Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


mercoledì 31 ottobre 2018

Cima di Pretare e Monte Vettore per la Via del "Canalino"

"Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini." 

(Josè Saramago)


Ventuno Ottobre 2018
Partenza dal piazzale antistante l'inizio del "Sentiero dei Mietitori" (1335m) ore 7:07 
Rientro al piazzale antistante l'inizio del "Sentiero dei Mietitori" ore 14:34 
Durata escursione 7h 27' (pause merenda di 10' sopra il "canale" e di 21' sulla vetta del Monte Vettore)
Tempo di marcia: 6h 56'
Lunghezza tragitto: 12,1 km circa
Grado di difficoltà: EEA - PD+ (un passaggio di IV attrezzato con catena, passaggi di II e III)
Dislivello in salita: 1154m 
Dislivello in discesa: 1129m 
Vette raggiunte: 2281m Cima Pretare, 2476m Monte Vettore
Quota massima: 2476m Monte Vettore
Monti Sibillini su Wikipedia
Monte Vettore su Wikipedia
Cima del lago su Wikipedia
Cima del Redentore su Wikipedia
Pizzo del Diavolo su Wikipedia
Pretare su Wikipedia




Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.








Percorso:
Partenza dal piazzale antistante l'inizio del "Sentiero dei Mietitori" (1335m) (paletto con segnavia sul bordo della strada) si prosegue per prati risalendo il pendio in direzione del "Canale Mezzilitri" raggiunto il quale si incrocia un omino di pietre. Il percorso, per tracce, prosegue sulla destra dove sono presenti altri omini di pietre terminati i quali si continua seguendo un evidente sentiero: nell'ordine si attraversano il "Canale del Santuario", il "Canale diretto alla Vetta" (passaggio esposto su roccia con brecciolino) ed un crinale erboso che adduce all'imbocco del "Canale delle Ammoniti". 


Il versante Sud del Monte Vettore: tracciato in rosso  parte del percorso seguito durante l'escursione. Fotografia scatta in occasione dell'escursione del 24 Giugno 2017, Una notte... al Lago di Pilato.

In questo punto si possono effettuare più scelte per la prosecuzione del tragitto: si attraversa il canale e si prosegue sopra le placche inclinate dell'"Aia della Regina" fino all'imbocco del "canalino"; si attraversa il canale, si prosegue sopra le placche per un breve tratto per poi scendere al di sotto delle stesse proseguendo di traverso lungo una cengia erbosa per poi risalire nei pressi dell'imbocco del "canalino"; si risale il "Canale delle Ammoniti", tenendosi sulla sinistra, raggiungendo l'ingresso della "Grotta delle Fate" dalla quale si prosegue di traverso per la cengia posta tra la "Piramide" e l'"Aia della Regina" giungendo all'attacco della via del "canalino". Tutte e tre le soluzioni non sono agevoli e presentano passaggi impegnativi (difficoltà max II grado): forse il percorso tecnicamente più semplice è quello che attraversa le placche dell'"Aia della Regina", al contempo però è il più rischioso perché la pendenza associata all'eventuale presenza di brecciolino su roccia renderebbe la progressione molto pericolosa ed un'eventuale scivolata avrebbe tragiche conseguenze.
Noi abbiamo optato per l'ultima soluzione che abbiamo ritenuto quella con meno rischi oggettivi. Raggiunto l'antro della "Grotta delle Fate" abbiamo proseguito per il percorso sopra descritto raggiungendo la parete attrezzata con catena (in realtà sono due, fissate al medesimo ancoraggio posto all'incirca a 5 metri d'altezza, e come una "V" rovesciata offrono la possibilità di salire sulla destra o sulla sinistra) indicata con una freccia (sbiadita) posta sulla parete opposta ma ben visibile: il gendarme posto all'inizio della via, ed usato in passato come riferimento, è stato distrutto dalle scosse sismiche del 2016. Siamo saliti sulla destra dove il percorso sembra più agevole offrendo un maggior numero di appoggi e/o appigli: senza catene sarebbero stati passaggi di IV, grazie al loro ausilio le difficoltà tecniche diminuiscono ma non lo sforzo atletico
Giunti al termine di questo tratto si arrampica per delle placche sulla sinistra (passaggi di II grado) proseguendo poi sulla destra all'interno del canale dove si alternano tratti verticali di varia difficoltà (max III grado, poco esposti con roccia sempre buona). Per uscire da questa zona, per certi versi "inforrata", si deve superare un canale esposto sulla sinistra (passaggi di III grado) al termine del quale si raggiunge un grosso imbuto dove le connotazioni del terreno mutano nuovamente: roccia marcia che si alterna a erba che ricopre sassi e terriccio molto instabili. Prima però bisogna superare una grossa placca rocciosa: noi siamo saliti sulla destra per un ripido prato traversando poi sulla placca raggiungendone l'apice (passaggio esposto di II grado su roccia ricoperta da brecciolino). Da qui in avanti le difficoltà rimangono sostenute fino al raggiungimento della cresta che collega Cima di Pretare al Monte Vettore. Ovviamente per l'ambiente in cui si svolge e le caratteristiche del terreno questa escursione, di stampo alpinistico, può essere effettuata solo in condizioni di tempo stabili e all'asciutto: superare certi passaggi con la roccia bagnata sarebbe alquanto problematico. Raggiunta Cima di Pretare (2281m) si prosegue in cresta (ampia) in direzione del Monte Vettore (2476m) intercettando il sentiero del Parco n.131 (segni bianco-rossi) che adduce sulla vetta di quest'ultimo. Per la discesa si continua per il facile sentiero n.101 (segni bianco-rossi) che, passando per la "Sella delle Ciaule", conduce fino a Forca di Presta (900m di dislivello circa dalla vetta). Si ridiscende poi per la strada in direzione Pretare raggiungendo il punto di partenza e chiudendo così un percorso ad anello.



