Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


venerdì 8 aprile 2016

Lago di Pilato da Foce di Montemonaco Invernale

"... Il cielo è plumbeo e le montagne più alte dei Sibillini si ergono in tutta la loro maestosità intorno a me... Questo luogo è magico, a prescindere da tutte le leggende secolari che lo riguardano..."



Tre Aprile 2016 
Partenza da Foce di Montemonaco (945m) ore 6:16 
Rientro a Foce di Montemonaco ore 10:27
Durata escursione: 4h11m 
Distanza percorsa: 12,1Km circa
Grado di difficoltà: Ei
Quota max raggiunta: 1941m presso il Lago di Pilato
Dislivello in salita: 1013m circa
Dislivello in discesa: 1016m circa
Monti Sibillini su Wikipedia
Monte Vettore su Wikipedia
Cima del lago su Wikipedia
Cima del Redentore su Wikipedia
Pizzo del Diavolo su Wikipedia
Lago di Pilato su Wikipedia



Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.





Percorso:
Partenza da Foce di Montemonaco (945m) seguendo il sentiero del Parco n.151 (segnali bianco-rossi) fino al "Lago di Pilato". Il ritorno è avvenuto seguendo lo stesso percorso dell'andata ma in maniera inversa.




Dedicato alla memoria di Sergio Bonelli e Gallieno Ferri 


Relazione:
Sono le 6:00 di mattina circa e ancora è buio: ho appena parcheggiato la mia auto lungo il bordo della strada che da Foce di Montemonaco si snoda per il "Piano della Gardosa". La luna, nel suo ultimo quarto, sta tramontando dietro le montagne, da qui alte e inaccessibili, riuscendo però a darmi quel poco di luce necessaria al mio avanzare. Ho la frontale con me, ma non ne farò uso, a breve sorgerà l'aurora e poi albeggerà, è solo una questione di minuti.


Ancora buio lungo il "Piano della Gardosa".

L'escursione che mi appresto ad affrontare è un "classico" dei Sibillini, la via più diretta che conduce al "Lago di Pilato", quella però che richiede un maggiore impegno fisico rispetto all'altra "classicissima" che da "Forca di Presta" sale fino alla "Sella delle Ciaule" per poi scendere di nuovo  fino al lago: in estate qui ci sono frotte di escursionisti che la percorrono, esperti e meno esperti, e non è cosa rara vedere qualcuno di questi ultimi prendere e tornare indietro spaventato dalle "Svolte". 
Possiamo suddividere il percorso in tre parti: la prima si svolge lungo il "Piano della Gardosa" e costeggia una carrareccia (chiusa al traffico); diciamo che è la parte più turistica (praticamente una passeggiata adatta a tutti) e conduce fino ad una bella faggeta attrezzata con panche e tavoli . Lungo questa parte di sentiero non mancano i fontanili dai quali attingere acqua in caso di necessità. La seconda parte è invece quella che richiede maggiore impegno, quella con il maggior dislivello da superare: le famose "svolte", una serie di ripidi tornanti che dal bosco citato poc'anzi portano fino all'imbocco della Valle del "Lago di Pilato". Si procede in mezzo agli alberi, in una zona di sfasciume ed in continuo movimento con pendenza abbastanza accentuata: il terreno è un misto di foglie secche, ciottoli, radici e rocce e si deve procedere con cautela. La terza e ultima parte invece è quella che si svolge all'interno la Valle del Lago, che con lunghi ed estenuanti saliscendi riesce a portare "l'intrepido" escursionista fino all'agognata meta. Per quel che riguarda la segnaletica il sentiero da seguire è il n.151 (bolli bianco-rossi) che da Foce conduce direttamente al Lago terminando lì il suo percorso.
Anche questa volta sono da solo, è un periodo così: ho deciso proprio all'ultimo momento di partire e la sveglia ha suonato molto presto, dovrò condensare il tutto poi nella sola mattinata. Non è bello iniziare un'avventura con queste premesse, guardando l'orologio di continuo, ma già è tanto che sono riuscito a farlo quindi, per forza di cose, mi devo accontentare e prendere le cose così come sono senza troppi "se" e senza troppi "ma". Sinceramente non lo so dove si arriverà con questa vita, con questo continuo rincorrere non si sa cosa: dove stiamo andando?
Tutto pronto, si parte! Mi concentro sulla marcia e riesco ad imprimere subito un buon ritmo ai miei passi: mi sento bene, riesco a spingere come e quanto voglio ed il mio corpo è pronto, reagisce immediatamente agli impulsi provenienti dal cervello. In breve tempo raggiungo il termine della carrareccia, dove parecchio tempo fa si potevano parcheggiare le auto: l'ultima volta che sono salito al Lago per questa via è stato precisamente il 20 Agosto 1996, quasi venti anni fa. Piuttosto che andare al mare, quel giorno avevamo deciso di fare un qualcosa di diverso ed alla conta eravamo quasi trenta: ho dei bei ricordi di quella giornata legati all'azzurro del cielo e del lago, alla lunga marcia (procedevamo al ritmo del più lento), agli scherzi e all'aiuto fornito a chi era in difficoltà.


