"La sicurezza è perlopiù una superstizione. Non esiste in natura, né i cuccioli di uomo riescono a provarla. Evitare il pericolo non è più sicuro, sul lungo periodo, che esservi esposti apertamente. O la vita è una avventura da vivere audacemente, oppure è niente."
(Helen Keller)
Ventisei Dicembre 2016
Partenza da Altino (1035m) ore 6:41
Rientro ad Altino ore 16:17
Durata escursione 9h 36' (pause merenda di 9' poco sotto la vetta del Monte Banditello, di 18' sulle rive del Lago di Pilato e di 11' sulla cima del Monte Vettore)
Tempo di marcia: 8h 58'
Lunghezza tragitto: 23,4km circa
Grado di difficoltà: EEi
Dislivello in salita: 2086m
Dislivello in discesa: 2056m
Vette raggiunte: 1850m Cima delle Prata, 1869m Monte Banditello (omino di pietre), 2476m Monte Vettore (inclinometro installato dopo il terremoto), 2102m Monte Torrone
(omino di pietre), 2100m Sasso d'André (omino di pietre)
Quota massima: 2476m Monte Vettore
Monti Sibillini su Wikipedia
Sono da poco passate le 5:00 di mattina ed è buio pesto, in giro non c'è anima viva, d'altronde come pretenderlo visto che oggi è il giorno Santo Stefano! Tutti stanno al calduccio nel proprio letto dormendo beatamente, io invece anche oggi andrò per monti!
Non sarò solo in questa mia escursione, a darmi manforte ci sarà Mario con il quale avevo già condiviso alcune belle avventure ossia quella di Uniti per Castelsantangelo sul Nera - Escursione solidale al Monte Vettore e quella del Pizzo Tre Vescovi dal rifugio "Città di Amandola" con salita per il Monte Amandola, Monte Castelmanardo e Monte Acuto (cresta di Nord-Est): a differenza di queste ultime però stavolta saremo soli, potendo spingere così sul piede dell'acceleratore a nostro piacimento; a pensarci bene però questo non è un intento ma quasi un obbligo vista la lunghezza del percorso e le poche ore di luce a disposizione.
Alle 6:30 di mattina arrivo puntuale al luogo dell'appuntamento ossia Altino, una frazione di Montemonaco tra le poche raggiungibili a seguito delle scosse sismiche dei mesi scorsi: dopo neanche un minuto due fari illuminano la strada in questa fredda mattina di inizio inverno, ecco Mario!
Prepariamo le nostre cose ed in meno di 10 minuti siamo già in marcia percorrendo la carrareccia che dal centro abitato va in direzione del monte Cima delle Prata che si erge alto di fronte a noi (sentiero non segnato n.35). Le frontali sono accese, ancora è buio ma già ad Est si intravede la luminosità che precede il sorgere del sole: abbiamo scelto proprio questo giorno festivo innanzitutto perché non si lavora ed in secondo luogo perché le previsioni danno bel tempo per tutta la giornata, sarebbe da sciocchi non approfittarne, no?
Il chiarore che preannuncia l'alba...
Il primo lungo tratto di percorso come dicevo si svolge lungo una carrareccia che sale con discreta pendenza e già iniziano a farsi sentire gli stravizi dei giorni scorsi: tra cena aziendale, pranzo e cena della Vigilia di Natale, pranzo e cena di Natale con tutte le leccornie che si mangiano per tradizione non mi sento per niente in forma.
Mario mi dice di aver mangiato come sempre io invece diciamo che non mi sono tirato indietro, non potevo certo mancare di rispetto a chi ha preparato queste prelibatezze: il risultato è che Mario sembra volare, io per il momento riesco a stargli dietro ma per farlo sbuffo come una locomotiva!
No, no, questa è la prima e l'ultima volta che faccio una cosa del genere: la prossima volta risottino prima di una escursione!
Ancora siamo in mezzo al bosco e questo, oltre a limitare la nostra vista, fa si che tutti i rumori provenienti dalla valle siano attutiti se non eliminati del tutto: il nostro compagno di viaggio quindi diventa il meraviglioso ed armonioso silenzio ormai apprezzabile solo in questi luoghi.
