questi pensieri, senza neanche accorgermene ho terminato la fase di "vestizione" e sono pronto per andare in bagno prima e far colazione poi.

Panoramica dalla balconata del rifugio "Città di Mantova". Foto scattata poco prima della partenza.

Alle 7:30 sono fuori dal rifugio, ramponi calzati, con gli altri compagni, in attesa di essere legati dal nostro capo-cordata: non conosco praticamente nessuno ma questo è un aspetto secondario, dopo 10 minuti di marcia è come se ci conoscessimo da una vita. 
La nostra cordata è composta nell'ordine da Andrea Enzio, responsabile delle guide alpine di Alagna Valsesia, Alberto Salvati, Pietro Passaretti, il sottoscritto, Emiliano Chiani e Danilo Davack.
Finalmente si parte e la nostra marcia inizia risalendo il ghiacciaio di Garstelet ed attraversando il plateau glaciale a destra del rifugio "Capanna Gnifetti" (3647m) che si erge su di una balconata rocciosa alla nostra sinistra. La prima parte del percorso odierno è la stessa che seguiremo domani, e si sale in direzione Nord, verso il Colle del Lys (4248m), al cospetto della seraccata della "Piramide Vincent" e del "Cristo delle Vette" (o "Balmenhorn"): oggi svolteremo prima, sulla destra, seguendo la normale che conduce alla vetta della "Piramide Vincent" (4215m).

La seraccata della "Piramide Vincent".

Andrea mette subito in chiaro che la cadenza che lui terrà non sarà eccessivamente spinta, sarà sempre costante e senza pause frequenti: il vecchio proverbio "chi va piano va sano e va lontano" qui calza alla perfezione ed anche se partiamo dalle retrovie piano piano raggiungiamo e superiamo tutte le cordate che ci precedono, una dopo l'altra. Andrea conosce questo ghiacciaio alla perfezione, anche se la visibilità ogni tanto diminuisce lui sa sempre dove proseguire e a volte ci ritroviamo a calpestare del terreno non tracciato: "Andrea, come mai non seguiamo le tracce percorse dagli altri?".
Con la calma e la pacatezza che contraddistinguono il suo carattere ci risponde che non seguiamo questi percorsi perché facendo così andremmo "fuori sentiero", ci sforzeremmo di più e, cosa più importante, passeremmo troppo vicino a dei seracchi andando a calpestare delle aree crepacciate ancora ben celate dall'ultima neve.

"I paesaggi nei quali ci muoviamo hanno un unico fattore comune, ossia il colore bianco del terreno e l'azzurro del cielo (quando si mostra)..."

Non c'è nulla da fare, bisogna lasciarsi condurre dalle persone giuste, esperte e competenti ma più che altro che conoscono a menadito il "terreno" dove si articolerà il percorso, gente del "posto" tanto per intenderci.
I paesaggi nei quali ci muoviamo hanno un unico fattore comune, ossia il colore bianco del terreno e l'azzurro del cielo (quando si mostra): voltandoci ogni tanto si intravedono le valli sottostanti dove sembra non ci siano problemi di maltempo ed i colori predominanti sono quelli di una giornata tipica di inizio estate.

"...si intravedono le valli sottostanti dove sembra non ci siano problemi di maltempo ed i colori predominanti sono quelli di una giornata tipica di inizio estate."

La nostra avanzata è costante e l'unico tra noi che si trova in difficoltà è Pietro: la sua notte è stata insonne facendo spola tra il bagno ed il letto ed ora un fastidioso mal di testa lo accompagna in quello che per lui non è un divertimento. A completare il quadro ci si mettono anche i suoi ramponi, "cinesi" come li ha definiti Andrea: non sono proprio di ottima fattura e questo si traduce nel fatto che sono molto "ballerini" e non vogliono rimanere a contatto con gli scarponi sfilandosi di continuo. Pietro però stringe i denti e avanza, avanza... 
Superiamo una serie di dislivelli irregolari  (la pendenza qui raggiunge i 35 gradi) finché non raggiungiamo la conca nevosa sottostante il "Balmenhorn" (4167m) ed  è proprio qui che abbandoniamo la traccia principale, che procede verso il "Colle del Lys", piegando verso destra, salendo lungo un avvallamento in direzione del "Colle Vincent" (4088m). Il meteo sta peggiorando, le nuvole corrono veloci sopra di noi, la nostra meta sempre più vicina in alto alla nostra destra: non dovrebbe mancare più di tanto, credo ce la possiamo fare. La pendenza adesso è più accentuata ma questo non rallenta il nostro passo: un paio di lunghi tornanti e ci siamo!

Senza troppi patemi alle ore 9:59 tocchiamo la vetta della "Piramide Vincent", quattromiladuecentoquindici metri! Il mio, il nostro primo quattromila (ovviamente per Andrea no)!

Altre cordate in arrivo, tra poco scendiamo!