Fotografia dell'escursione del 20 Agosto 1996: il mio amico Ivo sulla sinistra, il sottoscritto a destra.

Sicuramente emozioni e sensazioni diverse da quelle che provo ultimamente: si cresce, si cambia, ci si dedica ad altri aspetti durante un'escursione anche se sono convinto che con la stessa compagnia di allora, oggi vivrei nuovamente le stesse emozioni.


Fotografia dell'escursione del 20 Agosto 1996, lungo la valle del lago, sullo sfondo il "Pizzo del Diavolo".

In meno di mezzora raggiungo la faggeta chiudendo quindi la prima parte del sentiero che ora inizia ad impennarsi: sto iniziando a percorrere le "Svolte", sono proprio come le ricordavo. 


La parte iniziale delle "Svolte".

Noto che sono state installate delle staccionate nei punti più esposti così come stati costruiti degli scalini: il brutto è che nella maggior parte dei casi tutto è ammalorato e necessiterebbe di manutenzione. Per la mia prosecuzione devo attraversare un paio di accumuli di neve: sono nei punti peggiori, quelli di maggior pendenza ma con l'aiuto dei bastoncini riesco a fare a meno di indossare i ramponi.
Che dire, è una bella "pettata", lontanamente paragonabile però a quella della parte iniziale del sentiero dei Sibillini n.225 che dal Santuario della Madonna dell'Ambro sale fin sulla cresta di Nord-Est del Monte Priora (Monte Priora per la cresta di Nord-Est (Madonna dell'Ambro) Invernale): questa è solo un po' più lunga ma meno intensa.
Piccola parentesi.
Ci siamo, la mia mente inizia a vagare il perché lo conosciamo (vi dice niente la parola sincronicità? Per chi non ne conoscesse il significato vi invito ad andarvi a leggere il post del Pizzo Berro per la Val di Panico Invernale) ed ora ho iniziato a capire anche il quando: durante le fasi di maggior impegno fisico e mentale ho notato che il mio cervello ha bisogno di svolgere processi paralleli atti ad attenuare la tensione propria di questi momenti, ha bisogno di una o più valvole di sfogo. 
Ho notato altresì che nella maggior parte dei casi, per allentare la pressione, il mio cervello sceglie la via della musica: grazie alla sincronicità viene pescato un motivo, una canzone in mezzo alla marea di tutti quelli immagazzinati nei miei ricordi. Dove siamo andati oggi?
I miei gusti musicali sono poliedrici (non prediligo dei generi a discapito di altri) e spaziano dalla musica classica a quella elettronica, dal rock psichedelico al blues, dal jazz a pop, dal funky all'hard rock: la cosa importante è che una buona musica debba essere accompagnata da liriche di pari livello di intensità, capaci di far scattare qualcosa dentro.
Tornando a noi qui di seguito il testo della canzone che è entrata in loop nel mio cervello durante la salita su per le "Svolte":

I'm hurting, baby, I'm broken down 
I need your loving, loving 
I need it now 
When I'm without you 
I'm something weak 
You got me begging, begging 
I'm on my knees

I don't wanna be needing your love 
I just wanna be deep in your love 
And it's killing me when you're away 
Ooh, baby, 'cause I really don't care where you are 
I just wanna be there where you are 
And I gotta get one little taste

Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me 
I'm right here, 'cause I need 
Little love and little sympathy 
Yeah you show me good loving 
Make it alright 
Need a little sweetness in my life 
Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me

My broken pieces 
You pick them up 
Don't leave me hanging, hanging 
Come give me some 
When I'm without ya 
I'm so insecure 
You are the one thing, one thing 
I'm living for

I don't wanna be needing your love 
I just wanna be deep in your love 
And it's killing me when you're away 
Ooh, baby, 'cause I really don't care where you are 
I just wanna be there where you are 
And I gotta get one little taste

Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me 
I'm right here, 'cause I need 
Little love and little sympathy 
Yeah you show me good loving 
Make it alright 
Need a little sweetness in my life 
Sugar! (Sugar!) 
Yes, please (Yes, please) 
Won't you come and put it down on me

Yeah 
I want that red velvet 
I want that sugar sweet 
Don't let nobody touch it 
Unless that somebody's me 
I gotta be a man 
There ain't no other way 
'Cause girl you're hotter than southern California Bay

I don't wanna play no games 
I don't gotta be afraid 
Don't give all that shy shit 
No make up on 
That's my

Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me (down on me!) 
Oh, right here (right here), 'cause I need (I need) 
Little love and little sympathy 
Yeah you show me good loving 
Make it alright 
Need a little sweetness in my life 
Sugar! (Sugar!) 
Yes, please (Yes, please) 
Won't you come and put it down on me

Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me 
I'm right here, 'cause I need 
Little love and little sympathy 
Yeah you show me good loving 
Make it alright 
Need a little sweetness in my life 
Sugar 
Yes, please 
Won't you come and put it down on me

Stavolta siamo su un pezzo dei Maroon 5 intitolato Sugar: estratto come terzo singolo dal loro quinto album in studio V e pubblicato il 13 gennaio 2015 negli Stati Uniti (non amo solo la musica del passato... Per chi dice che sia un nostalgico degli anni '80!). Questo brano presenta un ritmo di genere "Filadelfia Soul" con influenze disco e New Wave: il tutto ricorda molto i solchi del Funk che erano in voga negli Anni '80 (Ah ah ah... mi sono appena contraddetto!).

Il video ufficiale di "Sugar" dei Maroon 5.

Il testo parla di amore, amore che il protagonista della canzone prova per la sua ragazza, e lo paragona allo zucchero (magari detto così suona un po' vuoto e banale):

"Sto male tesoro, sono distrutto
Ho bisogno del tuo amore, amore, 
Ne ho bisogno ora.
(...) Non voglio aver bisogno del tuo amore
Voglio essere immerso nel tuo amore
(...) Zucchero, Si grazie
Potresti venire qui e darmene?
Sono proprio qui, perché ho bisogno 
di un po' d'amore e di comprensione
Si mostrami il tuo amore 
Rendi tutto migliore
Ho bisogno di un po' di dolcezza nella mia vita."

Adesso, con alcune parti del testo estratte e tradotte (per chi non mastica bene l'inglese), tutto prende un'altra piega e si parla di bisogno ma allo stesso tempo di indipendenza, di amore e di comprensione. Temi condivisibili e nei quali la maggior parte di tutti noi riesce ad immedesimarsi, a farne parte. Certo, non sono liriche che raggiungono alte vette di intensità, però secondo me con la loro semplicità riescono a cogliere il bersaglio (il video ufficiale su YouTube è stato visualizzato da più di un miliardo di persone!).
Sono fortunato, riesco a vivere con intensità le mie passioni, riesco a liberare l'anima quando mi confronto con le sensazioni più profonde che solo la natura può darmi, godo appieno della smisurata solitudine che solo certi luoghi e paesaggi mi concedono: tutto questo però rimane confinato nel mio essere solo per poco tempo, infatti quando torno a casa ho qualcuno che mi aspetta, pronto ad ascoltarmi, a comprendermi, a fare parte del tutto, a darmi dolcezza, a darmi zucchero... 
Due infiniti che si toccano...
Qualche anno fa, nel lasso di tempo tra una storia finita ed una che non sapevo stesse per iniziare scrivevo questo:


Era il 1995, Internet era agli arbori ed i "Social Network" neanche si sapeva cosa fossero. Un po' per gioco ho inviato questa frase alla posta di "Musica!", inserto settimanale del quotidiano Repubblica: ebbene è stata pubblicata e nel giro di un paio di settimane ho ricevuto più di duecento lettere, alle quali ho risposto, una ad una; forse in quel periodo almeno un social avrebbe fatto comodo, eccome!
Tanta acqua è passata sotto i ponti, alcune porte si sono chiuse, altre se ne sono aperte, quanto scritto oramai la bellezza di ventuno anni fa però, rimane attuale, il "postulato" è ancora valido.
Chiusa parentesi.

