Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


domenica 15 aprile 2018

Monte Corvo da Prato Selva con salita per la cresta Nord e discesa per la Cresta di Nord-Est Invernale

"(...) Questo in pratica si traduce nell'affrontare situazioni potenzialmente pericolose con la calma e la pazienza necessarie, accantonando i timori da un lato ed incanalando l'energia prodotta dall'adrenalina, che inevitabilmente scorre in certi frangenti, nella giusta direzione. (...)"

"Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo"



Otto Aprile 2018
Partenza da Prato Selva (1369m) ore 7:36 
Rientro a Prato Selva ore 17:32 
Durata escursione 9h 56' (pausa merenda di 18' poco sotto la vetta principale del Monte Corvo)
Tempo di marcia: 9h 38'
Lunghezza tragitto: 14,5 km circa
Grado di difficoltà: EEi - PD+
Dislivello in salita: 1678m 
Dislivello in discesa: 1663m 
Vette raggiunte: 2623m Monte Corvo, 2533m Monte Corvo Vetta Occidentale
Quota massima: 2623m Monte Corvo
Gran Sasso su Wikipedia
Monte Corvo su Wikipedia



Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.








Percorso: 



Relazione:
La sveglia ha suonato presto stamattina, come d'altronde accade sempre quando vado in escursione, ed è da quasi un paio d'ore che sono in viaggio: mancano ancora un paio di minuti alle 7:00 di una bella giornata di inizio primavera, il sole è sorto da poco fra queste montagne, le più alte dell'Appennino, e sono giunto a Prato Selva, rinomata località sciistica del teramano.


Prato Selva.

I miei amici, Claudio e Fabiana, stanno sopraggiungendo e fra pochi minuti saranno qui: anche per loro è stata una levataccia visto che provengono da Roma. 
Esco, fuori non fa freddo e preparo in tutta tranquillità l'attrezzatura: lascio gli indumenti pesanti in auto, credo non ce ne sarà bisogno viste le ottime previsioni meteo per il proseguo della giornata.
Dopo pochi minuti un'auto arriva a far compagnia alla mia parcheggiata nel piazzale antistante la stazione di arrivo della seggiovia biposto Abetone: dopo i saluti con Claudio, le presentazioni con Fabiana (ancora non ci conosciamo) ed i loro preparativi alle 7:36 spaccate attivo la registrazione della traccia sul mio GPS e ci mettiamo in marcia.
Claudio è già stato sul Corvo l'inverno scorso, seguendo un altra via, Fabiana è alla sua quarta esperienza, mentre per me è la prima volta (sono il novellino del gruppo!): la sagoma di questa magnifica quanto difficile montagna è ancora coperta dal Colle Abetone, vediamo come sarà affrontarla in condizioni invernali e per un percorso non proprio usuale quale quello che abbiamo in mente...
Iniziamo a risalire i prati dell'ampia pista da sci che abbiamo di fronte e dopo qualche centinaia di metri iniziamo a calpestare la prima neve: situazione che si protrarrà fino alla fine dell'escursione.
Qualcuno ieri è salito indossando le ciaspole e le sue impronte risaltano perfettamente sul consistente manto nevoso: per una questione di praticità con gli scarponi calpestiamo sopra quella zona di neve, proprio dove la neve è stata compattata ed il rischio di "sfondare" è minore, questo finché i percorsi coincideranno ovviamente!
Per il momento camminiamo nella zona compresa fra le seggiovie "Ginestra" a destra ed "Abetone" a sinistra finché non arriviamo al termine di quest'ultima; a questo punto continuiamo sotto la "Abetone", che conduce al colle omonimo. In breve tempo raggiungiamo una faggeta e fortuna vuole che le impronte proseguono alla nostra destra seguendo una carrareccia in leggera discesa, proprio seguendo il nostro percorso: meglio così!
Dopo aver aggirato il "Colle Abetone" ad un bivio svoltiamo a sinistra, anche perché la stradina prosegue sulla destra allontanandosi in maniera evidente dalla nostra meta, ed iniziamo a salire: dopo alcune curve raggiungiamo un ampio prato, geograficamente a Sud del "Colle Abetone", dove troviamo alcuni segni del CAI (li avevamo già incominciati ad intravedere) di colore giallo-rossi (più vecchi) e bianco-rossi.


La grande spianata dopo aver aggirato "Colle Abetone".

Qui facciamo una piccola pausa, il caldo inizia a farsi sentire e dobbiamo togliere uno strato al nostro abbigliamento: visto che ci sono ripongo anche i guanti che sono perfettamente inutili con queste temperature.
Ripresa la marcia continuiamo a seguire le impronte, alle quali se ne sono aggiunte di ulteriori, che risalgono un ripido pendio alto qualche decina di metri: superata una fascia boschiva ci ritroviamo sopra una sottile cresta panoramica posta poco sopra la "Piana di San Pietro".
Il gigante si erge in tutta la sua maestosità di fronte a noi: bello, ma allo stesso tempo selvaggio e a prima vista inespugnabile...