Relazione:
Ho da poco superato Pretare e di gran carriera mi sto dirigendo verso il luogo dell'appuntamento con Mario e Giovanni nei pressi del piazzale antistante l'inizio del famoso "Sentiero dei Mietitori", nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Si prospetta una splendida giornata autunnale, almeno fino al primo pomeriggio quando dovrebbe esserci un peggioramento, forse l'ultima che abbiamo a disposizione per affrontare la famosa via del "Canalino": un difficile percorso alpinistico che si snoda lungo il martoriato versante Sud del Monte Vettore, quello più selvaggio e desolato, quello dove le scosse sismiche del 2016 hanno lasciato cicatrici indelebili. Mentre guido non posso fare a meno di guardare la "Piramide" e le sottostanti placche calcaree dell'"Aia o Ara della Regina": da questa angolazione è ripidissimo e sembra quasi impossibile solo pensare di passare per di lì... La vedo dura, molto dura, però in molti sono saliti quindi non vedo perché non dovremmo riuscirci anche noi!
Raggiungo il punto di incontro pochi minuti prima delle 7:00 ed i miei amici sono già lì ad attendermi ed anche loro mi raccontano che salendo hanno avuto le mie stesse sensazioni: questo versante appare veramente "tosto"!


Una magnifica alba "Sibillina"!

Ci prepariamo, controlliamo il materiale, chiudiamo le auto e via! A scopo precauzionale ognuno di noi è dotato di piccozza (non è indispensabile solo con la neve e ghiaccio!), ramponi (sul falasco bagnato sono un toccasana!), corda, imbrago, caschetto, rinvii, fettucce, cordini ecc... La prudenza non è mai troppa e lesinare sul materiale sarebbe alquanto stupido: chilo più, chilo meno, chi se ne accorge!
Attraversiamo la strada, oltrepassiamo i segni che indicano l'inizio del "Sentiero dei Mietitori" dirigendoci, senza seguire alcun percorso, in direzione del "Canale Mezzilitri", proveniente dal sovrastante rifugio "Zilioli". La pendenza in questo tratto non è eccessiva e dopo circa 200m di dislivello giungiamo nei pressi dell'imbocco del canale vero e proprio: un'ottimo riscaldamento per quello che ci spetta! 


Omino di pietre sul "Canale Mezzilitri": bisogna proseguire sulla destra.

Leggermente spostato sulla destra rispetto alle rocce rossastre formanti questa parte del canale notiamo un omino di pietre e a seguire altri ad indicarci la via da percorrere: allo stesso tempo sul terreno si inizia ad intravedere una traccia sempre più marcata, siamo nella giusta direzione!
Il percorso adesso prosegue quasi pianeggiante, tagliando un ripido pendio erboso sovrastato da imponenti spuntoni rocciosi, il nostro sguardo però in questi frangenti volge verso Est ammaliato dal sorgere del sole assistendo ad un'alba a dir poco magnifica!

"Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini." 
(Josè Saramago)

Il percorso ricomincia a salire e dopo aver attraversato il poco marcato "Canale del Santuario" giungiamo nei pressi del "Canale Diretto alla Vetta" dove la conformazione del terreno cambia e si devono attraversare delle insidiose placche calcaree: un piccolo antipasto di quello che verrà dopo! 


Man mano che avanziamo l'ambiente inizia ad essere sempre più selvaggio.

Procediamo con cautela, il brecciolino sopra la roccia è un brutto cliente, ma in breve tempo raggiungiamo il bordo opposto del canale e risaliamo poi una breve cresta erbosa dalla quale possiamo ammirare da vicino quello che prima vedevamo dal finestrino della nostra auto. 


Il facile passaggio attraverso il "Canale del Santuario". Grazie della foto a Mario.

L'ambiente man mano che avanziamo sta divenendo sempre più austero e selvaggio ed una sensazione solitudine inizia a pervadere le nostre anime: siamo lontano da tutto e da tutti ma questo non ci spaventa, anzi, ci sprona nel proseguire!


Finalmente al cospetto della "Piramide" e dell'"Aia della Regina"!

La nostra marcia prosegue ed in pochi minuti raggiungiamo il bordo del "Canale delle Ammoniti": di fronte a noi si stende l'immensa "placconata" dell'"Aia della Regina"; sopra, sulla sinistra, le alte pareti della "Piramide" del Vettore che sovrastano l'ormai visibile antro della "Grotta delle Fate".
Di solito in questo punto si attraversa il canale, scendendo leggermente, e, risalito il bordo opposto, ci si ritrova alla base delle placche dell'"Aia della Regina" che si dovrebbero attraversare fino all'attacco del "Canalino". Ad una prima occhiata le rocce sembrano pulite dall'insidioso brecciolino onnipresente però il pensiero di percorrere centinaia di metri in aderenza sopra queste placche inclinate non ci piace per nulla: in caso di scivolata qui non si può far nulla se non pregare di non lasciarci le penne, ipotesi molto plausibile visti gli strapiombi sottostanti.