Sono fuori dalle "Svolte" (l'altimetro segna circa quota 1500m) ed il mio sguardo si posa nuovamente sul "Pizzo del Diavolo" ora non più celato alla mia vista (d'ora in poi sarà sempre visibile): questa valle e le montagne che la circondano sono completamente permeate di miti e leggende, ed immergersi in completa solitudine nel suo assordante silenzio ti fa provare sensazioni fortissime e contrastanti. 


Appena usciti dalle "Svolte" all'imbocco della valle.

E' bello trovarsi qui, oggi, in questo preciso istante.
In questa parte di sentiero non c'è neve, la pendenza è leggera e il mio avanzare riprende con rinnovato vigore. Mi sto inoltrando sempre più dentro la valle finché, con immensa felicità, mi accorgo di essere giunto alla "Fonte Matta" (1570m).


La "Fonte Matta".

Nome curioso dato a questa fonte che ora zampilla qui davanti a me, ma che lo fa solo in certi periodi dell'anno (da primavera a inizio estate): una piccola grande gioia, pensavo fosse ancora presto per poterla vedere.


Camminando lungo la parte bassa della valle.

Ora il sentiero prosegue sulla parte destra della valle e dopo un paio di tornanti sono obbligato a fare una scelta: indossare i ramponi e proseguire sulla neve per una via che affronta direttamente il "Monte Rotondo" (questo è il percorso seguito dal sentiero 151), oppure proseguire alla mia destra salendo per il ripido pendio erboso di "Forca di Pala" allungando di un poco il percorso ma evitando la neve. 


Il "Monte Sibilla" raggiunto dai primi raggi del sole.

Senza pensarci troppo opto per la seconda soluzione e dopo pochi minuti raggiungo la sommità del "Monte Rotondo" dove alla mia sinistra, da qualche parte, dovrebbero esserci i ruderi della Capanna Piscini (Casaletto): invisibili grazie all'abbondante manto nevoso copre ancora tutto in questa parte della valle; vediamo un po' se per la prosecuzione dell'escursione dovrò indossare o meno i ramponi. 


I contrafforti rocciosi del "Pizzo del Diavolo" e "Cima dell'osservatorio".

Ancora fa abbastanza freddo, il pallido sole da poco sorto ad Est è ancora coperto dal Monte Vettore, ne consegue che la neve è ancora dura e compatta: stavolta non sono io a dover tracciare la via come feci l'ultima volta (Diciannove Marzo 2016 - Escursione al Monte Vettore da Forca di Presta Invernale), ci sono già delle impronte che mi aiutano nell'avanzata; la pendenza ora non è eccessiva e credo di aver scongiurato l'eventualità di dover indossare i ramponi almeno fino ai laghi, per la discesa si vedrà.


Il "Pizzo del Diavolo".