Al cospetto di uno dei giganti dell'Appennino: il Monte Corvo.

Con i bastoncini disegniamo in aria l'ipotetico percorso che seguiremo sia per la salita che per la discesa ed ovviamente scattiamo fotografie da questa posizione privilegiata: non sarà per niente un gioco, siamo solo all'inizio della nostra avventura!
Il percorso prosegue sul filo di cresta per poi scendere nuovamente, e, dopo una brevissima discesa attraverso degli alberi, si raggiunge la "Piana di San Pietro" (1800m) dove sono presenti dei cartelli con segnavia: proseguendo sulla sinistra (Est) si raggiunge il "Rifugio del Monte"; a destra (Ovest) la "Valle del Crivellaro".


Cartello con segnavia nella "Piana di San Pietro".

Senza esitazione alcuna svoltiamo a destra seguendo i segni giallo-rossi che scendono lungo un fosso secondario, in alcuni punti "sommerso" dalla tanta neve presente al suolo ed è qui che viene fuori il lato artistico di Claudio ed in un grosso risalto ci mettiamo in posa per alcuni scatti: gli unici purtroppo dove saremo insieme...
Chiusa questa parentesi continuiamo con la nostra marcia che prosegue a mezzacosta fino ad intercettare la "Valle del Crivellaro" (circa 1750m): di tutte le impronte a terra ne sono rimaste solo due coppie che si addentrano sempre di più, in salita, all'interno di questa valle selvaggia.


Il Monte Mozzone (2290m) dalla Valle del Crivellaro e le impronte che a breve svolteranno verso sinistra.

L'ambiente dolomitico che ci circonda è di una bellezza straordinaria e la sensazione di trovarsi in luogo lontano, irraggiungibile, irreale cresce man mano che proseguiamo nel nostro cammino: gli alti contrafforti rocciosi del "Monte Mozzone" a sinistra, l'imponente cresta Nord del "Monte Corvo" a destra e la neve presente sembrano portarci come all'interno di una saga nordica, sospesi in un limbo tra la realtà e la fantasia.


All'ingresso della Valle del Crivellaro.

 Forse con le parole non riesco ad esprimere al meglio le sensazioni che mi pervadono in questi istanti, come ho già detto parecchie volte bisogna viverle queste esperienze ed immergersi completamente in questa bellezza per cercare di comprenderla.

La testata della Valle del Crivellaro.

Risaliamo di qualche metro sulla sinistra, verso il "Monte Mozzone", dove in una zona rocciosa decidiamo che è giunto il momento di indossare i ramponi per proseguire in sicurezza. Sono il più veloce a disbrigare questa operazione e ne approfitto per andare in avanscoperta: "Claudio, voi fate con calma, io intanto vado avanti per vedere dove saliremo in cresta!"
"Ok Gianluca!" mi risponde Claudio.
Sarà l'ultima volta che avrò un dialogo diretto con loro...
Vista la lunghezza del percorso e gli sforzi da sostenere non voglio ci siano errori nella scelta della via da seguire e preso da questa, chiamiamola ansia, non mi accorgo che sto proseguendo ad un ritmo troppo elevato distanziando sempre di più Claudio e Fabiana che sono ancora fermi.


Al centro della valle, in perfetta solitudine...

Raggiunto un pianoro ad una quota di circa 2000m le impronte seguite sinora svoltano repentinamente a sinistra, risalendo un ripido canale che conduce direttamente sulla cresta sommitale del "Monte Mozzone". 


... verso il canale che conduce in cresta sulla destra.

Chiamo Claudio (fortunatamente c'è sempre campo in questo luogo sperduto) e lo avverto di svoltare a destra in questo punto e seguire le mie impronte e gli dico che io intanto mi infilerò sul canale che ci condurrà in cresta. L'esposizione è a Sud e la neve inizia ad essere molle, fortunatamente la pendenza non è ancora eccessiva e procedendo a zigzag non ci sono problemi: il gioco adesso è quello di fare una trentina di passi in una direzione, ripetere la stessa cosa nell'altra e così via...


Fasi di ascesa verso la cresta: la sagoma nera che contrasta con il bianco candido del pendio è il sottoscritto. Grazie della foto a Claudio Lucarini.