Abbiamo solo il tempo di scattare poche fotografie che Andrea ci esorta a riprendere posizione cercando di non calpestare la nostra corda (rigorosamente rosa!): il vento è molto forte e non sappiamo cosa potrebbe accadere a breve. 

In posa! Da sinistra verso destra Andrea, Alberto, Pietro, il sottoscritto, Emiliano e Danilo.  Grazie della foto a Danilo Davack.

Il "Corno Nero", alla nostra sinistra, sta per essere coperto dalle nuvole, tra poco anche qui sarà la stessa cosa, meglio sbrigarsi a scendere. Percorriamo velocemente i tornanti che ci hanno condotto pochi minuti fa sulla cima e poi di buon passo giù, seguendo la pista percorsa poc'anzi.

Il "Corno Nero" (4322m).

D'un tratto la visibilità cala fino a pochi metri e siamo investiti da un fitto nevischio che inizia a vorticare intorno a noi: la traccia a volte si perde in questo inferno bianco e personalmente avrei avuto dei problemi di orientamento in queste condizioni, Andrea invece dalle retrovie guida Danilo, che è in testa, senza alcun problema.

"... e siamo investiti da un fitto nevischio che inizia a vorticare intorno a noi: la traccia a volte si perde in questo inferno bianco..."

Questo infonde in noi sicurezza ed anche in queste condizioni di "buio" procediamo velocemente raggiungendo in breve tempo delle ombre, che, delineandosi, ci mostrano la sagoma di un rifugio, non la nostra "base" ossia il "Città di Mantova", bensì il rifugio "Capanna Gnifetti". Andrea ci dice che faremo una pausa qui mentre aspettiamo tutte le cordate che faranno ritorno qui. L'accesso al rifugio non è tra i più semplici, bisogna superare un traverso di una cinquantina di metri su roccia e ghiaccio attrezzato con cavi metallici: l'esposizione è notevole e sotto l'area è crepacciata, meglio non pensare alle conseguenze di una eventuale caduta...


Da "La Repubblica di Torino" del 14 Agosto 2016


"Cadono in un crepaccio, un morto e due feriti sul Monte Rosa
Aosta: la vittima è un noto distillatore di grappe del Canavese

Un'altra sciagura sulle montagne di Nord Ovest. Un alpinista è morto stamattina e altri due sono rimasti feriti dopo essere caduti in un crepaccio sul ghiacciaio Indren, nel massiccio del Monte Rosa. L'incidente è avvenuto a quota 3.400 metri, in fondo al canale sotto il rifugio Gnifetti, nel crepaccio terminale. Soccorsi dagli uomini del soccorso alpino valdostano sono stati trasportati in elicottero all'ospedale Parini di Aosta: il più grave, un uomo di 61 anni, è morto in sala operatoria. Si chiamava Carlo Revel Chion, abitava come gli altri due alpinisti a Chiaverano, nell'Eporediese. Era l'ultimo della cordata, ha fatto un volo di duecento metri. L'uomo, insieme con il fratello Alessandro, era il proprietario dell'omonima distilleria canavesana che produce alcune delle grappe più  note del Piemonte. Un'azienda con una storia ultracentenaria che ha avuto un rilancio proprio nella gestione degli ultimi anni. Grande appassionato di montagna Revel Chion, era in cordata con altre due persone, M.C. di 54 anni e il figlio di quest'ultimo di 16. Entrambi stanno bene, il ragazzo è già stato dimesso dall'ospedale Parini di Aosta, mentre l'uomo è tenuto in osservazione per alcune ferite al volto, ma dovrebbe tornare a casa già in serata."

La targa di legno posta sopra l'ingresso del rifugio "Capanna Gnifetti". Grazie della foto a Danilo Davack.

Superiamo questo delicato passaggio senza intoppi ed in pochi minuti siamo al cospetto dell'accogliente ingresso del rifugio: togliamo i ramponi ed entriamo venendo subito accolti da una gradevole atmosfera. Pensavo dovevamo rimanere per poco tempo, invece tra buon cibo, chiacchiere, e la lunga attesa per le altre cordate siamo rimasti per quasi due ore e mezza! Meglio così, domani ci aspetta "Punta Gnifetti" e bisogna rilassarsi il più possibile...

La "Piramide Vincent" vista scendendo dal "Colle del Lys": si nota la traccia che conduce fino alla sua vetta.
Fotografia scattata il giorno successivo a quello di questa ascesa, ossia Punta "Gnifetti" - Capanna Margherita 4554m.

Alle ore 13:20 dopo aver bevuto e mangiato a sazietà, usciamo dal rifugio e, calzati i ramponi, riprendiamo la nostra discesa per il rifugio "Città di Mantova" che avviene nel migliore dei modi. 

Il rifugio "Città di Mantova" visto dalla balconata del rifugio "Capanna Gnifetti".

La soddisfazione per la meta conquistata è grande però adesso siamo in fase di attesa: l'incertezza è dovuta alle condizioni meteorologiche. 