Piccola parentesi fumettistica.
Questa volta la sincronicità non c'entra nulla. Ieri sera prima di andare a letto, una notizia è riuscita a rovinarmi la nottata: purtroppo è venuto a mancare Gallieno Ferri, il creatore grafico, disegnatore e copertinista di Zagor, dal primo albetto a strisce ad oggi. Ovviamente sto parlando di "nuvole parlanti", di fumetti: quando mi hanno insegnato a leggere a scuola, parallelamente ho iniziato a leggere fumetti prima e libri poi.
Il primo romanzo che ho letto è stato "Viaggio al centro della terra" di Jules Verne e mi ricordo di averlo preso in prestito nella biblioteca della mia scuola in terza elementare: bellissimo, ma per un bambino la lettura di un libro rimane molto più ostica ed impegnativa rispetto a quella di un fumetto, poi a quel tempo c'erano degli eroi che per me non avevano eguali: l'Uomo Ragno, Batman e Zagor.
La storia editoriale dei primi due in Italia è stata abbastanza travagliata (per lunghi periodi non sono stati presenti in edicola) e quindi non li ho potuti seguire con continuità, Zagor è invece presente nelle edicole da prima che nascessi e lo è tuttora, mai saltando una uscita. I motivi però del mio "disamore", se così lo possiamo chiamare, nei confronti dei supereroi sono altri: Zagor ha poco a vedere con i vari Superman, Iron Man, Capitan America ecc.. che sebbene abbiano un maggior successo commerciale nel mondo, rappresentano una realtà dove il super uomo è protagonista, dove l'eroe invincibile è il personaggio caratterizzante. Un'immagine tipicamente americana, quella del super eroe buono che elimina tutti i cattivi della terra. D'altro canto alcuni di quei personaggi sono nati durante periodi bellici (Superman e Capitan America durante la seconda Guerra Mondiale, Iron Man durante la Guerra in Corea), per infondere nei ragazzi l'idea della vittoria finale (al tempo la propaganda utilizzava anche questi canali). 
Non è un caso invece che in Italia Tex Willer e Zagor siano nati nel dopoguerra, durante la ricostruzione, quando si cercava di superare l'orrore vissuto con la fantasia e il senso dell'avventura. A Zagor e a Tex sono sufficienti un paio di cazzotti ben assestati per sconfiggere il cattivo di turno e spesso si trovano nel ruolo del perdente (Tex un po' meno). Se quest'ultimo incarna il sogno americano, quello dei cowboy rudi e duri alla John Wayne, alla Kirk Douglas tanto per citarne un paio, Zagor rappresenta il mondo fantastico alla Verne, alla Salgari (ne cito sempre due!). Gallieno Ferri insieme a Sergio Bonelli (come sceneggiatore e soggettista usava lo pseudonimo Guido Nolitta) diedero vita a una sorta di Tarzan americano, in una ambientazione del tutto inventata (la mitica foresta di Darkwood) anche se con qualche riferimento reale.


Un incontro ideale tra Tex e Zagor e due giovanissimi Mister No e Martin Mystere disegnato dal Maestro.

Se Tex si muove nel Far West, dopo la guerra d'Indipendenza, quando la conquista dell'uomo bianco sui nativi americani è già avvenuta (con tutti i danni che ne sono conseguiti), Zagor invece è ambientato nella prima metà dell'800, quando ancora gli indiani sono la maggioranza e l'America ancora tutta da scoprire. Zagor è sinonimo di avventura, di azione: è accompagnato nelle sue storie da un piccolo messicano imbranato di nome Cico Cayetano y Martinez y Gonzales y Ramirez ecc... e nelle sue avventure fanno spesso capolino elementi come la fantascienza, l'horror, il fantasy e altro ancora a rendere il genere ancora più unico e variegato. Ma secondo me sono la semplicità, il mito della capanna nella foresta dove rifugiarsi al sicuro lontano da tutti i mali del mondo, il senso di avventura sconfinata, ed anche l'umorismo a rendere questo fumetto così amato e longevo.
Zagor è stato ed è una costante nella mia vita e mi auguro lo sia per molti anni a venire, anche dopo la scomparsa dei suoi creatori. Riflettendo ora, mentre salgo tra questi monti, se io sono così, in parte lo devo anche a lui, grazie a quel processo di immedesimazione che si viene a creare tra il lettore e il protagonista: provo già una certa nostalgia per quelle belle tavole e copertine firmate "Ferri G.", che non avrò più la possibilità di ammirare.
La vita secondo me non è così diversa dai fumetti se uno riesce a viverla con intensità, senza risparmiarsi in nulla. Le stesse avventure, le stesse emozioni ci aspettano all'inizio di ogni albo così come all'inizio di ogni giornata. La differenza sostanziale è che i fumetti vanno avanti per sempre, la vita prima o poi termina. È successo così ieri, quando se n'è andato il Maestro, con "M" maiuscola, Gallieno Ferri: amo pensare che ha raggiunto il suo amico Sergio Bonelli, scomparso nel 2011, là nelle praterie dei cieli, insieme a Kiki Manito, dove potranno continuare insieme a narrare le storie del mio eroe preferito, a creare sogni.
Chiusa parentesi fumettistica.