Questo tratto termina così come era iniziato e con il diradarsi della vegetazione quasi senza accorgercene ci ritroviamo nei "Prati di Altino" dove oltre a spegnere le frontali possiamo ammirare quello che ci spetta nei prossimi minuti: la cresta del Banditello si erge alta di fronte a noi, ci sarà da ridere!
Ancora stiamo proseguendo per la carrareccia che ci sta conducendo verso un piccolo casolare dove è presente una fonte con delle trocche: la stradina continua sopra la costruzione, verso destra, infilandosi nuovamente dentro al bosco. Ogni tanto sulla sinistra incrociamo alcuni sentieri che non sono assolutamente da prendere perché condurrebbero sempre fino in cresta tramite però percorsi accidentati e non proprio agevoli: è bastato percorrere alcuni metri di uno di questi per vedere l'andazzo; probabilmente sono utilizzati dai taglialegna visto il numero di tronchi e rami tagliati presenti a terra.
Ad un certo punto, usciti nuovamente dal bosco, passando per un canalone, iniziamo a vedere un po' della devastazione che le scosse di terremoto dei mesi scorsi hanno provocato: alcuni grossi massi si sono staccati dalla cresta sommitale del monte Cima delle Prata e sono franati fin qui devastando questa parte di sentiero.
... meglio accelerare il passo ed allontanarsi da qui!
Io e Mario di fronte a questo spettacolo non riusciamo a sentirci a nostro agio, questo canalone è una sorta di imbuto dove si convogliano tutti i detriti che la montagna "scarica": meglio accelerare il passo ed allontanarsi da qui!
Dopo pochi passi Mario con un cenno mi indica di fermarmi e di guardare verso l'alto: sui prati sommitali, letteralmente sdraiati a terra, godendosi i primi raggi di sole ci sono alcuni giovani camosci! Siamo sottovento, lontani circa un centinaio di metri ed ancora non si sono accorti della nostra presenza, forse riusciamo a rubar loro qualche scatto...
Questo è il meglio che ho potuto fare con il materiale a mia disposizione: i tre camosci si intravedono appena!
Che peccato non avere al seguito un buon obiettivo, però che senso ha avere quest'ultimo e non possedere poi una corpo macchina dove inserirlo?
Mumble, mumble, mumble...
Dopo pochi istanti accortisi della nostra presenza gli animali fuggono verso l'alto, oltre la cresta, lontani dai nostri occhi.
Dicevo della cresta, ormai il sentiero è scomparso in mezzo al falasco e per l'ascesa si deve andare ad intuito e noi lo facciamo prendendo il toro per le corna!
Saliamo puntando decisamente verso la sommità della cresta senza compiere alcun tornante per alleggerire lo sforzo, tanto più tardi pagherò dazio...
In pochi minuti raggiungiamo la sommità della cresta e percorsi pochi metri raggiungiamo la nostra prima vetta della giornata ossia la Cima delle Prata (1850m): si, effettivamente è stata una bella "pettata" ma il panorama ci ripaga di tutti gli sforzi.
La vista è magnifica e grazie anche alle perfette condizioni del meteo abbiamo la possibilità di spaziare con lo sguardo a 360° verso tutte le vette e gruppi per un raggio di almeno un centinaio di chilometri.
Dalla vetta della "Cima delle Prata" vista sulla dorsale orientale del Vettore.
Il "Monte Sibilla" (2173m).
Dopo aver scattato alcune fotografie scendiamo di qualche metro verso il Banditello e ci concediamo una piccola pausa, per rifiatare ma anche per mettere qualcosa sotto i denti: è più di un'ora che siamo in marcia ed abbiamo tenuto un ritmo abbastanza alto, il nostro corpo ha bisogno di energia.
In cammino!
Spaccature sul terreno dovute al sisma.
Quando ci eravamo sentiti al telefono infatti avevamo già deciso il percorso che avremmo compiuto ma non in quali termini: l'idea era quella di compiere un giro ad anello che avesse Altino come punto di partenza e di arrivo ed il Lago di Pilato ed il Monte Vettore come tappe obbligate; giunti sulla sella fra il Monte Banditello ed il Monte Torrone dobbiamo decidere se compiere questo giro in senso orario oppure antiorario.