Il dislivello da superare è di circa 200m e sono talmente concentrato sulla progressione e la tenuta della neve che non mi accorgo di essere a quasi due terzi del canale: mi volto e vedo i miei amici che stanno sbucando proprio ora sul pianoro lungo la valle, alzo i bastoncini in segno di saluto e loro mi rispondono; noto altresì che hanno svoltato a destra seguendo la mia traccia, bene!


Fasi di salita lungo il canalone che adduce alla cresta Nord del Monte Corvo dalla Valle Crivellaro: il magnifico scoglio in primo piano è il Monte Mozzone (2290m), spartiacque fra le Valli Crivellaro e Fosso del Monte. 

La pendenza in questi tratti finali del canale raggiunge il suo acme, di contraltare la neve sta divenendo sempre più marcia ed il suo manto sottile mostrando i sassi sottostanti: estratta la piccozza mi dirigo verso destra, cercando di raggiungere le rocce, spoglie di neve, aldisotto la cresta.
Più semplice a dirsi che a farsi perché bisogna trovare il punto giusto per compiere questa operazione altrimenti, come mi capita un paio di volte, si "sfonda"...


Poco sotto la cresta, è ora di salire sulla "solida" roccia!

Finalmente trovo il punto giusto ed inizio ad arrampicare su un terreno più solido, cosa quanto mai non vera!
La roccia è marcia oltreché bagnata e bisogna testare più volte ogni singolo appiglio ed il falasco non aiuta di certo: faccio affidamento sulla piccozza che in questi frangenti è risultata indispensabile.
Dopo pochi minuti sbuco in cresta ed il panorama che mi si para di fronte è meraviglioso: di fronte a me il "Lago di Campotosto" si stende in tutto il suo splendore mentre sulla destra i Monti della Laga, ancora abbondantemente innevati, spiccano come non mai...

Il Lago di Campostosto dalla cresta Nord.

I Monti della Laga.

Sono talmente preso da questa visione che quasi non mi accorgo di non essere solo: percepisco con la coda dell'occhio un movimento alla mia destra, mi volto e vedo un branco di camosci che pascola indifferente della mia presenza.


Il primo degli "incontri"...

Mi notano, ed avranno sicuramente sentito il rumore da me prodotto ormai da un po', però non mi reputano una minaccia e rimangono quindi nella medesima posizione facendosi letteralmente i fatti loro.
Ovviamente immortalo questi istanti di vita quotidiana così come gli splendidi che mi circondano: i miei amici intanto sono arrivati all'incirca a metà del canale e con ampi cenni dei bastoncini (la piccozza è nuovamente sullo spallaccio dello zaino) indico loro che sono giunto in cresta. 


Dalla cresta Nord vista sulla Valle Crivellaro e sul canalone appena risalito: Claudio e Fabiana poco prima di raggiungere le rocce.

Chiamo nuovamente Claudio fornendogli indicazioni su come affrontare la parte finale del canale e dicendogli che io mi avvierò con molta calma verso la Vetta Occidentale del Monte Corvo che si erge, ancora lontana, di fronte a me.

La vetta occidentale del Monte Corvo dall'imbocco del canale.

Ho tutto il tempo del mondo visto che ho intenzione di farmi raggiungere dai miei amici e la mia marcia prosegue quindi con un ritmo blando, percorrendo ampi tornanti, seguendo un percorso atto a sprecare meno energie possibili: ogni tanto mi soffermo ad ammirare quanto di bello mi circonda scattando fotografie e respirando aria a pieni polmoni immerso in questa non voluta quanto appagante solitudine.
Ogni tanto guardo verso il punto in cui sono uscito dal canale, più in basso, sperando di vedere la sagoma di Claudio o di Fabiana ma il tempo passa e di loro ancora non vi è traccia. Rallento ulteriormente l'andatura ma in questa circostanza trovo quanto mai vero il vecchio adagio che dice "chi va piano va sano e va lontano: manca davvero poco per la vetta!


"Chi va piano va sano e va lontano...".

Quando mancano poche centinaia di metri per la cresta sommitale, quella che proviene da Ovest e che di solito viene percorsa provenendo dal "Lago di Provvidenza" finalmente vedo in cresta i miei compagni di avventura: chiamo nuovamente Claudio e gli dico che sono a pochi passi dalla vetta e li aspetterò lì.
Anche se me la sono presa comoda inizio a risentire dello sforzo prolungato, d'altronde questa neve primaverile non è ghiacciata e gli scarponi nel migliore dei casi affondano fino alla caviglia con tutto quello che ne consegue in termini di fatica.


A pochi passi dalla vetta occidentale del Monte Corvo (2533m).

A pochi metri dalla cresta mi rendo conto che prenderla di petto così sarebbe uno sforzo inutile viste le alte cornici nevose che ci sarebbero da superare, decido così di scendere di qualche metro verso Ovest dove trovo uno scalino alto all'incirca mezzo metro che supero in scioltezza!