Tramonto dal rifugio "Città di Mantova", in primo piano il cosiddetto "naso" del Lyskamm.

Come sarà il tempo domani? Riusciremo a salire al rifugio "Capanna Regina Margherita"? L'avventura con i quattromila prosegue con Punta "Gnifetti" - Capanna Margherita 4554m.





Link per album Fotografico su Google Foto







Galleria fotografica in preparazione.









mercoledì 16 novembre 2016

Monte Bicco e Cime del Monte Bove

"... l'intenzione è quella di percorrere l'anello in senso antiorario, toccando quindi la vetta del Bicco ad inizio escursione: l'ascesa alla "piramide" avverrà per la sua cresta Ovest, quella più esposta, dove si dovranno affrontare dei brevi passaggi su roccia..."



Sedici Ottobre 2016 
Partenza dall'Hotel Felycita di Frontignano (1325m) ore 7:10
Rientro all'Hotel Felycita di Frontignano ore 13:16
Durata escursione 6h 06' 
Lunghezza tragitto: 11,9 km circa
Grado di difficoltà: EE
Dislivello in salita: 1174m 
Dislivello in discesa: 1268m 
Vette da raggiunte: 2052m Monte Bicco (omino di pietre), 2169m Monte Bove Sud (omino di pietre), 1905m Croce di Monte Bove (croce di ferro)
Quota massima: 2169m Monte Bove Sud
Monti Sibillini su Wikipedia
Monte Bove su Wikipedia
Monte Bicco su Wikipedia




Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.



Percorso:

Partenza dall'Hotel Felycita di Frontignano (1325m) seguendo il sentiero del Parco n.272 (segni bianco-rossi) che scende per una ripida stradina alla sinistra del parcheggio prospiciente l'Hotel. Al bivio con il sentiero del Parco n.270 nei pressi della fonte di "Val di Bove" (1597m) si prosegue sulla destra continuando sul sentiero n.272. Dopo aver percorso il lungo costone che segue la base rocciosa  del "Monte Bicco" (2052m) si arriva ad un bivio: si segue il sentiero non segnalato n.16 che sale sulla cresta rocciosa del "Bicco",  alla sinistra. Giunti in vetta si scende per la breve cresta di Nord-Est raggiungendo il bivio con il sentiero del Parco n.271 che si segue fino alla cima del "Monte Bove Sud" (2169m). Da qui si prosegue per il sentiero del Parco N.270 che fiancheggia la base del "Monte Bove Nord (2112m): l'accesso alla vetta ed alle pareti rocciose del "Monte Bove Nord" è consentito solo nel periodo invernale (dal 1 Novembre al 30 di Aprile) per la tutela del Camoscio appenninico e della nidificazione dell'Aquila reale.
Si raggiunge il bivio con un sentiero non segnalato e senza numero che conduce alla vetta della "Croce di Monte Bove" (1905m) e da qui, tornati indietro, si ridiscende fino alla fonte di "Val di Bove" per il sentiero del Parco n.270 dove si prende nuovamente il sentiero del Parco n.272 che conduce nuovamente al punto di partenza.




Dedicato alla memoria di Serena 

Relazione:
Finalmente una finestra di bel tempo arriva ad allietare un fine settimana, l'occasione è ghiotta ed è da prendere al volo. Come al solito però il tempo a disposizione è sempre limitato così opto per un'escursione che duri al massimo 6-7 ore, da svolgere nella mattinata; a questo punto l'itinerario viene da se ed è uno di quei punti rimasti in sospeso ai quali devo dare una risposta, giusto per far tacere una delle tante "vocine" che me lo fanno ricordare. 
Quasi un anno fa avevamo compiuto l'anello della Val di Bove toccando tutte le cime che la circondano (Croce di Monte Bove, Monte Bove Nord, Monte Bove Sud e Monte Bicco Invernale) e proprio alla fine del percorso, che avevamo compiuto in senso orario, eravamo rimasti con le batterie degli smartphone scariche... Che rabbia, proprio in vetta al Monte Bicco ci siamo ritrovati impossibilitati a scattare fotografie! Bene, oggi è l'occasione giusta per rimediare, visto che l'intenzione è quella di percorrere l'anello in senso antiorario, toccando quindi la vetta del Bicco ad inizio escursione: l'ascesa alla "piramide" avverrà per la sua cresta Ovest, quella più esposta, dove si dovranno affrontare dei brevi passaggi su roccia, non vedo l'ora! Il fatto poi di essere in pieno autunno ci darà la possibilità di ammirare dei panorami stupendi contraddistinti dagli splendidi colori che solo questa stagione sa donare. 


I contrafforti rocciosi della "Croce di Monte Bove" visti dalle "Macchie di Bicco".