Lungo la cresta orientale del Vettore.
La cresta da percorrere per arrivare fino al Monte Vettore è ben visibile ed è innevata e, cosa più importante, conosciamo bene i suoi punti critici; la stessa cosa vale anche per il sentiero che dalla Valle del Lago di Pilato sale fino alla Sella delle Ciaule e poi sul Vettore: ho già compiuto questo percorso in condizioni invernali e non mi aspetto sorprese (vedi post Palazzo Borghese, Monte Argentella, Forca Viola, Lago di Pilato, Cima del Lago, Punta di Prato Pulito, Cima del Redentore, Cima dell'Osservatorio, Quarto San Lorenzo Invernale). L'unica parte di percorso che ci desta preoccupazione è quella che scende fino alla Valle del Lago di Pilato: lì ci sono parecchi traversi da compiere che se innevati potrebbero creare parecchi problemi ai quali bisogna aggiungere un paio di piccole cascate.
Decidiamo che è meglio togliersi subito il dente in modo che nella peggiore delle ipotesi si può sempre fare dietrofront e salire sulla sola cima del Monte Vettore e poi scendere per la medesima via. Imbocchiamo così l'evidente traccia che scende alla nostra destra (sentiero del Parco n.152, segni bianco-rossi) aspettandoci non sappiamo cosa...
Dopo aver percorso una "zeta" raggiungiamo il bivio con il sentiero del Parco n.132, che proviene da Foce di Montemonaco, nei pressi della "Fonte Fredda": in questo punto il terreno è completamente ghiacciato, speriamo bene?! Superato questo punto in corrispondenza di un crinale davanti a noi si mostra gran parte del percorso da compiere fino alla Valle del Lago: tiriamo un sospiro di sollievo, nei punti critici i sentieri sono liberi dalla neve e dal ghiaccio!
La nostra marcia, adesso in discesa, continua con maggior vigore; il nostro entusiasmo però si spegne qualche centinaia di metri più avanti...
La cascata che di solito si forma nella profonda spaccatura che incide il Monte Torrone, approssimativamente sopra le "svolte", è completamente ghiacciata e sul sentiero è presente una bel lastrone di ghiaccio. Ovviamente non ci scoraggiamo e troviamo subito la soluzione: basta salire una decina di metri più in alto dove la quantità di ghiaccio da attraversare è minore ed il gioco è fatto. Più facile a dirsi che a farsi perché ci si deve arrampicare su del terriccio misto a pietre molto cedevole, superare il ghiaccio presente e ridiscendere nelle medesime condizioni dall'altra parte: calma, ci vuole solo calma...
In meno di cinque minuti i nostri sforzi vengono premiati e già stiamo scendendo di buon passo per il sentiero maestro. Dopo pochi minuti raggiungiamo anche l'altra cascata ma qui la situazione è diversa, il ghiaccio a terra minore e non dobbiamo ricorrere alla strategia precedente.
Quando eravamo passati per di qui l'Ottobre scorso (vedi post Uniti per Castelsantangelo sul Nera - Escursione solidale al Monte Vettore) mi ricordo che non c'era, sicuramente questo smottamento è stato provocato dalle scosse successive.
Le due cascate di ghiaccio superate con non pochi problemi.
Man mano che proseguiamo i nostri occhi vengono attratti dall'altro versante della Valle dove il terremoto ha provocato delle profonde ferite: un gigantesco costone si è staccato dallo "Scoglio del Miracolo" provocando una lunga ferita sul bosco ed i prati sottostanti.
La devastazione provocata dalle scosse sismiche sotto lo "Scoglio del Miracolo".
Intanto la nostra marcia prosegue di buon passo e parte qualche lingua di neve ghiacciata non troviamo più alcun ostacolo: in breve tempo raggiungiamo la Valle del Lago dove incrociamo il sentiero del Parco n.151 che, provenendo dalle "svolte", prosegue fino al Lago di Pilato.
Poco sopra la "Valle del Lago di Pilato".
Tutto sta procedendo bene e da quanto si riesce a vedere per il momento non sarà necessario indossare i ramponi: nella valle c'è pochissima neve rispetto a quella presente sulla cresta che unisce il Monte Vettore al Monte Torrone, meglio così!