Cornici sotto la vetta occidentale.

Prendo il telefono e quando mancano pochi passi alla vetta lo accendo in modalità videocamera per riprendere questi attimi meravigliosi: preso dall'euforia del momento non mi accorgo di ostruire parzialmente con un dito lo splendido 360° dalla Vetta Occidentale del Monte Corvo (2533m).

Arrivo sulla Vetta Occidentale del Monte Corvo (2533m).

Il cielo è terso ed i miei occhi spaziano affascinati in tutte le direzioni: tutti i principali gruppi appenninici sono visibili da questo speciale punto di osservazione e con facilità li identifico uno ad uno, che bello!



Uno sguardo verso Ovest dalla vetta occidentale.

Con prudenza mi affaccio sopra una cornice e guardo verso Nord, all'indirizzo dei miei amici, ancora puntini piccolissimi sulla neve: mi tolgo lo zaino e mi siedo bevendo avidamente dell'acqua. Mi devo subito rialzare però, la neve mi sta bagnando il sedere, in compenso tira una bella brezza sostenuta da Sud-Est che inizia a creare problemi: indosso nuovamente il secondo strato così come i guanti ma inizio a sentir freddo. Mi muovo, cammino avanti ed indietro senza però ottenere alcun risultato... Non posso stare fermo qui...
Guardando verso la vetta principale mi accorgo che poco sotto la vetta, a Nord, sarei coperto dalla cresta sommitale dal vento, quasi quasi...


Poco sotto la vetta occidentale, in direzione della vetta principale.

Chiamo Claudio e gli dico della situazione qui in vetta e di quello che ho in mente: mi dice di andare, loro hanno avuto dei problemi in uscita dal canale (ecco perché sono rimasti così indietro) e ci incontreremo sulla vetta orientale del Corvo.
Carico armi e bagagli e mi rimetto in marcia tenendomi pochi metri a sinistra rispetto alla linea di cresta quando di botto affondo fino alla coscia... 
No, i buchi no come sul Monte Rosa l'estate scorsa (vedi post Punta Giordani 4046m per la Via Normale)!
Mi isso in piedi con fatica e torno indietro di qualche passo e mi accorgo che qualche metro più in basso, in direzione Sud, è presente una serie di impronte, ormai quasi sciolte dal sole, che seguono un percorso che aggira la vetta in direzione Est andando poi in cresta: noto altresì che di grossi affondi non ve ne sono quindi, con accortezza, torno fino in vetta e da lì seguo il questo nuovo tragitto. Le cose qui vanno decisamente meglio e a conti fatti sono affondato soltanto cinque o sei volte: poteva andare peggio!
Una volta in cresta la situazione della neve ridiventa normale e posso proseguire, sempre con molta calma (tanto devo aspettare i miei amici!), verso la vetta principale del Monte Corvo che inesorabilmente si avvicina. 


La vetta occidentale del Monte Corvo (2533m) vista dalla cresta che conduce alla vetta principale. Sullo sfondo i Monti della Laga.

Noto che c'è gente in vetta, magari sono gli stessi che sono saliti per la cresta Ovest ed hanno tracciato il percorso da lì: quando li raggiungo glielo chiederò. 



La lunga cresta della vetta occidentale del Monte Corvo conduce alla vetta principale.

In meno di mezzora, dopo alcuni saliscendi raggiungo finalmente anche la seconda e ultima cima della giornata: Monte Corvo (2623m)!


A pochi passi dalla seconda ed ultima vetta della giornata!

C'è talmente tanta neve che della croce di vetta non vi è traccia! Faccio per raggiungere i tre sci-alpinisti presenti ma riesco a salutarne solo uno che già stanno scendendo per il ripido versante Sud del Corvo, verso "Valle Venaquaro"... 
Mah...
Vorrà dire che mi godrò anche questa vetta in solitudine finché non arriveranno Claudio e Fabiana.


Dalla cima principale del Monte Corvo (2623m) un primo piano sulla Vetta Occidentale (2533m); sullo sfondo il Lago di Campotosto ed i Monti della Laga.


Uno sguardo a Nord-Est dove il Pizzo Intermesoli copre parzialmente il Corno Grande e Piccolo del Gran Sasso...


... ad Est dove spiccano il Monte Aquila, il Monte Portella, il Pizzo Cefalone ed in fondo la Majella...

... e per finire verso Sud, sulla lunghissima cresta delle "Malecoste".