Alle 7:00 esatte parcheggio la mia auto di fronte all'Hotel Felycita di Frontignano. Oggi non affronterò in solitaria questo percorso come inizialmente preventivato, dopo la positiva esperienza dell'ultima escursione, ossia quella a fini benefici del 2 Ottobre scorso (Uniti per Castelsantangelo sul Nera - Escursione solidale al Monte Vettore), sarò io ad essere accompagnato da due gentili dame che all'ultimo minuto hanno avuto il "coraggio" di unirsi a me: ho scoperto di avere la fama di essere un "mulo", di essere uno "stacanovista" della montagna, uno che si inerpica per sentieri senza batter ciglio...
Niente di più sbagliato, come spesso ripeto è solo una questione di allenamento e di tenacia, come si dice dalle mie parti di "tigna": certo, il fatto di aver praticato sempre sport a livello agonistico mi da una grossa mano però questo non significa che quando vado insieme ad altre persone per monti mi metto lì a dare ordini o a punzecchiare nel di dietro gli altri se non marciano seguendo il mio ritmo, anzi, sono io che mi adatto a quello altrui... Beh, ad essere onesti qualche volta è capitato, ma solo con chi mi conosce da parecchio tempo e con il quale ho un rapporto lungo e consolidato a prova di bomba: Mirko, tu ne sai qualcosa, vero?
Come dicevo Lucia ed Assunta mi accompagneranno oggi per questa escursione: la prima la conoscete già dopo l'escursione del Lago di Pilato e "Laghetto" di Palazzo Borghese da Foce di Montemonaco; la seconda invece la conosceremo insieme in quest'occasione. L'uso del verbo accompagnare in questa circostanza è da intendersi da parte del sottoscritto non come il soggetto che compie l'azione, ma come l'oggetto della stessa: Lucia conosce a menadito i Sibillini, Assunta dal canto suo è un'aspirante Accompagnatrice di Media Montagna, ne consegue che oggi sono in buone mani!
Alle 7:10 inizia il nostro cammino imboccando il sentiero 272 che scende per una ripida stradina alla sinistra del parcheggio prospiciente l'Hotel Felycita. Rispetto a quasi un anno fa l'atmosfera è completamente diversa, oggi è un'esplosione di colori caldi ad essere protagonista e la nostra marcia prosegue sotto le fronde degli alberi colorate d'autunno delle "Macchie di Bicco". 

"... sotto le fronde degli alberi colorate d'autunno delle "Macchie di Bicco".

Dopo un paio di chilometri usciamo dal bosco e la pendenza del sentiero inizia a crescere; adesso il fondo è disomogeneo e la progressione è resa discontinua dai numerosi sassi, "sassini" e "sassetti" che a volte intralciano il nostro progredire. Raggiungiamo un punto dove il sentiero è sbarrato da una recinzione, a tal proposito bisogna ricordare che ancora ci sono molti animali al pascolo visto che la stagione autunnale è appena agli inizi: per oltrepassare questo sbarramento osserviamo che ai suoi lati sono presenti dei cancelletti tenuti chiusi tramite del fil di ferro. Apriamo quello alla nostra sinistra ed una volta oltrepassato lo richiudiamo alle nostre spalle, per poi proseguire seguendo la traccia sempre ben visibile. 


La prima meta della giornata inizia a delinearsi.

Dopo aver oltrepassato un crestone raggiungiamo la parte superiore della "Val di Bove" e qui il terreno diventa erboso: alla nostra sinistra vediamo l'omonima fonte (1597m) e per prati proseguiamo tenendoci in direzione Ovest. La traccia a volte si perde tra la terra, il fango e le numerose defecazioni degli animali al pascolo (mucche, cavalli); questo però non è un problema, infatti alla nostra destra è ben visibile il sentiero che taglia di traverso la base del Monte Bicco salendo fino alla base della sua "piramide" rocciosa. Poco dopo riprendiamo la traccia e dopo aver camminato per prati in un terreno pianeggiante, ricominciamo a salire sempre seguendo il sentiero 272: non abbiamo incrociato il bivio con il sentiero n.270, poco importa, siamo comunque nella direzione giusta!


Alla base della piramide rocciosa del "Bicco".

Lo sforzo sinora sostenuto non è stato eccessivo ed una bella atmosfera ci accompagna nel nostro cammino: si parla del più e del meno e nei brevi momenti in cui vado in avanscoperta ho anche la possibilità di godere in solitudine di tutto ciò che mi circonda. Durante questi momenti sento le mie due accompagnatrici conversare e non oso minimamente intromettermi nei loro discorsi, anche perché grazie a questo ho altro a cui pensare... 

Piccola parentesi.
All'improvviso una fortissima sensazione di dejavù mi colpisce togliendomi quasi il fiato: sento come un vuoto alla bocca dello stomaco, dal quale i ricordi iniziano a sgorgare con intensità sempre più crescente. Ritorno con la mente a parecchi anni fa, quando con le mie amiche Federica, Ilenia e Serena chiudevamo il "serpentone" di persone che stavano salendo lungo la Valle del Lago di Pilato per raggiungere il lago omonimo: dopo aver affrontato le "Svolte" c'era scoramento in loro per lo sforzo effettuato e dalle posizioni di testa ero passato alle retrovie proprio per dar loro supporto sia fisico che morale. Anche in quella circostanza c'erano degli attimi in cui avanzavo per controllare il sentiero e quando mi facevo raggiungere le sentivo immerse nelle loro "chiacchiere tra donne" nelle quali non avevo nessuna intenzione di prendere parte, proprio come oggi. Ascoltavo, a volte anche sorridendo, invece oggi c'è veramente poco da ridere se ripenso a quella circostanza... 