Il sentiero adesso sale costantemente, non ci sono strappi, dobbiamo però riguadagnare quasi cinquecento metri di dislivello per arrivare al Lago e altrettanti per la cima del Monte Vettore: meglio non pensarci...
Intanto lo sforzo sostenuto per arrivare fino alla Cima delle Prata inizia a farsi sentire, Mario prosegue con un passo spedito: io per stargli dietro sbuffo come prima ma per quanto potrò resistere?
"Mario, tu vai, io bisogna che rallenti un po'. Vedi cosa succede quando si mangia e si beve troppo? Ok Gianluca, ci vediamo al Lago!" mi risponde. Così il nostro sodalizio si rompe e dopo qualche minuto vedo la sua sagoma scomparire dietro uno dei tanti saliscendi.
Il "Pizzo del Diavolo" si staglia all'orizzonte.
Ora posso concentrarmi su me stesso e la mia marcia prosegue ad un ritmo meno elevato ma costante: intanto i minuti passano, lenti...
Con lo sguardo non arrivo a più di quattro o cinque metri di distanza e con la mente cerco improbabili fughe verso altre situazioni: cosa non si deve fare per andare avanti...
Ripeto a me stesso che non accadrà più, che non affronterò più un'escursione dopo giorni di stravizi e così è stato fino al momento in cui sto scrivendo queste righe, ormai a quasi un anno di distanza da questi eventi.
I segni di devastazione sono visibili sulle rocce dal loro diverso colore.
Dopo un tempo che non ho quantificato raggiungo la fonte del Lago, ormai solo pochi metri di ascesa mi separano dal raggiungere la sua riva Settentrionale, al Vettore ci pensiamo dopo, una cosa alla volta...
Una emozione intensa, come al solito, trovarsi qui è sempre un qualcosa di speciale: Mario è seduto sopra un masso e si sta godendo lo spettacolo, lo raggiungo e senza dire alcuna parola mi siedo ed osservo quello che la natura ci sta regalando...
Panoramica sulla valle del Lago di Pilato dal ghiaione sotto il Vettore.
Praticamente non è cambiato nulla dall'Ottobre scorso a parte che adesso la superficie del lago è completamente ghiacciata: non ci sono state frane o colate detritiche che hanno interessato i bacini, è tutto come prima, almeno per tutto quello visibile dall'esterno...
Il "Pizzo del Diavolo" e parte di uno dei bacini del "Lago di Pilato".
Mi tolgo lo zaino e mangio un boccone, l'aria adesso è calda ed al sole si sta proprio bene.
Finalmente si mangia!
Dopo alcuni minuti di ozio molto ma molto svogliatamente decidiamo che è tempo di partire, siamo si e no a metà del percorso ed i giorni in questo periodo dell'anno sono molto corti: perlomeno vogliamo affrontare la cresta del Monte Torrone nelle migliori condizioni di luce possibile.
Di nuovo in marcia!
"Cima Castello" e parte della cresta del Redentore.
Dopo aver scattato fotografie a iosa iniziamo a risalire il lungo traverso che ci condurrà alle famose "roccette": ogni tanto dobbiamo superare alcune lingue di neve accumulatasi lungo il sentiero ma non vi sono problemi, basta scendere di qualche passo ed il gioco è fatto. Proseguiamo in questo maniera finché poco prima della parte "rocciosa" del percorso incontriamo un accumulo di neve più importante e sulla carta impegnativo degli altri affrontati finora, in primo luogo perché è in un tratto con pendenza longitudinale accentuata ed in secondo perché non vi è spazio per scendere sulla destra: stavolta c'è il vuoto.
Lungo il sentiero si vede l'accumulo di neve sopracitato.
"Mario, credo sia il caso di indossare i ramponi!" dico a Mario. "Aspetta Gianluca, forse non servono!"
Gli scarponi non riescono a mordere per nulla sulla neve ghiacciata Mario però, accorciati i bastoncini li usa come fossero due piccozze ed inizia ad avanzare.
"Mario, aspetta che ti passo la mia picca!"
In teoria potevamo scavare degli scalini e poi usare prima uno e poi l'altro la mia piccozza, in pratica Mario in un battibaleno è già dall'altra parte.