Da sinistra verso destra "Cima del Lago", il "Pizzo del Diavolo" e "Cima dell'Osservatorio".

Finalmente ho quasi raggiunto la mia meta, sono proprio sotto la "testata" della valle, solo un ultimo sforzo: conto tutti i passi, per arrivare in cima ne serviranno circa cinquecento e ci sono...


Panoramica video dalla testata della "Valle del Lago".

Piccola parentesi culturale-scientifica.
E' sempre emozionante trovarsi qui, forse nei post precedenti non l'ho evidenziato abbastanza, ma questo è un luogo unico nel suo genere. Per le sue caratteristiche orografiche e naturali è una delle valli più importanti dei Sibillini; interamente circondata dalle cime più alte del Gruppo, ne è il vero e proprio cuore. La testata è un circo contrassegnato da numerose doline di origine glaciale e sul suo fondo giace il Lago (o Laghi a seconda della stagione) di Pilato, che deve la sua origine proprio allo sbarramento effettuato dalla soglia del circo e forse anche dalla morena detritica.


Panoramica del "Pizzo del Diavolo".

Ma la sua unicità è dovuta anche ai miti ed alle leggende che si sono succeduti nel corso dei secoli e che hanno contraddistinto la storia orale e non di questo luogo.
Il Lago infatti prende il suo nome dalla leggenda per la quale nelle sue acque sarebbe finito il corpo di Ponzio Pilato. Condannato a morte dall'imperatore romano (Tiberio o Caligola? Non è molto chiaro, perché poi riguardo la sua morte la tesi più accreditata è quella del suicidio...) il suo cadavere fu chiuso in un sacco e venne affidato ad un carro di bufali inferociti, che, lasciati liberi, avrebbero terminato la loro folle corsa precipitando nel lago dall'affilata cresta della montagna più alta dei Sibillini, che a quel tempo (erroneamente) si credeva fosse la "Cima del Redentore": le sue acque ribollirono e si tinsero del sangue di Pilato (la colorazione rossastra del lago in alcuni periodi dell'anno è dovuta alla presenza del "Chirocefalo del Marchesoni" di cui parlerò più avanti).


Un'altro nome usato nell'antichità era quello di "Lago della Sibilla", come si evince da una sentenza emessa dal Giudice della Marca Anconitana De Guardaris nel 1452, che assolve la comunità di Montemonaco per aver accompagnato cavalieri stranieri a consacrare libri magici "ad Lacum  Sibillæ".
Infatti nel Medioevo vi furono interventi delle autorità religiose per condannare e vietare le pratiche negromantiche: si legge in alcuni scritti del tempo di un muro costruito attorno al Lago per renderlo inaccessibile e di una forca posta all'imbocco della valle come monito a chi non rispettava i dettami.

"...se vi scopre qualcuno è male accolto (...) Non è molto che vi sorpresero due uomini, uno dei quali era un prete. Questo prete fu condotto a Norza e là martirizzato e bruciato; l'altro fu tagliato a pezzi e gettato nel lago da quelli che l'avevano preso."
(Antoine De la Sale, Il Paradiso della Regina Sibilla, 1421)

Nel museo della "Grotta della Sibilla", presso Montemonaco, è custodita una pietra scura, detta "La Gran Pietra", che reca incisi segni magici e ed è stata rinvenuta proprio sulla riva del Lago: secondo la tradizione infatti questo sarebbe il lago Averno da cui si entra nel mondo degli Inferi.
Ciò che colpisce di più però, è che in alcuni documenti redatti a quel tempo, vi è l'insistenza degli autori nel sottolineare i "moti" delle acque del lago, che ne alzano e ne abbassano il livello improvvisamente: di tale fenomeno ancora oggi non c'è un'attendibile spiegazione scientifica. 
Tornando ad argomenti meno arcani e più legati alla scienza è singolare il fenomeno carsico della sorgente del Lago (100m a valle dello stesso, sulla destra salendo) che prima si inabissa e poi torna in superficie un paio di chilometri a valle tramite la risorgiva primaverile della "Fonte Matta" di cui ho parlato precedentemente.