Dal "Corriere Adriatico" del 21 Agosto 2016

"Montemarciano: Serena, 38 anni
Stroncata da un malore in vacanza

Montemarciano - Una vacanza terminata in tragedia per Serena Tiribelli, morta sabato a Trento in seguito alle complicazioni di un arresto cardiaco che l’aveva colpita nei giorni scorsi. La donna, moglie dell’avvocato Emanuele Paladini, vicesindaco nel primo mandato di Liana Serrani, lascia due bambine.
La donna era stata soccorsa con l’elicottero appena avvertito il malore e i sanitari avevano deciso di trattenerla a Trento, troppo rischioso, viste le sue condizioni, farla rientrare nelle Marche. Le sue condizioni di salute, sempre molto gravi, sono però peggiorate ieri quando il suo giovane cuore ha smesso di battere."

L'estate che ci siamo lasciati da poco alle spalle è stata per me una delle più brutte della mia vita: lutti e tragedie si sono susseguiti con una cadenza a dir poco impressionante. Proprio il 24 Agosto, il giorno dei funerali di Serena, ci sono state poi le prime grosse scosse di terremoto che hanno sconvolto il centro Italia e che non sembrano intenzionate a placarsi, distruggendo le vite delle povere persone che ne sono coinvolte. 
La morte di Serena mi ha devastato, si, il termine giusto è proprio questo: il giorno del funerale non so quanto ho pianto insieme a tutti gli amici, i genitori e sua sorella Silvia con la quale ho un altrettanto lungo e consolidato rapporto di amicizia. Negli ultimi anni c'eravamo persi un po' di vista, come capita d'altronde "grazie" a questa vita frenetica che ci trascina in direzioni che magari neanche vorremmo prendere: come già dissi in uno dei post precedenti i miei anni dal 2010 al 2015 sono stati vissuti in giro per il mondo causa lavoro. Esperienze che mi hanno segnato profondamente, positivamente ma anche negativamente: uno dei lati peggiori in tutto ciò è stato che la mia vita sociale in patria ha avuto un lento e graduale declino. Ho guadagnato tanto in termini di conoscenza ma di contraltare ho perso parecchie occasioni per stare insieme ad amici, parenti ecc... "Come mai non c'è Gianluca? In quale parte del mondo è questa volta?". Troppe volte mia moglie ha dovuto rispondere a questi interrogativi e troppe volte ci siamo parlati tramite il freddo schermo di un PC o di un tablet lontani migliaia di chilometri. I rapporti, per mantenerli vivi, vanno coltivati e non è facile farlo in queste condizioni.
La cosa però che mi dava tranquillità è che sapevo che tutti stavano bene, nessuno aveva problemi (intendo di salute): con Silvia ci eravamo incontrati un paio di estati fa e si era deciso di organizzare una rimpatriata quando i nostri "pargoletti" ce l'avrebbero permesso; anche il fatto di avere bimbi piccoli in famiglia vuoi o non vuoi vincola maggiormente la tua vita sociale, mica ti puoi permettere di tirare fino a tardi quando tuo figlio dovrebbe dormire in un letto... e così via.
Poi è arrivata questa "mazzata", così, all'improvviso, a farmi capire ulteriormente quanto il nostro vivere su questa terra sia estremamente fragile e legato ad infinite variabili che ne determinano la prosecuzione o meno.
Come spesso accade in queste circostanze, un motivo inizia ad andare in "loop" nella mia mente...

The Long and Winding Road (La strada lunga e tortuosa)


Musica e testo di Paul McCartney 


The long and winding road

That leads to your door
Will never disappear
I've seen that road before
It always leads me here
Lead me to your door

The wild and windy night

That the rain washed away
Has left a pool of tears
Crying for the day
Why leave me standing here
Let me know the way

Many times I've been alone

And many times I've cried
Any way you'll never know
The many ways I've tried

But still they lead me back

To the long winding road
You left me standing here
A long long time ago
Don't leave me waiting here
Lead me to your door

But still they lead me back

To the long winding road
You left me standing here
A long long time ago
Don't keep me waiting here
Lead me to your door
Yeah, yeah, yeah, yeah


La strada lunga e tortuosa

che conduce alla tua porta
non scomparirà mai
quella strada l’avevo già vista prima
Mi conduce sempre qui
mi conduce alla tua porta

La notte selvaggia e ventosa
che la pioggia ha lavato via
ha lasciato una pozza di lacrime
a piangere per il giorno
perché lasciarmi qui in piedi
Fammi conoscere la via

Molte volte sono rimasto solo
e molte volte ho pianto
Ad ogni modo, tu non conoscerai mai
le molte vie che ho provato

Ed ancora mi riportano indietro
alla strada lunga e tortuosa
dove mi hai lasciato
tanto, tanto tempo fa
Non lasciarmi qui in attesa
conducimi alla tua porta

Ed ancora mi riportano indietro
alla strada lunga e tortuosa
dove mi hai lasciato in piedi
tanto tanto tempo fa.
Non lasciarmi qui in attesa
Conducimi alla tua porta

Traccia 3 del lato B dell'album "Let It Be" (1970) dei Beatles

Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.