Faccio le foto di rito e tornato indietro di qualche metro inizio a scendere lungo la ripida cresta che ci condurrà a "Valle Fosso del Monte": trovate delle rocce spoglie di neve, in questa zona non battuta dal vento (le mie previsioni si sono rivelate azzeccate!), mi siedo e tolto lo zaino inizio a "banchettare".
La mia mensa è imbandita di cibo povero ossia succo di frutta alla pera, acqua, frutta secca e qualche biscotto (come è giusto che sia, mica posso mangiare all'inverosimile, devo pur sempre tornare indietro!), la sala da pranzo dove è allestita però è una delle più belle che ci siano, con la vista che può spaziare dalla più alta vetta dell'Appennino fino al mare...


Il Corno grande del Gran Sasso ed il Pizzo Intermesoli.

Mi godo appieno questi bellissimi momenti...


Uno sguardo al Monte Mozzone (2290m) ed al Lago di Campotosto, sullo sfondo a destra i Monti della Laga.

Intanto il tempo passa e mi rendo conto che si sta facendo tardi e poi è da troppo tempo che sto oziando qui. I miei amici hanno raggiunto la vetta occidentale in questo istante, ciò significa dover aspettare per parecchio, troppo tempo. 

Ecco Claudio che tocca la cima della vetta occidentale!

Chiamo nuovamente Claudio e lo informo della situazione, mettendolo in guardia anche sulla neve che "sfonda" poco sotto la Vetta Occidentale e decidiamo, per guadagnare tempo, che io mi rimetterò in marcia, tracciando la via, in questo percorso della cresta di Nord-Est dove vedo che negli ultimi giorni non è passata anima viva.

Via, di nuovo giù!

Inizio a scendere, a grandi falcate e la neve, qui esposta a Nord, sembra tenere meglio rispetto alle ultime fasi: bene!


Uno sguardo indietro, verso questa bellissima cresta.

La mia discesa prosegue costante, alternando tratti ripidi ad altri che lo sono meno, trovando il tempo e la voglia di scattare fotografie: sarei un emerito imbecille se non lo facessi, chissà quando mi ricapiterà di trovarmi in una situazione del genere!

Ancora il Monte Mozzone, sto rapidamente scendendo rispetto alla sua vetta.

Si alternano anche tratti dove la cresta è particolarmente stretta ed altri dove sembra un'autostrada ed è proprio in uno di questi ultimi dove incontro nuovamente dei camosci, che, come quelli della cresta Nord, sono indifferenti alla mia presenza anche se sono a pochi metri da loro: tiro fuori piano piano la macchina fotografica dalla custodia e click, beccati!


"Spero di non disturbare… Era solo per dire buongiorno!"
(Antoine de Saint-Exupéry, Lettere a una sconosciuta)

Visto che loro non se ne vanno, lo faccio io continuando questa lunga discesa finché, dopo essere sceso per un punto particolarmente ripido mi ritrovo al capolinea: sono giunto all'imbocco del canale che mi condurrà sulla "Valle Fosso del Monte". 


Da sinistra verso destra la vetta Settentrionale (2483m) e la vetta Meridionale (2635m) del Pizzo Intermesoli: al centro la vetta Occidentale del Corno Grande del Gran Sasso (2912m).

La cresta qui si restringe e ci sono alcune cornici aggettanti, una volta individuato però il punto migliore dove scendere inizio a calarmi. Il sole ora batte anche qui, ma questo canale, essendo per la maggior parte della giornata in ombra, offre una neve abbastanza consistente. La pendenza è accentuata (siamo intorno ai 50° nella parte iniziale) ma dopo una attenta valutazione decido di non scendere faccia a monte: la piccozza affonda per tutta la lunghezza del manico e se devo utilizzare il puntale per fare presa mi trovo di più a mio agio scendendo faccia a valle. Conficco la piccozza nella neve con la mano destra, affondo il piede sinistro fino a formare uno scalino, affondo il piede destro nello stesso modo e così via... ne avrò per circa 150 metri...
Ed è in questa fase, come al solito, che la parte destra del cervello prende il controllo lasciando la sinistra in background a coordinare il lavoro fisico.

Piccola parentesi musicale-filosofica


"Secret journey" (Viaggio segreto)

Musica The Police, testi di Sting

Upon a secret journey
I met a holy man
His blindness was his wisdom
I'm such a lonely man

And as the world was turning
It rolled itself in pain
This does not seem to touch you
He pointed to the rain

You will see light in the darkness
You will make some sense of this
And when you've made your secret journey
You will find this love you miss

And on the days that followed
I listened to his words
I strained to understand him
I chased his thoughts like birds

You will see light in the darkness
You will make some sense of this
And when you've made your secret journey
You will find this love you miss

You will see light in the darkness
You will make some sense of this
You will see joy in this sadness
You will find this love you miss

And when you've made your secret journey
You will be a holy man
When you've made your secret journey
You will be a holy man
When you've made your secret journey
You will be a holy man
When you've made your secret journey
You will be a holy man