In basso il crinale erboso appena attraversato, i passaggi da questo punto in poi iniziano ad essere complicati.

Mario passa in cabina di regia ed inizia a risalire il "Canale delle Ammoniti" tenendosi sul bordo destro dopo averlo attraversato (cosa tutt'altro che facile!): la sua idea è quella di raggiungere la "Grotta delle Fate" e da lì raggiungere l'attacco della via del "Canalino" percorrendo la cengia sovrastante le placconate dell'"Aia della Regina" e sottostante la "Piramide". 


Le alte pareti della "Piramide". Grazie della foto a Mario.

Un'ottima intuizione la sua, in questa maniera potremmo percorrere questo tratto in maniera più sicura: ora non dobbiamo far altro che salire e vedere ciò che troviamo, nell'ipotesi peggiore scenderemo di qualche metro continuando sopra le placche dell'"Aia della Regina".


Passaggi tutt'altro che facili. Grazie della foto a Giovanni.

La prima parte dell'ascesa come dicevo è tutt'altro che facile grazie al terreno in cui si svolge dove si alternano massi (molto instabili!) e rocce ricoperte da detriti; la seconda invece, molto più pendente, è "agevolata" dal fatto di svolgersi su erba (attenzione però ai sassi sottostanti e ben celati!).


Espressione corrucciata, il terreno qui non offre alcuna sicurezza. Grazie della foto a Mario.

In un modo o nell'altro raggiungo gli altri che mi aspettano all'ingresso della "Grotta delle Fate" e mentre rifiato non posso non pensare a tutte le leggende che si narrano riguardanti questi luoghi...


Di fronte all'antro della "Grotta delle Fate". Grazie della foto a Mario.

Piccola parentesi storico-culturale


"(...) Altra tappa del sentiero delle fate è Pretare. Qui il paesaggio è caratterizzato dalla presenza di rocce rotolate a valle dal Vettore, a causa di una frana o di un terremoto di molti secoli fa, dove secondo la tradizione c’era un paese chiamato Colfiorito, protetto dalle Fate. La Regina Sibilla, adirata con gli abitanti del luogo rei di egoismo, aveva scatenato un violento terremoto che aveva sepolto Colfiorito sotto un grosso mucchio di pietre. Solo dopo che un popolo nomade vi si fu stanziato, le Fate tornarono a proteggere quel luogo, che da allora si chiamò Pretare ed ebbe una fata a protezione di ogni casa. Il racconto popolare ci fornisce però tre elementi di rilievo per la lettura del mito: innanzitutto è la Sibilla che scatena i terremoti, in secondo luogo il terremoto diviene strumento della punizione per l’inosservanza alle leggi e ai messaggi divini e infine viene ribadito il ruolo protettivo delle fate sulle popolazioni nomadi/transumanti.
A Pretare, ancora oggi, il giorno di San Rocco, viene rievocato l’evento con la discesa delle Fate in paese.
Le fate hanno contatti con il mondo umano ma contemporaneamente sono poste a protezione dei luoghi sacri, normalmente interdetti agli uomini. Sono veicoli di comunicazione tra le potenze naturali e la civiltà e questa posizione di liminalità si esprime soprattutto nel piede caprino, simbolo dell’appartenenza al mondo selvaggio. Il tratto ferino delle fate, condiviso con sciamani e streghe, le colloca in diretto contatto con gli elementi naturali e dona loro la capacità di presentire e presagire eventi e catastrofi naturali.
Dalla tradizione emergono diversi contatti con le comunità del luogo. Le fate proteggono i luoghi e le comunità e si prendono cura degli animali e del benessere degli abitanti, aiutando i raccolti e insegnando l’arte della tessitura a figlie e mogli dei pastori. Contemporaneamente, ballano con i pastori il salterello nelle notti di plenilunio; lo scenario evocato e la struttura del ballo, con il suo ritmo incalzante e la sua struttura coreografica a più parti, rimanda per certi tratti al coribantismo e al dionisismo di certe cerimonie collettive di esorcismo o di possessione liturgica (E. De Martino, La terra del rimorso, 1961; G. M. Gala, A passo lento l’Italia entrò in ballo. Dai balli locali alle identificazioni nazionali: andata e ritorno, 2013). Lo scenario del mito delle fate è luogo fragile e liminale, a diretto contatto con le potenze della natura e degli dei e le loro manifestazioni tragiche e traumatiche. È evidente da quanto detto quanto il paesaggio sia una realtà complessa, tanto nella genesi nei tanti secoli di presenza umana che lo ha modificato adattando il territorio alle proprie esigenze, quanto nella possibilità e capacità che abbiamo oggi di comprenderlo e coglierne la ricchezza. La conservazione e tutela di questo patrimonio è una attività complessa che non può non tenere in considerazione la genesi, la stratificazione e anche la ricchezza dei punti di vista, tra i quali quelli degli abitanti, degli oriundi e dei visitatori.
Il terremoto ha interessato nel 2016 queste aree già in forte trasformazione perché lo spopolamento rischia di affievolire il già precario legame tra abitanti e territorio mentre una riflessione critica su quanto è accaduto e sta avvenendo non è ancora stata avviata. Si può solo affermare che una ricostruzione che parta solo dalle case e non consideri le città, il paesaggio e le comunità è una ricostruzione che difficilmente porterà risultati accettabili."