L'interpretazione di George Michael di The Long and Winding Road, in occasione del concerto alla memoria di Linda McCartney "Here, There and Everywhere" (Royal Albert Hall, Aprile 1999).


Ovviamente la triste melodia accompagnata dal tono drammatico delle liriche riflettono in maniera inequivocabile lo stato d'animo che mi pervade: dovrebbe essere una giornata di gioia, sono tra i miei amati Sibillini ma ciò non mi consola. Non posso fare a meno di pensare a quanto accaduto alla povera Serena, strappata da questa terra proprio nel momento di massimo splendore della sua vita... Forse è meglio che torni a parlare di questo brano musicale che da ora in poi, gioco forza, mi fare pensare a lei tutte le volte che lo ascolterò. 
Dicevo una bellissima canzone, come d'altronde tutte quelle dei Beatles, questa però non ha un testo "leggero", qui non si parla di "frivolezze" come accadeva per le loro prime produzioni discografiche: gli argomenti trattati in questo brano, così come tutti quelli che riguardano gli ultimi anni del gruppo, affrontano temi più maturi, cosa che si consoliderà maggiormente nelle carriere solistiche che i membri della band avrebbero intrapreso poi.
Il messaggio di "The Long and Winding Road" è semplice: si incita l’ascoltatore a non demordere dai suoi scopi, anche se la via da percorrere presenta degli ostacoli ed è l'unica che abbiamo a disposizione per raggiungere la nostra meta. Poi che si tratti di obiettivi di vita, amore, amicizia ecc... poco importa: quando Paul ha scritto questa canzone ha centrato l'obiettivo, ossia generare quella sorta di empatia tra il compositore e l'ascoltatore, effetto che si ottiene "sfumando" le parole ed i significati e lasciando un po' di libertà interpretativa.
Per quel che riguarda l'ispirazione diciamo che in questa circostanza è molto facile trovare riscontri: McCartney quando doveva scrivere e comporre canzoni si rifugiava in uno dei cottage di sua proprietà sperduto tra le campagne scozzesi e, proprio per raggiungere uno di questi luoghi, bisognava per l'appunto percorrere una "strada lunga e tortuosa"; l'altra invece, più metaforica, è stata quella che ha condotto inesorabilmente alla fine dei Beatles che si è consumata proprio grazie a questo brano ri-arrangiato e pubblicato in maniera diversa da come invece auspicato dall'autore.
Ho inserito il link della versione del 2002 di George Michael, perché ritengo questa performance una delle migliori interpretazioni di questo brano, oltretutto dal vivo, registrata in occasione del concerto tributo a Linda McCartney del 1999 per la sua morte; riguardo l'arrangiamento poi è minimale e si avvicina a quello che Paul avrebbe voluto nel lontano 1970.
Ricollegandomi alla morte di Serena tutto quello che l'inconscio aveva manifestato ha trovato senso: quello che provai la vigilia dell'ascesa al Monte Bianco (vedi post In vetta al tetto d'Europa, la traversata del Monte Bianco 4810m con salita per la "Via dei Trois Mont Blanc" e discesa per la "Via dell'Aiguille du Goûter") era una sorta di premonizione su un qualcosa di negativo che sarebbe accaduto e non che era già successo come avevo erroneamente interpretato (la morte di Pietro avvenuta poche settimane prima). 
Serena ora non è più tra noi, e, come dice sua sorella Silvia, dove sta adesso avevano bisogno di una madre speciale come lei: come vorrei avere la sua convinzione, come vorrei avere la sua fede...
All'inizio volevo raccontare in questo post di alcune delle esperienze ed emozioni vissute insieme, volevo celebrare questi ricordi, poi mi sono reso conto invece che quanto di bello condiviso deve rimanere impresso solo nei nostri cuori e fissato per l'eternità tra le stelle, da dove, ogni tanto, lei ci starà osservando...
Per certi versi sono fortunato, ora non ho più un solo angelo custode che mi protegge, ne ho due: magrissima e amara consolazione...
Questo è quello che lei mi scriveva in una lettera del lontano 22 Settembre 1995:

"... Ora sono convinta più che mai che sarai tu ad avere dalla vita tutto ciò che meriti (il meglio) perché sai mettere a frutto le qualità che possiedi.  Sarà la fiducia che hai in te stesso o forse la buona disposizione che hai verso tutto ciò che ti circonda che ti porta a far questo. Ma non importa come ci sei arrivato, l'importante è che ci riesci..."