Durante un viaggio segreto
Ho incontrato un sant'uomo
La sua cecità era la sua saggezza
Io sono un uomo tanto solo

E mentre il mondo stava girando
Si rotolò dal dolore
Questo non sembra toccarti
Indicò la pioggia

Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo
E quando hai fatto il tuo viaggio segreto
Troverai questo amore che ti manca

E nei giorni che seguirono
Ho ascoltato le sue parole
Mi sforzai di capirlo
Ho inseguito i suoi pensieri come uccelli

Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo
E quando hai fatto il tuo viaggio segreto
Troverai questo amore che ti manca

Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo
Vedrai gioia nella tristezza
Troverai questo amore che ti manca

E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo
E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo
E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo
E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo

Traccia 10 dell'album "Ghost in The Machine" (1981) The Police

Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.

E' il lontano 1981 ed oramai i Police sono uno dei gruppi più famosi al mondo. Sting, ormai sex-symbol a livello mondiale, diviene anche il padre-padrone della band e comincia a trattare gli altri due membri come comprimari per la furia di Copeland (il batterista), tenuta a freno dal mite Summers (il chitarrista).  
Ma Sting non si ferma qui e dopo il grande successo commerciale del loro lavoro precedente, il mediocre "Zenyatta Mondatta", per il nuovo album cede nella tentazione dello spirito di novità e decide di cambiare anche il produttore per poter realizzare un progetto più elettronico, il cui risultato è un album tanto cupo nei testi quanto barocco nella musica. 


Un bellissimo video, non ufficiale, di "Secret Journey" effettuato montando alcuni spezzoni di "King of Pain".

Venendo al titolo, "Il fantasma dentro la macchina", è preso direttamente da un libro di Arthur Koestler, dove in sintesi viene affermata la teoria secondo cui la mente di un individuo non sarebbe un'entità non-materiale indipendente (che abita e governa temporaneamente un corpo), al contrario l'idea è che durante la sua evoluzione il cervello umano ha conservato le strutture precedenti, più primitive, e si è sviluppato sulla base di esse. Un mezzo, questo disco, attraverso cui Sting descrive se stesso dipingendo la sua persona, mostrando ancor di più che nel passato, una particolare cura nei testi dal forte sapore autobiografico. Il cantante infatti si trova in un momento molto particolare della sua vita, con il successo da una parte, e il fallimento, di lì a breve, del suo matrimonio ed è alla ricerca quindi di una linea spirituale, di una guida che lo accompagni nella ricerca di una stabilità non facile da trovare.
"Secret Journey", una spèra di luce in questo album permeato di buio, con il suo parlare di uomini santi e "luce nell'oscurità", prende spunto dal libro "Incontri con uomini straordinari" del filosofo-scrittore greco-armeno Georges Ivanovic Gurdjieff di cui Sting è affascinato. I protagonisti, questi uomini straordinari, sono il padre dell'autore, il prete armeno Pogossian, un amico di nome Soloviev, il principe russo LjubovedskiJ (appassionato di metafisica), oltre a un paio di altri conoscenti. Gurdjieff inserisce le storie di questi personaggi all'interno del racconto dei suoi viaggi, e li definisce i "ricercatori della verità". Secondo la loro teoria, l'uomo vive ormai come un essere automatizzato (la macchina), condizionato dalla società esterna e dai suoi meccanismi, mentre dovrebbe riprendere quel percorso spirituale intrapreso dagli uomini delle passate epoche (il fantasma) che gli permetterebbe di vivere più in armonia con se stesso e con la natura che lo circonda. L'essere umano, concorda Sting, dovrebbe lavorare per ottenere un livello superiore di vitalità e consapevolezza, oltre che per favorire il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che lo condizionano.

La copertina di "Ghost in The Machine". L'immagine è coperta da copyright ed è di proprietà degli autori.

In un comunicato stampa di "Ghost In The Machine" dell'Ottobre del 1981, Sting dichiarò quanto segue riguardo questa canzone:

"È una canzone quasi mistica: devi fare qualcosa, andare da qualche parte, uscire da te stesso. Ho letto il libro "Meetings with Remarkable Men" che dice che devi fare un viaggio. Non deve essere un vero viaggio, può essere un viaggio mentale. Stavo cercando una guida spirituale nella mia vita e, dopo alcuni falsi indizi, finalmente ho iniziato ad ascoltare la lingua parlata dai battiti del mio cuore."