"C'era una volta, nel cuore di una splendida vallata ai piedi del Monte Vettore, un paese chiamato Colfiorito. All'interno di una grotta del Monte Vettore, viveva, assieme alle sue ancelle, la malvagia Sibilla. Un giorno la perfida maga, irritata, provocò una frana che ricoprì completamente il paese di Colfiorito. Molto tempo dopo, un gruppo di pastori solitari giunse sul posto in cerca di verdi pascoli, ma anche di giovani fanciulle con le quali trascorrere il resto della loro monotona vita. Una notte, con loro grande stupore, le ancelle della Sibilla uscirono dalla grotta e discesero il monte Vettore per incontrare i pastori. Al contrario della Sibilla, le fate erano delle donne bellissime, ed ognuna simboleggiava un elemento della natura (acqua, fuoco, neve, prati, boschi...). La Discesa delle fate si ripeté ancora per altre sere: le fanciulle raggiungevano di nascosto i pastori, con i quali ballavano il saltarello, per poi scappare alle prime luci dell'alba. Una notte però, un pastore, incuriosito, andò a guardare sotto i fastosi vestiti della propria amata e con sua sorpresa notò delle zampe di capra. Le fate, avendo capito che il loro segreto era ormai svelato, scapparono e tornarono nella grotta, dove c'era però la perfida Sibilla che le stava aspettando per imprigionarle. Pochi giorni dopo giunse nel luogo dove si erano stabiliti i pastori, un valoroso cavaliere chiamato Guerrin Meschino, proveniente dalla città di Corfù in Grecia. Egli era in cerca della Sibilla, per chiederle notizie dei propri genitori, che aveva perso in età infantile.
I pastori decisero di chiedere aiuto al Guerrin Meschino, il quale giunse dopo pochi giorni al cospetto della Sibilla, che si innamorò subito di lui. La perfida maga gli sottopose 3 domande: se il cavaliere avesse saputo rispondere, la donna avrebbe esaudito i suoi desideri.
Con grande astuzia, il Guerrin Meschino riesce a risolvere i 3 indovinelli e a rompere l'incantesimo che affliggeva le fate.
La leggenda ci racconta inoltre che i pastori e le loro giovani donne, fondarono un paese sulle rovine di Colfiorito, che chiamarono Pretare. Ma il mito non finisce qui! Infatti alcune versioni narrano che la perfida Sibilla sposò il Guerrin Meschino e, ancora oggi, a Pretare si possono incontrare i lontani nipoti; naturalmente, questa è solamente una leggenda...
Le fate rivivono nelle antiche fiabe e miti che per secoli hanno riempito le valli dei Monti Sibillini, quei monti "velati d'azzurro" come li definisce Leopardi al centro della "Marca". Queste leggende nascono qui, in questi luoghi aspri e duri, fatti di monti orridi e valli assolate, meta e crocevia nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, di maghi e negromanti ma anche di cavalieri erranti e uomini di cultura. Certamente le suggestioni della letteratura cavalleresca europea, con tutte le sue leggende fantastiche e demoniache, con i suoi ammaliamenti e sortilegi, influiscono non poco sulla formazione di queste leggende. Secondo le fonti storiche e letterarie, le loro origini vanno ricercate nel rifiorire nello Stato Pontificio di superstizioni ed eresie di nostalgici dei riti pagani e soprattutto nella creazione letteraria nel secolo XV del "Guerrin Meschino" di Andrea da Barberino che conduce il suo eroe tra questi monti "magici". Sono poi i menestrelli o trovatori a passare di villaggio in villaggio per narrare in versi queste fiabe incantate che labbra sapienti ci hanno poi tramandato. Ma nei borghi dei Sibillini la trasmissione orale di queste leggende porta alla formazione di diverse tradizioni narrative. A Pretare ad esempio si racconta si racconta di soavissime fate scintillanti, ancelle della Sibilla, bramose di ballare con i giovani più avvenenti del paese (tanto da far dire nell'Arquatano "ballatori a le Pretare"). Queste leggiadre fanciulle scendono solo di notte...naturalmente dalla "Grotta delle Fate", la lunga ferita che taglia il massiccio del Vettore facendo ombra all'Ara della Regina. Fino a qualche anno fa, alcuni anziani di Pretare giuravano di averle sentite fendere la roccia con i loro piedi caprini (elemento classico per le leggende di ambientazione bucolica), ben nascosti sotto i lunghi veli e chissà...magari di aver intrecciato con loro qualche passo di "saltarello"!"

Chiusa parentesi storico-culturale

Riprendiamo la marcia, seguendo il percorso che adesso è pressoché obbligato e seguirà idealmente la linea di demarcazione tra la "Piramide" e l'"Aia della Regina". 


Bisogna procedere con la massima attenzione, un errore qui non è ammesso! Grazie della foto a Mario.

Mario, come al solito, aveva ragione e il nostro avanzare procede sicuro e senza intoppi: solo il risalire per un piccola frana ci fa perdere un po' di tempo. 


In alcuni punti la cengia è veramente stretta! Oh yeah! Grazie della foto a Mario.

Finalmente giungiamo nei pressi della parete attrezzata con catena e subito salta all'occhio la mancanza di un importante punto di riferimento: il grosso gendarme posto proprio di fronte all'imbocco del canale è stato completamente distrutto dalla furia delle scosse sismiche del 2016 ed i suoi detriti sono sparsi desolatamente alla sua base.