"Sei forte Mario! Già sei passato di là! Arrivo!"
Il "Pizzo del Diavolo" in tutta la sua maestosità.
La becca della piccozza si infila senza problemi nella neve ghiacciata ed in pochi istanti raggiungo Mario dall'altra parte. "Mario, come sarà sulle "roccette"?
Tra poco lo sapremo Gianluca!"
Le "roccette" sopra il Lago di Pilato.
In brevissimo tempo raggiungiamo il punto in cui si devono affrontare i famosi passaggi di arrampicata (I grado) dove spesso accadono incidenti: siamo fortunati, è presente poca neve ed in poco tempo la pratica è sbrigata!
La tabella segnaletica del "Parco dei Sibillini" posta all'inizio delle "roccette.
Ora l'ultimo interrogativo al quale dare una risposta è quello riguardante la situazione che troveremo sulle creste...
Non resta che salire per scoprirlo!
Raggiunti i prati sottostanti la "Sella delle Ciaule" iniziamo a percorrere l'ultimo tratto in salita della giornata, quello che ci condurrà sulla vetta della montagna più alta dei Monti Sibillini e delle Marche: il Monte Vettore.
Poco sopra la "Sella delle Ciaule", da sinistra verso destra: "Punta di Prato Pulito", "Cima del Lago", "Cima del Redentore" e "Pizzo del Diavolo".
Il percorso è agevole e non presenta alcuna difficoltà, sono le mie gambe che pesano come non mai e non rispondono ai miei comandi...
Percorrendo il sentiero del Parco n.101, quello che dalla Sella delle Ciaule conduce fino in vetta incontriamo alcuni escursionisti: sono i primi della giornata.
Verso il "Monte Vettore".
Passo dopo passo la meta si avvicina sempre più: mai e poi mai ho provato una cosa del genere e mai lo riproverò, questa è l'ultima volta che lo dico e l'ultima che lo faccio!
Salendo di quota non siamo più coperti a Nord-Ovest dalle creste del Redentore, ne consegue che il vento pian piano cresce di intensità raggiungendo alti picchi proprio nei pressi della vetta.
La croce posta all'antecima Sud del "Monte Vettore".
Finalmente ci siamo, l'acme è stato raggiunto, anche se devo dire che a differenza di qualche ora fa sono riuscito a mantenere la stessa andatura di Mario: forse avrò finito di digerire quello che ho mangiato la sera di Natale oppure è Mario che inizia ad essere stanco!
La vista è magnifica e la luce pomeridiana dona al paesaggio delle tinte che hanno un che di fiabesco: già le ombre si stanno allungando, non possiamo fermarci più di tanto.
Dopo pochi minuti riprendiamo la marcia scendendo in direzione Nord e fin da subito dobbiamo confrontarci con un consistente manto nevoso: per la prima e l'ultima parte della discesa, vista la larghezza del sentiero, non vi saranno problemi, per la cresta rocciosa invece? Solo muovendoci avremo le nostre risposte!
Verso la lunga cresta che conduce al "Monte Torrone".
Come dicevo la prima parte dei percorso che ci spetta è quasi pianeggiante e la pista da seguire molto larga: durante la discesa possiamo ancora dedicarci alla contemplazione degli splendidi scenari che ci circondano.
Tra una chiacchiera e l'altra i nostri occhi vengono subito attirati da una coppia di impronte: sono state lasciate da scarponi che salgono e, cosa importante, non si vedono i classici fori lasciati dai ramponi. Bene, qualcuno è salito qualche ora fa senza trovare difficoltà: la cosa ci conforta e quasi inconsciamente acceleriamo il passo per giungere il più in fretta possibile all'ultimo punto topico dell'escursione, ossia la ripida cresta rocciosa esposta che conduce fin sulla vetta del Monte Torrone.
Parte della lunga cresta che collega il "Monte Vettore" al "Monte Torrone".
In breve tempo raggiungiamo l'acme della cresta e ci prepariamo per quello che ci spetta: che dire, da qui la vista di quello che affronteremo nei prossimi minuti non ci può lasciare indifferenti!
Strani colori in cielo.