Leggendo i racconti di questi avventurieri spirituali, Sting individua finalmente un suo percorso che gli viene suggerito dal cuore, un viaggio segreto all'interno del suo io. Non a caso, negli anni successivi, si avvicinerà molto alla disciplina dello yoga, e continuerà a viaggiare nel suo inconscio tra meditazione e ricerca del sé.
Ovviamente mi ritrovo nelle parole scritte da Sting, i miei pensieri però sono "come uccelli" e vanno oltre questo tipo di interpretazione della canzone: riferita alla mia vita e a quanto sto vivendo in questi istanti il tutto, assume per me, un altro significato.
Mi piace pensare che la voce narrante incontra la versione più vecchia e più saggia di se stesso (l'uomo santo) che gli dice che non dovrebbe preoccuparsi per tutto quello che accade intorno a lui perché alla fine tutto andrà bene (o è andato bene, dipende da quale punto di vista si sta parlando).

"E mentre il mondo stava girando
Si rotolò dal dolore
Questo non sembra toccarti
Indicò la pioggia

Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo "

Penso che queste righe vogliano dire che quando si è giovani, spesso ci si preoccupa troppo delle cose, si tende a pensare che il problema che si sta affrontando sia così grande da rendere "as the world was turning, it rolled itself in pain", ed allora sarebbe bello avere qualcuno più vecchio e saggio attorno, che ci dimostra che la vita va sempre avanti e che forse vedremo le cose in maniera diversa col passare del tempo.
Tuttavia, per il più giovane è spesso difficile capire cosa voglia dire il più anziano, semplicemente perché manca di esperienza personale:

"Ho ascoltato le sue parole
Mi sforzai di capirlo
Ho inseguito i suoi pensieri come uccelli "

Per quanto riguarda l'immagine del "santo uomo" un sacerdote recentemente mi ha detto che nella Chiesa Cattolica qualcuno che è "santo" non è visto come un essere che incarna la perfezione bensì come qualcuno che ha dato il meglio di se in base alle sue capacità o, parlando in modo più informale, chi ha fatto bene durante la sua vita.
Durante questa discesa, in solitaria, una parte di me (l'uomo più vecchio) mi dice di rimanere tranquillo perché tutto andrà per il meglio: il percorso alpinistico che ho re-intrapreso ormai da tre anni a questa parte mi sta portando sempre più in alto (ovviamente non soltanto di quota!) in termini di esperienza e di consapevolezza nei miei mezzi e capacità.
Questo in pratica si traduce nell'affrontare situazioni potenzialmente pericolose con la calma e la pazienza necessarie, accantonando i timori da un lato ed incanalando l'energia prodotta dall'adrenalina, che inevitabilmente scorre in certi frangenti, nella giusta direzione.

"Vedrai la luce nell'oscurità
Avrai un senso di questo"

Questa discesa mi ricorda tanto quella che affrontai ormai tre anni fa dal Pizzo del Diavolo verso la Valle del Lago di Pilato, nei Sibillini (vedi post Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore, Pizzo del Diavolo, Lago di Pilato, Monte Vettore da Forca di Presta), lungo un ripido ghiaione, con la differenza (non da poco!) che in quella circostanza l'ambiente non era innevato: come quella volta, superati un paio di massi posti al centro del canale (l'unico potenziale pericolo in caso di scivolata), entrato in simbiosi con il mio io, abbandono tutte le mie remore ed inizio quasi a correre raggiungendo così la "Valle Fosso del Monte"... 

"E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo
E quando avrai compiuto il tuo viaggio segreto
Sarai un uomo santo"

Chiusa parentesi musicale-filosofica.

In pochi minuti, quasi in trance, arrivo in fondo al canale percorrendo un dislivello di circa 150m: sono pervaso da una bellissima sensazione di euforia, facciamo durare più a lungo possibile questi attimi...


Il Monte Mozzone dalla Valle Fosso del Monte.

Sto procedendo in leggera discesa, circondato da alte rocce dolomitiche incastonate in una neve ancora intonsa: questa consapevolezza e la certezza che le difficoltà siano finite fanno cambiare tono all'escursione mutandone i connotati.
Raggiunte delle grosse rocce posizionate all'ingresso della valle le aggiro a sinistra, per poi portarmi sulla destra quando si tratta di superare un tratto con pendenza maggiore e, giunto a questo punto del percorso, il mio pensiero torna ai miei amici ed è per questo che chiamo nuovamente Claudio: mi dice che sono sotto la vetta principale del Corvo e tra poco inizieranno la lunga discesa per la cresta di Nord-Est seguendo la mia evidente traccia; gli dico che sono arrivato all'imbocco della "Valle Fosso del Monte" e gli spiego per filo e per segno quello che dovranno affrontare durante la loro discesa.
Il "Rifugio del Monte" dista ormai poche centinaia di metri dal punto in cui mi trovo, in poco più di un'ora e mezza sono passato dai 2623 metri di altezza della vetta del Monte Corvo ai 1614 metri di questa piccola spianata: niente male, sicuramente mi ha fatto guadagnare tempo il pezzo di corsa lungo il canale! Ma si, ridiamoci sopra!