Finalmente siamo giunti alla fine del lungo traverso sopra l'"Aia della Regina": Mario è di fronte alla parete dove è impressa una freccia (sbiadita); sulla destra quello che resta del gendarme, usato come punto di riferimento, distrutto dalle scosse sismiche del 2016. 

Mario, dopo aver attraversato un canale, giunge sopra i resti del gendarme e quasi attonito osserva il meraviglioso quanto surreale paesaggio che si apre innanzi a lui: io e Giovanni, pervasi da un misto di tristezza e rassegnazione ci dirigiamo verso la base della parete pronti per l'ascesa. 


Da "I Canti" - XXII - Le Ricordanze
"(...) E che pensieri immensi, 
Che dolci sogni mi spirò la vista 
Di quel lontano mar, quei monti azzurri, 
Che di qua scopro, e che varcare un giorno 
Io mi pensava, arcani mondi, arcana 
Felicità fingendo al viver mio! (...)" 
(Giacomo Leopardi)


Aggiungo che sulla liscia parete rocciosa prospiciente a quella attrezzata è disegnata una freccia sbiadita che indica la via. 
Giunti sull'attacco della via notiamo che le catene in realtà sono due, fissate al medesimo ancoraggio posto sopra (circa 5 metri), e come una "V" rovesciata offrono la possibilità di salire sulla destra o sulla sinistra. Concordiamo che a destra il percorso sembra più agevole offrendo un maggior numero di appoggi e/o appigli: senza catene sarebbero stati passaggi di IV, grazie al loro ausilio le difficoltà diminuiscono ma non la fatica che rimane sostenuta. 


Decidiamo di salire utilizzando il ramo di destra della catena.

Da questo punto bisogna fare affidamento esclusivamente sulla catena vista l'esiguità degli appoggi.

Usciti da questo tratto si arrampica per delle placche sulla sinistra per poi buttarsi all'interno del canale sulla destra.

Giovanni parte per primo e forte della catena in breve tempo raggiunge la sommità della parete: passaggi molto atletici come dicevo, occorre mantenere una buona presa e prestare attenzione agli appoggi quanto mai esigui se si indossano scarponi (con le scarpette da arrampicata qui il gioco sarebbe stato semplicissimo).


Giovanni ha terminato l'ascesa utilizzando la catena e sta proseguendo verso il canale, io sto per iniziare. Grazie della foto a Mario.

Giunge il mio turno e con tenacia raggiungo il termine di questo tratto non prima di essermi messo in posa per uno scatto da parte di Mario proprio nel punto di maggior impegno fisico, ma più che altro psichico: ci tengo a ricordare che siamo in libera!


Lavoro di braccia, in basso, piccolissimo, si intravede Mario. Grazie della foto a Giovanni.

Nel punto culminante della paretina. Grazie della foto a Mario.

Giunto al termine di questo breve quanto intenso tratto è il turno di Mario ed io, tra uno scatto e l'altro, parlo con Giovanni sulla direzione da prendere: le varie relazioni ed una vecchia Guida dei Sibillini concordano sul fatto di seguire il fondo del canale ed alla fine, per uscirne, bisogna tenersi sulla sinistra. 


La paretina l'abbiamo superata facilmente , cosa ci spetterà adesso? Grazie della foto a Giovanni.

La nostra ascesa continua fra passaggi più o meno impegnativi intervallati con chiacchiere da spogliatoio e con Mario che, come un fratello maggiore, cerca di ricordarci ogni tanto dove siamo e quello che stiamo facendo: che risate!


Lungo il canale, uno dei rari tratti pianeggianti.

Proseguiamo sulla destra e a mio parere sono tre i punti degni di nota con difficoltà intorno al III che si alternano a brevi tratti dove si può camminare: si inizia con delle lisce placche bianche poste proprio sopra la parete che si affrontano aiutandosi con le numerose fessure presenti; si sale per uno canalino, anch'esso su roccia biancastra, in opposizione, oppure si sceglie di salire sulla sinistra arrampicando su una liscia paretina alta circa 3 metri (all'inizio ero incerto sul percorso da scegliere optando poi per la prima soluzione), qui l'esposizione è contenuta; dopo facili passaggi (al max II) il percorso fra le rocce termina con un canalino (III) posto sulla sinistra. 


Meglio arrampicare sulla destra! Grazie della foto a Mario.

Giovanni e Mario iniziano a salire, io mi soffermo ad osservare l'alternativa posta a destra ossia dei passaggi meno impegnativi (II) che si svolgono però su roccia mista a terra: "Ragazzi, non era meglio salire per di qua? Dove si spunta da lì? 
Gianluca, lì sopra c'è un ripido pendio erboso, qui invece della buona roccia: meglio qui! 
Ok Mario, inizio ad arrampicare!"


Giovanni sull'ultimo passaggio prima di uscire dal canale. Grazie della foto a Mario.