Addio Serena, ci manchi... a presto.

Chiusa parentesi.
Dopo aver percorso un lungo traverso raggiungiamo la base "rocciosa" del "Bicco" e qui non seguiamo il sentiero n.272 che scende alla nostra destra, bensì prendiamo il il sentiero non segnalato 16 alla nostra sinistra che sale tra le rocce, praticamente in cresta: adesso inizia il divertimento, da quello che ho letto ci sono dei passaggi su roccia di primo grado ed alcuni tratti esposti. Diamo un po' di brio a questa escursione!


I primi passaggi su roccia.

La traccia, quasi sempre netta, nella prima parte di questo tratto rimane principalmente alla nostra destra e solo in pochissime circostanze siamo costretti a mettere le mani a terra. Non ho mai percorso questo sentiero ma è con una naturalezza abbastanza disarmante che prendo la testa del nostro gruppetto, anche spinto dalle mie accompagnatrici: che ci posso fare, a volte è più forte di me, non posso fare a meno di essere in testa, specie quando il percorso da affrontare mi è sconosciuto.
L'istinto, sempre l'istinto che prende le redini del gioco, con la ragione che agisce ad un livello di controllo più basso. 



La bella cresta del "Bicco" sinora percorsa.

Non manca moltissimo alla vetta, che appare qualche decina di metri sopra di noi: il sentiero adesso volge a sinistra, sopra la "Val di Bove" e ci troviamo di fronte un breve traverso abbastanza esposto; dovrebbe essere questo il punto topico dell'ascesa.
Avanzo per qualche metro e poi noto come la via salga direttamente verso la cima: prima di compiere questo breve tratto in arrampicata (passaggi di primo grado su roccia ed erba) però voglio immortalare questi momenti e regalare alcune belle istantanee ad Assunta e Lucia. Perfetto! Foto bellissime!


Ultimo traverso esposto e ...

In pochi minuti, senza troppi patemi, siamo in vetta: Monte Bicco (2052m), primo duemila della giornata! Finalmente ho una fotografia anche da questa vetta!


... dopo un breve, quanto facile, tratto in arrampicata (passaggi di primo grado), in vetta!

Facciamo una piccolissima sosta per immortalare questi momenti, il panorama è stupendo.

"Monte Bicco" (2052m), fotografie a iosa!

Scendiamo adesso per la breve cresta di Nord-Est del Bicco ed in pochi minuti raggiungiamo il bivio con il sentiero del parco n.271 che iniziamo a seguire per la bella quanto sottile cresta che ci condurrà fino alla cima del "Monte Bove Sud" (2169m), la più alta del gruppo.


Dalla vetta del "Bicco", lontani, tra la nebbia, i "Piani di Castelluccio".

Oramai ho preso stabilmente la testa del terzetto, ma la mia marcia non è "impetuosa" e frenetica come al solito e le ragazze riescono tranquillamente a starmi dietro senza difficoltà: i miei pensieri, la mia concentrazione vanno altrove...
Senza neanche accorgercene superiamo la vetta del "Monte Bove Sud" e siamo costretti a tornare indietro di qualche metro per salire sulla sua cima: secondo duemila della giornata raggiunto!


"Monte Bove Sud" (2169m), secondo ed ultimo duemila della giornata.


Il "Monte Bicco" a destra e la "Croce di Monte Bove" a sinistra, dalla cima del "Monte Bove Sud".

E la nostra marcia continua, lungo la cresta che separa la "Val di Bove" dalla "Val di Panico" (sentiero n.270): superati i vecchi (e mai usati) impianti della funivia decidiamo di fare un piccolo spuntino con relativa pausa.


Da sinistra verso destra il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora" vestiti d'Autunno.

Non ho capito perché io debba rimanere sempre in piedi...


Il "Monte Bicco" (2052m).

Dopo pochi minuti riprendiamo la marcia passando di fianco al "Monte Bove Nord" che non raggiungeremo: a tal proposito ricordo che l'accesso alla vetta ed alle pareti rocciose del "Monte Bove Nord" è consentito solo nel periodo invernale (dal 1 Novembre al 30 di Aprile) per la tutela del Camoscio appenninico e della nidificazione dell'Aquila reale.


La bella cresta che dal "Monte Bicco" conduce al "Monte Bove Sud".

Il "Monte Bicco" visto dalle pendici del "Monte Bove Nord".

Notiamo una figura scendere dalla sua vetta: chissà perché mi ritrovo sempre dalla parte di quei poveri ebeti che rispettano le regole... W l'Italia! E chiudo qui questa polemica...
La nostra marcia ora prosegue in leggera discesa superando bei passaggi e godendo dei bellissimi scenari che fanno da cornice alla nostra piacevole avventura.