Poco sopra la spianata dove è situato il "Rifugio del Monte".

L'obiettivo adesso è quello di individuare velocemente la pista che mi ricondurrà alla "Piana San Pietro", risalendo per circa 200 metri di dislivello: al solo pensiero le gambe mi si bloccano!
Trovo immediatamente il paletto con i cartelli indicanti i vari percorsi che si diramano da questo punto, a tal proposito aggiungo che l'estate scorsa è stata svolta una grossa operazione per il rifacimento di tutta la segnaletica del Parco, ed individuo subito il sentiero che, il tempo di alcune fotografie, inizio a seguire.

Paletto con segno nei pressi del "Rifugio del Monte", in fondo la Valle omonima.

Si sale di traverso lungo il bordo di un torrente, su neve non marcia, di più! Le gambe affondano, troppo, lo sforzo è immane per risollevarsi però devo pur proseguire, no?
Terminato questo breve quanto ostico tratto il percorso risale in mezzo al bosco fino a portarsi sulla panoramica cresta che conduce sulla sommità del "Colle Andreole": i miei occhi vanno sulla cresta di Nord-Est alla ricerca dei miei amici che ancora non riesco ad intravedere. 

La bellissima cresta di Nord-Est vista salendo verso il "Colle Andreole".

Proseguo, con calma, molta calma e quando il sentiero scende verso il fosso costeggiato poco fa io decido di rimanere in cresta, magari aumentando gli sforzi, con la possibilità però di poter vedere quando e come se la caveranno Claudio e Fabiana con il canale che adduce alla "Valle Fosso del Monte". 



I miei amici, puntini piccolissimi sull'azzurro del cielo, poco sopra l'imbocco del canale.

Dopo pochi minuti intravedo le loro sagome che si stagliano all'orizzonte sopra l'ultimo ripido pendio posizionato prima del canale: estraggo la macchina dalla custodia, regolo lo zoom ed inizio così a scattare fotografie su fotografie; non ho con me un cavalletto e devo per forza di cose far affidamento sulla fermezza della mia mano.
La marcia prosegue alternando pochi passi a scatti sul canale: il destino ha voluto che io mi trovi qui, lontano, ma con l'anima sono lì, sul canale, con i miei amici, guidandoli idealmente passo dopo passo. 


Claudio (in basso), e Fabiana (sopra), lungo il ripido canale che dalla cresta di Nord-Est del Monte Corvo conduce sul Vallone Fosso del Monte (zoomata dal Colle Andreole).

Il mio avanzare in queste fasi è legato indissolubilmente alla discesa lungo il canale di Claudio e Fabiana, non ne perdo ogni singola fase e guarda caso, raggiunta la cima del "Colle Andreole", loro giungono quasi al termine di questa discesa.
Bene, posso rifiatare in tutti i sensi!
Grazie a questa deviazione sono salito troppo di quota ed ora devo discendere nuovamente di qualche metro per raggiungere la "Piana San Pietro", cosa non proprio agevole in mezzo al bosco con la neve che sfonda all'improvviso grazie a rami e radici nascosti nel manto nevoso.
In pochi minuti la pratica viene disbrigata e mi preparo per l'ultima, dico ultima (o almeno spero!) salita della giornata, quella che mi condurrà sulla cresta antistante l'ampio prato sotto il "Colle Abetone".
Come un automa raggiungo la sua sommità e per l'ultima volta mi giro ad ammirare il magnifico gigante selvaggio che mi ha concesso la sua ascesa: chissà quando tornerò...


Ciao Gigante, alla prossima!

Mi volto riprendendo il cammino, la nostalgia inizia già a farsi sentire...
Giunto nei pressi dell'ampio prato alla base del "Colle Abetone" stavolta non prendo la carrareccia alla mia sinistra, bensì seguo i segni bianco-rossi che si inoltrano in mezzo al bosco: supero l'ultima (stavolta è vero!) salita dell'escursione iniziando poi la lunga discesa, seguendo le impronte che avevamo lasciato nella mattinata, che in breve tempo mi conduce alla stazione di arrivo della seggiovia Abetone dove mi attende l'ultima sorpresa della giornata.
Mentre mi sto togliendo i ramponi al limitare del bosco vedo un giovane capriolo con la sua mamma che stanno beatamente pascolando: ho le mani impegnate con i ramponi e sono troppo stanco per estrarre la macchina fotografica dalla custodia, però non serve, non è necessario...
La loro immagine rimarrà per sempre scolpita nel mio cuore.



Galleria fotografica in preparazione.