Per quel che riguarda la flora è forte la presenza sui ghiaioni e sulle rocce attorno al Lago di graminacee quali il "pettenaccio" dai fiori stupendi; nei prati, più in alto sono presenti anche le stelle alpine, ma è sempre più raro trovarle grazie allo scempio perpetrato da pseudo-escursionisti che ne fanno incetta infischiandosene della loro rarità e dimenticandosi che se si evita di raccoglierle, esse saranno sempre lì quando si tornerà.
Spostando il discorso sulla fauna invece bisogna dire che oltre alla presenza di numerose cornacchie (il nome "Sella delle Ciaule" deriva proprio da questo), nelle acque del Lago vive il famoso "Chirocefalo del Marchesoni", un minuscolo crostaceo di colore rosso corallo che misura 9-12 millimetri e nuota col ventre rivolto verso l'alto (a pancia in su).
Questo "gamberetto", come viene chiamato affettuosamente, prende il nome dal suo scopritore, il professore di botanica dell’Università di Camerino Vittorio Marchesoni, che, nel 1954, scoprì questa piccolissima forma di vita. 
Fa parte della famiglia degli "Anostraci", crostacei primitivi, costituenti di plancton di acqua dolce, e la sua caratteristica più importante è che si può trovare in un solo posto al mondo, ossia qui, nel Lago di Pilato.


Questo piccolo e tenace esserino ha imparato ad adattarsi ai forti stress stagionali quali congelamenti e prosciugamenti tipici di un ambiente severo come questo: per far fronte a tali difficoltà ambientali produce delle "cisti", all'interno delle quali l’embrione, il cui sviluppo è arrestato, viene isolato da una parete protettiva che gli consente di conservare la vitalità fino a che non si ricreano le condizioni idonee alla schiusa.
Il Chirocefalo, purtroppo, è in pericolo di estinzione per cause non naturali legate all'innalzamento globale della temperatura e nel 1990 si pensava lo fosse dopo il totale prosciugamento del Lago dovuto alla forte siccità di quell'estate. E' importantissimo, soprattutto nei mesi estivi quando le acque si ritirano, rispettare la distanza di sicurezza dal lago segnalata: oltrepassare i limiti vorrebbe dire calpestare le cisti deposte sotto i sassi provocandone inevitabilmente la rottura.
Chiusa parentesi culturale-scientifica.


Mi sa che stavolta ho esagerato con tutte queste parentesi, prometto solennemente di smetterla, almeno per questo post!


Particolare sul "Gran Gendarme" del "Pizzo del Diavolo".

Qui è ancora inverno inoltrato, il lago è completamente ricoperto di neve e non si riesce a distinguere neanche l'invaso dalla riva: bisogna essere prudenti e muoversi con attenzione, se si cade dentro si corre il rischio di non raccontarla. Il cielo è plumbeo e le montagne più alte dei Sibillini si ergono in tutta la loro maestosità intorno a me.


La testata della Valle del Lago di Pilato.

Questo luogo è magico, a prescindere da tutte le leggende secolari: si respira un'atmosfera particolare, sembra essere stati proiettati in un episodio della serie televisiva "Game of Thrones" o "Trono di Spade", l'adattamento televisivo del ciclo di romanzi "Cronache del ghiaccio e del fuoco" (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin, e di essere oltre la "Barriera", aspettando che gli "Estranei" facciano la loro comparsa... 

Gli "estranei" fanno la loro spettrale apparizione!

E mi fermo qui! L'ho promesso proprio qualche riga fa! 
Tutto questo per dire da quale ridda di emozioni e sensazioni si viene completamente rapiti nel momento in ci si trova qui, in questo luogo. Non c'è niente da fare, con le parole non si riesce a descrivere quello che si prova, bisogna esserci, bisogna vivere questi momenti.
Rimango qui un quarto d'ora abbondante: foto, filmati ed un piccolissimo spuntino.


La "Cima del Lago".

Ammiro nuovamente quello che mi circonda, un ultimo saluto, un arrivederci a questi luoghi ed inizio la discesa: preferisco non voltarmi, ne soffrirei.
Ramponi si, ramponi no?
Sembrerebbe di no, la neve, come avevo già sentito nelle ultime fasi di salita, è diventata più morbida ed i miei scarponi riescono ad affondare quel tanto che basta per non perdere aderenza. 