Il canale, rispetto a quello affrontato pochi minuti prima, ha una maggiore apertura oltre ad essere più lungo ed esposto, e la roccia qui non è buona: quando mancano un paio di metri alla sua uscita mi fermo.
"Mario, in questa maniera non mi sento sicuro, preferirei salire in sicurezza: adesso discendo e vi lancio la corda!
Gianluca, non c'è bisogno della tua, usiamo quella di Giovanni!
Hai ragione, è meglio così!"
Mentre io torno in un punto un po' più comodo nel quale legarmi con più facilità, le nostre chiacchiere continuano e Mario mi dice che ho fatto bene e mi ricorda per la seconda volta a distanza di poco tempo: "Gianluca, hai due figli e devi sempre pensare a loro!
Come hai ragione Mario, stavolta però mi sono fermato prima e non è stato necessario un tuo intervento come sul Pizzo del Diavolo la Primavera scorsa, ricordi?!"
Giovanni non è al corrente di quell'episodio e, mentre mi lego alla corda con un nodo a otto infilato, racconto come erano andate le cose: stavamo percorrendo la sottile cresta che collega la Cima del Redentore al Pizzo del Diavolo per toccare la cima di quest'ultmo, al suolo era presente tantissima neve, ancora poco coesa e si affondava parecchio.


A pochi metri dalla vetta del Pizzo del Diavolo, sulla destra: è stata una scelta saggia quella di tornare indietro. Fotografia dell'escursione del 25 Marzo 2018, Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernale.

Procedevo in testa al gruppetto formato da Mirko e da Mario e a dispetto del forte vento e scarsa visibilità ero intenzionato a raggiungere il mio obiettivo: grazie ad una mia improvvisa riflessione però (vedi post del 25 Marzo 2018, Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernale) ed alle parole di Mario ho desistito dal mio intento portando a casa la pelle... 


Lungo la cresta tra il Pizzo del Diavolo e Cima del Redentore: bandiera bianca ammainata! Si torna indietro! Fotografia dell'escursione del 25 Marzo 2018, Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernale.

"Gianluca, hai due figli e devi sempre pensare a loro!"
Mario, fissata la corda in un solido spuntone roccioso, una volta seduto e puntati i piedi a terra, inizia a recuperarla man mano che io salgo. Che dire, le cose sono cambiate come dal giorno alla notte così come la mia sicurezza nell'affrontare determinate situazioni: in un battibaleno supero questo ostico passaggio, reso tale non dalle difficoltà, ma dal fatto di doverlo affrontare in libera; legati ovvero in sicurezza è tutta un'altra storia!
"Gianluca, hai due figli e devi sempre pensare a loro!"
Penso sempre a loro, ogni momento, specie in questi frangenti ed è forse anche grazie a questo se continuo ancora a calpestare il suolo di questa terra...
Tornando all'escursione, una volta legato, passaggi che sembravano insormontabili sono divenuti un gradevole passatempo. Una sorta di viatico questo, un'iniezione di sicurezza ed una nuova consapevolezza: ho capito quali sono le mie "debolezze" ed al contempo ho compreso dove e come posso migliorare. La cosa buffa è che in libera mi sento più a mio agio su neve e ghiaccio che su roccia: sono proprio fuori!
Una volta fuori dal canale lo scenario muta nuovamente ed ora siamo sovrastati da una sorta di imbuto naturale posto su un ripido prato dove si alternano ancora placche, spuntoni rocciosi e ghiaia mista a terriccio: raggiunto un punto comodo dove sostare Mario e Giovanni ne approfittano per rifiatare e mangiare qualcosa, io invece vado in avanscoperta. Mi tengo sulla destra, salendo vicino al bordo di una grossa placca rocciosa fino ad arrivare ad una piccola cengia dove per proseguire si è costretti a passare per un breve quanto pericoloso tratto molto esposto: i piedi poggiano su solida roccia ricoperta però da un leggero strato di brecciolino. Sopra la situazione non migliora non tanto per la pendenza del terreno quanto per la sua instabilità: "Ragazzi, credo convenga legarsi in conserva! Quassù il terreno è infido quanto non mai, meglio non rischiare!"


Una strana formazione rocciosa si staglia all'orizzonte.

Una volta disceso prendiamo nuovamente la corda di Giovanni e ci leghiamo: Mario in prima posizione, io in seconda e Giovanni a chiudere.
"Ecco, così va meglio, perché non l'abbiamo fatto prima?"


La salita prosegue, passo dopo passo!

L'avanzata, benché alcuni passaggi siano tutt'altro che facili (II), prosegue spedita e passo dopo passo la nostra meta appare più vicina, in alto a destra: Cima di Pretare (o il Pizzo, 2281m).


Vai Super Mario!

Lo scenario muta, continuamente, offrendoci scorci di rara bellezza. Ogni tanto, come falene con la luce, non possiamo fare a meno di guardare alle nostre spalle: esposizione pazzesca!


Una breve pausa ammirando l'ambiente selvaggio dal quale siamo circondati.

Siamo molto accorti nella nostra progressione ma inevitabilmente capita che qualcosa si stacchi acquistando fin da subito velocità: fortunatamente siamo soli altrimenti sarebbero stati guai per quelli sotto di noi, d'altronde è praticamente impossibile non far cadere nulla grazie all'instabilità del terreno.  


L'ascesa su questo tipo di terreno è molto complicata!

Quando mancano circa un centinaio di metri alla cresta sommitale le difficoltà diminuiscono e decidiamo che è giunto il momento di recidere il cordone ombelicale che ci ha tenuto uniti in queste fasi: è stato bello fare affidamento l'uno sull'altro; essere legati, nel bene e nel male, è un qualcosa che ha creato un legame che va al di là della corda stessa ma assume un significato più profondo che ci accompagnerà sicuramente nelle avventure che vivremo nuovamente insieme.


Le difficoltà sono praticamente terminate, i sorrisi e la gioia sono autentici!