La cresta che si distende lunghissima di fronte a noi è magnifica, specie sotto questa luce che precede il tramonto: le ombre, i colori, il sole calante danno a queste rocce un aspetto oserei dire rassicurante, sicuro e non pericoloso come invece dovrebbe.
Accendo la action camera e... via!
Il filmato integrale della discesa in cresta dal Monte Vettore al Monte Torrone.
La "fiacca" patita durante la salita sembra essere svanita di colpo anche perché adesso lo sforzo non è più fisico bensì mentale: il sentiero è coperto dalla neve, ne risulta che il percorso da seguire non si individua con facilità e a volte ci si ritrova fuori traccia quasi senza accorgercene.
Le impronte di chi ci ha preceduto in certi frangenti ci danno una mano anche se a volte, specie in queste condizioni, la via di discesa è obbligatoriamente diversa da quella della salita. Scendendo i timori iniziali dovuti anche alla lunga aspettativa svaniscono ed una strana euforia inizia a prendere il sopravvento su tutte le altre sensazioni: è bello trovarsi qui circondati da queste montagne e provare il sentimento di estraniazione che spesso mi accompagna in questo genere di avventure; così come lo è assumersi certi rischi...
"La sicurezza è perlopiù una superstizione. Non esiste in natura, né i cuccioli di uomo riescono a provarla. Evitare il pericolo non è più sicuro, sul lungo periodo, che esservi esposti apertamente. O la vita è una avventura da vivere audacemente, oppure è niente."
(Helen Keller)
Tutto procede per il meglio, il "pericolo" di indossare i ramponi è ormai scongiurato anche perché il tratto più roccioso ed esposto sta volgendo al termine: consapevoli di quanto fatto con Mario non possiamo che scambiarci una vigorosa stretta di mano! Proviamo anche a dire qualcosa ma il forte vento copre le nostre voci: ci sarà tempo più tardi per parlare.
Che bella questa cresta!
Raggiunta la vetta del Monte Torrone tutto diventa più semplice, l'unica "noia" che rimane è la risalita sulla vetta del Sasso d'André: sono circa 100m di dislivello, cento metri che sembrano 1000m dopo quanto sinora affrontato!
Il problema però è solo nella testa, infatti giunti sulla sella tra il Monte Torrone e quest'ultimo, scendendo per un bel pendio erboso parzialmente ricoperto di neve (i rischi di caduta sono stati maggiori qui che altrove!), risaliamo quasi di slancio il ripido pendio che si separa dalla vetta: l'euforia della discesa in cresta ha cancellato di colpo tutta la stanchezza.
La discesa prosegue, veloce, l'imperativo è quello di giungere ad Altino prima che faccia buio: abbiamo le frontali al seguito ma la sfida nella sfida ora è proprio questa.
Ovviamente riusciamo nel nostro intento anche perché giunti nuovamente nei pressi della sella posta tra il Monte Banditello ed il Monte Torrone decidiamo di continuare tagliando per i prati sottostanti ricongiungendoci, dopo una "selvaggia" discesa rigorosamente fuori sentiero, con il percorso seguito all'andata poco sopra il piccolo casolare con le trocche, guadagnando parecchio tempo.
Quando la visibilità inizia a calare arriviamo nei pressi delle nostre auto: "Buon Natale, Mario! Anche a te Gianluca, alla prossima!"
Poco sotto la vetta del Monte Torrone (quello più vicino a sinistra).
La discesa prosegue, veloce, l'imperativo è quello di giungere ad Altino prima che faccia buio: abbiamo le frontali al seguito ma la sfida nella sfida ora è proprio questa.
Ovviamente riusciamo nel nostro intento anche perché giunti nuovamente nei pressi della sella posta tra il Monte Banditello ed il Monte Torrone decidiamo di continuare tagliando per i prati sottostanti ricongiungendoci, dopo una "selvaggia" discesa rigorosamente fuori sentiero, con il percorso seguito all'andata poco sopra il piccolo casolare con le trocche, guadagnando parecchio tempo.
Quando la visibilità inizia a calare arriviamo nei pressi delle nostre auto: "Buon Natale, Mario! Anche a te Gianluca, alla prossima!"
Galleria fotografica in preparazione.
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