Il sole fa capolino da sopra la vetta del "Monte Torrone".

E' divertente, in alcuni tratti riesco anche a correre utilizzando la "scivolata controllata" (vedi post Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore, Pizzo del Diavolo, Lago di Pilato, Monte Vettore da Forca di Presta), l'unico dubbio rimane per il lungo pendio sopra la "Fonte Matta": dubbio che viene subito fugato, sono già lì!
Nessun problema di sorta, in pochi minuti sono già alle pendici del "Monte Rotondo": è stato uno spasso. Ora il tratto innevato è terminato e noto con piacere come la natura stia facendo il suo corso: solo adesso mi accorgo che stanno spuntando i primi fiori primaverili. 


I crocus stanno per sbocciare.

Mi fermo, è giusto e doveroso fermarsi in questa zona di transizione tra inverno e primavera: sembra di essere sospesi tra due mondi, in un limbo.
Giunto alla "Fonte Matta" non posso fare a meno di sdraiarmi per bere l'acqua freschissima che arriva direttamente dal Lago, la più buona che ci sia.


Dalla "Fonte Matta" uno sguardo a Nord, verso la "Sibilla".

Poco prima di entrare nuovamente nel bosco e di affrontare le "Svolte" incontro due escursionisti, i primi della giornata: due chiacchiere, proprio due e sto già affrontando i primi ripidi tornanti.


All'ingresso delle "Svolte".


Passaggi sulle "Svolte": si intravedono gli accumuli di neve.

In breve tempo raggiungo la faggeta prima e il "Piano della Gardosa" poi: mi disseto nuovamente, stavolta in un fontanile (il terzo provenendo da Foce).


Dal terzo fontanile (provenendo da Foce) lungo il "Piano della Gardosa", un ultimo sguardo a Sud, al "Pizzo del Diavolo" ed alla "Cima del Redentore" sempre più lontani.

Un ultimo sguardo indietro, un'ultima fotografia ed in pochi minuti raggiungo la macchina. E' stato bello, mi sono ricaricato, ora sono pronto ad affrontare una nuova settimana, ho avuto la mia "dose" di natura ed avventura. Rimane solo una questione aperta, un solo punto in sospeso: dove stiamo andando?




Momenti salienti in un collage video





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Galleria fotografica


Ancora buio lungo il "Piano della Gardosa".



Ci siamo, inizia il bello!



Dalle "svolte" uno sguardo a Sud, verso la "Sibilla".



La parte iniziale delle "Svolte".



Ancora lungo le "Svolte".



All'imbocco della valle del Lago.



Il "Pizzo del Diavolo" e la "Cima del Redentore".

La "Fonte Matta".



Camminando lungo la parte bassa della valle.



Il "Monte Sibilla" raggiunto dai primi raggi del sole.



I contrafforti rocciosi del "Pizzo del Diavolo" e "Cima dell'osservatorio".



IL "Pizzo del Diavolo".



Da sinistra verso destra "Cima del Lago", il "Pizzo del Diavolo" e "Cima dell'Osservatorio".



Panoramica del "Pizzo del Diavolo".



Particolare sul "Gran Gendarme" del "Pizzo del Diavolo".



Il "Pizzo del Diavolo": la"Cima Castello".



La testata della Valle del Lago di Pilato.



La "Cima del Lago".



Ancora la "Cima del Lago" e parte del "Pizzo del Diavolo": il lago completamente ricoperto dalla neve.



Durante la discesa, il sole fa capolino da sopra la vetta del "Monte Torrone".



La fase di discesa lungo la neve è praticamente terminata, si intravede la "Fonte Matta".



I crocus stanno per sbocciare.



Dalla "Fonte Matta" uno sguardo a Nord, verso la "Sibilla".



In discesa, nuovamente all'ingresso delle "Svolte".



Passaggi sulle "Svolte": si intravedono gli accumuli di neve.



Il "Piano della Gardosa".



Dal terzo fontanile (provenendo da Foce) lungo il "Piano della Gardosa", un ultimo sguardo a Sud, al "Pizzo del Diavolo" ed alla "Cima del Redentore" sempre più lontani.


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