I bei bastioni rocciosi che si ammirano discendendo verso la "Croce di Monte Bove".

"Il tempo si mantiene ancora bello: è come se ci fosse una "aureola" che protegge questa valle dalle nuvole circostanti."

Raggiungiamo il bivio con il sentiero (questo neanche ha un numero che contraddistingue) che ci condurrà alla "Croce di Monte Bove", unica cima del gruppo ad avere un'imponente croce di vetta che la sovrasta.


Il bivio con il sentiero 270 e quello che conduce verso la "Croce di Monte Bove".

Proseguiamo alla nostra destra e superata una facile cresta (prima salendo e poi scendendo) raggiungiamo l'ultima vetta della giornata: "Croce di Monte Bove" (1905m). 

"Croce di Monte Bove" (1905m).

Dopo una piccolissima pausa sulla vetta, torniamo sui nostri passi e, ripreso il sentiero 270, iniziamo a scendere per un lungo traverso che ci condurrà direttamente  fino alla "Fonte della Val di Bove" dove prenderemo nuovamente il sentiero 272.

Roccia! Sullo sfondo il "Pizzo dei Tre Vescovi".

Il tempo si mantiene ancora bello: è come se ci fosse una "aureola" che protegge questa valle dalle nuvole circostanti; notiamo infatti di essere in un'oasi felice, con un sole caldo che accompagna i nostri passi. Raggiungiamo in poco tempo la "Fonte della Val di Bove" dove sono presenti moltissimi animali al pascolo che non vogliamo assolutamente disturbare; a tal proposito effettuiamo una piccola deviazione dal sentiero che riprenderemo poco più avanti.

 Puledro al pascolo nei pressi della "Fonte della Val di Bove".

In poco tempo raggiungiamo nuovamente le "Macchie di Bicco" e poco dopo le nostre auto: anche oggi abbiamo vissuto una bellissima avventura, anche oggi abbiamo goduto appieno di quanto offertoci dalla natura.


Colori d'Autunno in "Val di Bove".

Da "Il Profeta" di Kahlil  Gibran

"... E un adolescente disse: parlaci dell'amicizia.
E lui rispose dicendo: il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte ?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora..."

P.S. Tengo a precisare che i sentieri seguiti in questa escursione a tutt'oggi non erano e non sono soggetti ad alcun divieto da parte delle autorità competenti in seguito agli eventi sismici dei mesi scorsi svoltisi nei Monti Sibillini.


Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.


L'ascesa al "Monte Bicco".

 La cresta che dal "Monte Bicco" conduce al "Monte Bove Sud".

Il percorso visto da altra angolazione.




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Galleria fotografica


I contrafforti rocciosi della "Croce di Monte Bove" visti dalle "Macchie di Bicco".


"... sotto le fronde degli alberi colorate d'autunno delle "Macchie di Bicco".


La prima meta della giornata inizia a delinearsi.


Alla base della piramide rocciosa del "Bicco".


I primi passaggi su roccia.


La bella cresta del "Bicco" sinora percorsa.


Ultimo traverso esposto e...


... dopo un breve, quanto facile, tratto in arrampicata (passaggi di primo grado), in vetta!


"Monte Bicco" (2052m), fotografie a iosa!



Uno sguardo a Sud...


... uno a Nord-Est, verso il "Monte Bove Sud" e ... 



... un'occhiata al percorso appena affrontato!


Sentire il tepore del sole dopo essere stati sempre in ombra è impagabile.


La "Val di Bove".



I "Piani di Castelluccio" tra la nebbia.



Salendo in cresta verso il "Monte Bove Sud", uno sguardo ai monti che fanno da "corona" al "Lago di Pilato".


"Monte Bove Sud" (2169m), secondo ed ultimo duemila della giornata.



Ancora uno sguardo verso la "Valle del lago di Pilato".


Il "Monte Bicco" a destra e la "Croce di Monte Bove" a sinistra, dalla cima del "Monte Bove Sud".

Da sinistra verso destra il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora" vestiti d'Autunno.


Il "Monte Bicco" (2052m).



"Forca della Cervara".


La cresta che dal "Monte Bicco" conduce al "Monte Bove Sud".


Il "Monte Bicco" visto dalle pendici del "Monte Bove Nord".



Il "Monte Rotondo" a sinistra ed il "Pizzo dei Tre Vescovi" a destra.


I bei bastioni rocciosi che si ammirano discendendo verso la "Croce di Monte Bove".


"Il tempo si mantiene ancora bello: è come se ci fosse una "aureola" che protegge questa valle dalle nuvole circostanti."


Roccia, valli e nuvole!


Il bivio con il sentiero 270 e quello che conduce verso la "Croce di Monte Bove".


"Croce di Monte Bove" (1905m).


Roccia! Sullo sfondo il "Pizzo dei Tre Vescovi".


Puledro al pascolo nei pressi della "Fonte della Val di Bove".



Nei pressi della "Fonte di Val di Bove".


Colori d'Autunno in "Val di Bove".