Approfittiamo di questi momenti per scattare alcune fotografie, il tempo come previsto sta peggiorando e vogliamo fissare questi attimi: ci facciamo addirittura dei selfie (cosa che io odio, non si era capito?!), con Giovanni che vuole essere immortalato sopra uno spuntone roccioso in equilibrio su una sola gamba e Mario che lo prega di non farlo.


Giovanni in posa, sullo sfondo la Laga ed il Gran Sasso.

"Tu figli non ne hai ma non devi fare queste cose!" con Giovanni che gli risponde con un sorriso.
"Scatta Gianluca, il "Sacramento"- riferito a Mario - ha parlato!" e giù a ridere!


Prossimi alla cresta, panoramica verso Sud.

Manca davvero poco e l'ascesa prosegue su un terreno misto erba-sassi, con delle formazioni rocciose che ogni tanto bisogna oltrepassare: preso da una strana euforia ne approfitto per farmi un altro selfie, stavolta da solo, con questo stiamo apposto per un bel pezzo!


Selfie, rigorosamente in bianco e nero!

I nostri sforzi vengono premiati ed alla spicciolata raggiungiamo la cresta che collega la cima del Monte Vettore a Cima di Pretare, praticamente a pochi passi dalla vetta di quest'ultima: senza accorgercene abbiamo seguito l'ennesima variante al percorso!


Veramente da brividi la vista alle nostre spalle!

La gioia è incontenibile e le pacche sulle spalle e gli abbracci si sprecano: proprio una bella soddisfazione!
In pochi minuti raggiungiamo la Cima di Pretare e lì altre foto: è stato bello ed esaltante per me completare tutte le vette dei Sibillini sopra i duemila metri percorrendo questa via non proprio banale!
"Dai ragazzi, oggi sono in vena, facciamoci altri selfie!"


In vetta! Cima di Pretare (2281m).

Le difficoltà sono praticamente terminate e dopo la frenesia che ha contraddistinto le prime fasi di questa escursione dal taglio alpinistico, passiamo decisamente ad un bel trekking in quota: l'unica difficoltà rimasta è quella di risalire di circa 200 metri di dislivello, per raggiungere la vetta più alta delle Marche e dei Sibillini, il Monte Vettore.


Verso il Monte Vettore.

Torniamo sui nostri passi puntando decisamente verso Ovest in direzione della croce che contraddistingue l'anticima Sud della vetta: già notiamo la presenza di alcune persone, sulla vetta principale ci sarà sicuramente la solita ressa!


Il bivio con il sentiero del Parco n.131, sullo sfondo Cima di Pretare. Grazie della foto a Mario.

Raggiunto il bivio con il sentiero del Parco n.131 proveniente da Santa Maria in Pantano iniziamo a seguirlo e con ampi tornanti prima ed una lunga rampa poi, raggiungiamo la seconda cima della giornata: Monte Vettore (2476m). Quante volte sono salito qui? Ne ho perso il conto...


La bellissima cresta tra il Monte Vettore e la Cima di Pretare.

E' tempo di fare una pausa, stavolta con tutti i crismi e senza fretta: Mario e Giovanni incontrano degli amici e ne approfittiamo per fare due chiacchiere.

Monte Vettore (2476m). Grazie della foto a Mario.

Il tempo passa, veloce, così come un fronte nuvoloso proveniente da Est: è ora di scendere. Intanto "giocando" con il telefono scopro che due nostri amici sono qui, stanno scendendo in questo istante dal rifugio "Zilioli" verso Forca di Presta: dai che forse...


Panoramica dalla vetta, in primo piano la Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo.

La marcia procede veloce ed in pochi minuti, seguendo il sentiero del Parco n.101, giungiamo sulla "Sella delle Ciaule", svoltiamo a sinistra e continuiamo a scendere finché noto lungo il sentiero due persone che ci attendono: "Mario, tu li conosci quei due?
Ma tu guarda, Andrea e Roberta!
Era destino che ci saremmo incontrati nuovamente qui!"
Per la cronaca avevo fatto conoscenza con Andrea, Roberta e Mario stesso durante l'escursione solidale che avevo organizzato un paio d'anni fa (vedi post Uniti per Castelsantangelo sul Nera - Escursione solidale al Monte Vettore), per raccogliere fondi da donare al Comune di Castelsantangelo sul Nera gravemente lesionato dopo le prime scosse sismiche dell'Agosto dello stesso anno.
Il parlare tra noi è così naturale e spontaneo, anche se praticamente sono due anni che non ci si vede, che continueremo per ore intere ma delle nuvole basse stanno arrivando velocemente e non possiamo perdere altro tempo: ci lasciamo con la promessa di organizzare un'escursione per la prossima Primavera, un percorso non troppo impegnativo, solo per stare nuovamente insieme e godere della reciproca compagnia.
Quasi di corsa ci rimettiamo in marcia ed una volta giunti nei pressi del Canale Mezzilitri abbandoniamo l'idea di scendere direttamente da qui come preventivato: la visibilità è ridotta a poche decine di metri e preferiamo in queste condizioni seguire un percorso ben tracciato e non inedito per noi.
Tutti e tre concordiamo nel non amare questo sentiero, la cosiddetta Via Normale per il Vettore, sempre molto trafficato in qualsiasi periodo dell'anno: stavolta però dobbiamo fare di necessità virtù!
In queste fasi di solito mi esalto e anche questa volta non mi smentisco, d'altronde la "paura" di prendere l'acqua è concreta ed è un ulteriore incentivo per aumentare il nostro già alto ritmo: che dire, in un'ora esatta abbiamo percorso 5.5 Km e siamo scesi di circa 900m di dislivello!
Va bene, dai, non è stato solo quello, già da un po' stavamo fantasticando sulle prelibatezze che avremmo degustato al Rifugio degli Alpini (attualmente non è più situato nella sua sede storica di Forca di Presta, inagibile dopo il sisma del 2016, ma delocalizzato a Pretare)... e così è stato!
Alla prossima ragazzi!


Galleria fotografica

Una magnifica alba "Sibillina"!

Per prati, verso il "Canale Mezzilitri".

Il sole autunnale colora tutto di rosso.

A pochi passi dal "Canale Mezzilitri". Grazie della foto a Mario.

Omino di pietre sul "Canale Mezzilitri": bisogna proseguire sulla destra.

La traccia a terra inizia ad essere evidente e gli omini di pietra non mancano. Grazie della foto a Mario.

"Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini." 
(Josè Saramago)

Inizia a far caldo: via il pile! Grazie della foto a Mario.

Man mano che avanziamo l'ambiente inizia ad essere sempre più selvaggio.

Sopra sono visibili grosse formazioni rocciose.

Il facile passaggio attraverso il "Canale del Santuario". Grazie della foto a Mario.

Finalmente al cospetto della "Piramide" e dell'"Aia della Regina"!

Tra poco si aprono le danze, vero Giovanni? Grazie della foto a Mario.

In basso il crinale erboso appena attraversato, i passaggi da questo punto in poi iniziano ad essere complicati.

Le alte pareti della "Piramide". Grazie della foto a Mario.

Passaggi tutt'altro che facili. Grazie della foto a Giovanni.

Espressione corrucciata, il terreno qui non offre alcuna sicurezza. Grazie della foto a Mario.

Poco sotto l'antro della "Grotta delle Fate": le alte pareti della "Piramide" sulla destra.

Di fronte all'antro della "Grotta delle Fate". Grazie della foto a Mario.

In questo tratto la cengia è abbastanza ampia anche se la pendenza è notevole. Grazie della foto a Mario.

Bisogna procedere con la massima attenzione, un errore qui non è ammesso! Grazie della foto a Mario.

In alcuni punti la cengia è veramente stretta! Oh yeah! Grazie della foto a Mario.

Finalmente siamo giunti alla fine del lungo traverso sopra l'"Aia della Regina": Mario è di fronte alla parete dove è impressa una freccia (sbiadita); sulla destra quello che resta del gendarme, usato come punto di riferimento, distrutto dalle scosse sismiche del 2016. 

Sulla destra sono presenti alcune delle rocce che componevano il gendarme.

Da "I Canti" - XXII - Le Ricordanze
"(...) E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio! (...)"
(Giacomo Leopardi)


Fasi arrampicata lungo la parete attrezzata con catene, a seguire la sequenza di scatti riguardanti l'ascesa di Giovanni vista dal basso.








Giovanni ha terminato l'ascesa utilizzando la catena e sta già arrampicando sopra delle placche proseguendo verso il canale, io sto per iniziare. Grazie della foto a Mario.

In questo punto gli appoggi sono esigui e si deve fare affidamento sulla forza delle braccia: posa orribile, ma rende perfettamente l'idea! Grazie della foto a Mario.

Nel punto culminante della paretina. Grazie della foto a Mario.

Lavoro di braccia, in basso, piccolissimo, si intravede Mario. Grazie della foto a Giovanni.

Sulle placche rocciose appena fuori dal tratto con catene. Grazie della foto a Giovanni.

Anche Mario sta uscendo dal tratto con catene.

Et voilà!

La paretina l'abbiamo superata facilmente , cosa ci spetterà adesso? Grazie della foto a Giovanni.

Dopo le placche sopra la parete attrezzata ci si inoltra dentro il canale.

All'interno del canale, uno dei pochi tratti pianeggianti! Grazie della foto a Giovanni.

Intanto Giovanni ci attende!

Facili passaggi di arrampicata non esposta. Grazie della foto a Giovanni.

Altro tratto pianeggiante prima di arrampicare nuovamente. Grazie della foto a Mario.

Meglio arrampicare sulla destra! Grazie della foto a Mario.

Giovanni sull'ultimo passaggio prima di uscire dal canale. Grazie della foto a Mario.

Una strana formazione rocciosa si staglia all'orizzonte.

La salita prosegue, passo dopo passo!

Vai Super Mario!

Una breve pausa ammirando l'ambiente selvaggio dal quale siamo circondati.

L'ascesa su questo tipo di terreno è molto complicata!

Le difficoltà sono praticamente terminate, i sorrisi e la gioia sono autentici!

Giovanni in posa, sullo sfondo la Laga ed il Gran Sasso.

Ultimi sforzi!

  Prossimi alla cresta, panoramica verso Sud.

Veramente da brividi la vista alle nostre spalle!

Cima di Pretare (2281m).

I "Tre Moschettieri" in vetta a Cima di Pretare.

Verso il Monte Vettore.

Il bivio con il sentiero del Parco n.131, sullo sfondo Cima di Pretare. Grazie della foto a Mario.

La bellissima cresta tra il Monte Vettore e la Cima di Pretare.

Monte Vettore (2476m). Grazie della foto a Mario.

Panoramica dalla vetta, in primo piano la Cima del Redentore ed il Pizzo del Diavolo.