"... Abbandono questi bei pensieri con la consapevolezza che non è giunto ancora questo tempo, almeno per me. Un'occhiata a monte, una valle, una ancora a monte: per alcuni brevi istanti le nuvole si aprono ed intravedo la croce di vetta. Sarebbe così bello, manca davvero poco...
No, ho fatto la mia scelta, torno indietro. Adesso! "
Sei Marzo 2016
Partenza dal Santuario della Madonna dell'Ambro (682m) ore 6:37
Partenza dal Santuario della Madonna dell'Ambro (682m) ore 6:37
Rientro al Santuario della Madonna dell'Ambro ore 16:56
Durata escursione 10h 19'
Lunghezza tragitto: 12,5km circa
Grado di difficoltà: EEi
Dislivello in salita: 1784m
Dislivello in discesa: 1716m
Altitudine max raggiunta: alcuni metri sopra lo "spallone" roccioso, poco sotto la vetta del Monte Priora (2180m)
Lost su Wikipedia
Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.
Percorso:
Partenza dal Santuario della "Madonna dell'Ambro" (682m), si supera il ponte di legno sull'Ambro, si attraversa il prato antistante la riva e si segue il sentiero del Parco n.225 (bolli bianco-rossi) che sale in mezzo alla boscaglia. Si prosegue tenendosi sempre sulla sinistra fino a raggiungere, dopo un ampio tornante, un crocevia nei pressi della "Fonte Cupa" (951m): il sentiero n.225 qui termina lasciando posto al n.224 (bolli bianco-rossi) che, da Vetice, prosegue verso Ovest (alla destra) fino alle sorgenti del fiume Ambro. Si prosegue per questa pista in mezzo ad uno splendido bosco di faggi fino a raggiungere il bivio con il sentiero non segnalato n.20 che si inerpica sulla sinistra. Si sale attraversando prima una zona di sfasciume e poi, dopo un lungo traverso, si raggiunge la cresta di Nord-Est del "Monte Priora": il sentiero qui diventa il n.21 (non segnalato) e lo si segue fino alla vetta del "Pizzo della Regina" (2332m, altro nome della cima del "Monte Priora"). Il ritorno avviene seguendo gli stessi sentieri dell'andata in maniera inversa.
"Live together and die alone."
(Jack Shephard)
Relazione:
Finalmente ci siamo, dopo tanto, troppo tempo, torno tra le mie montagne. La lunga attesa è giunta al termine e stamani alle 4:30 siamo già pronti per la partenza. Questa volta il mio compagno di avventure non sarà Mirko, oggi saremo una coppia inedita: al mio fianco ci sarà Fabrizio. Vi ricordate nel post dell'escursione precedente (Pizzo Berro per la Val di Panico Invernale) quando parlai di qualcuno al quale non era suonata la sveglia? Ebbene, a quel qualcuno stamattina fortunatamente è suonata (per sicurezza uno squillo di telefono alle 4:00 io a Fabrizio l'ho fatto comunque, non si sa mai). Ci tengo a questo giorno, ho dovuto rimandare per troppo tempo. Le previsioni meteo indicano brutto tempo solo per il primo pomeriggio: è un rischio calcolato, non dovrebbero esserci fenomeni intensi, alla più brutta poi prendiamo e torniamo indietro!
Arriviamo al Santuario della "Madonna dell'Ambro" quando i primi raggi del sole illuminano la croce posta poco al di sotto della cima del "Pizzo": l'aguzza cima che domina la "Valle del fiume Ambro", la parte terminale della cresta di Nord-Est del "Monte Priora". Il nostro obiettivo è questo, e per raggiungerlo ci aspetta un lungo cammino: il dislivello nominale fino alla vetta è di 1650m, da affrontare in parte su neve, la cosa però non riesce a spaventarci. Da parte mia posso dire che sono in perfetta forma psico-fisica: le ultime escursioni e gli allenamenti costanti riescono a darmi sicurezza nei miei mezzi e capacità. Fabrizio dal canto suo non avrà problemi vista la sua ottima preparazione: ha alle spalle chilometri e chilometri macinati in bicicletta (la sua passione principale), la sua tenuta fisica non è in discussione.
Alle 6:37 esatte partiamo per questa avventura: superiamo il ponte di legno sull'Ambro, attraversiamo il prato antistante la riva ed iniziamo a seguire l'evidente sentiero che sale in mezzo alla boscaglia. Il sentiero è il 225 ed è segnato da bolli bianco-rossi che ci accompagnano lungo l'ascesa. Proseguire non è semplice, il terreno è reso viscido dalla rugiada mattutina ed è irto di radici, rocce e sassi ben celati dalle foglie che fanno da tappeto: bisogna essere degli equilibristi per non cadere.
Finalmente ne usciamo fuori e proseguiamo alla nostra sinistra seguendo una carrareccia: non è ancora giunto il momento di svoltare a destra.
Dopo alcuni minuti raggiungiamo un nuovo bivio e senza esitazione prendiamo la strada che porta in direzione Ovest, verso le sorgenti dell'Ambro.
Risalendo la valle del fiume Ambro.
La pista è ben delineata e a terra si notano tracce provocate da mezzi meccanici: in tutta sicurezza proseguiamo con ancora maggior lena finché non raggiungiamo una rientranza dalla quale sgorga una piccola cascata. Una breve sosta è d'obbligo, anche per scattare alcune fotografie alle bellezze naturali che ci circondano.
Riprendiamo la marcia, superiamo una piccola cengia per ritrovarci qualche decina di metri sopra la cascata di cui parlavo poc'anzi. Rimaniamo a bocca aperta, la cascata è dovuta alla rottura di una tubazione dell'acquedotto: un bello squarcio dal quale esce parecchia acqua.
La piccola cascata provocata dalla rottura del tubo dell'acquedotto.
Proseguiamo la nostra ascesa seguendo l'invaso naturale di quella che scopriremo poi essere la "Sorgente Vena dell'acqua", posta a 956m di altezza, fino ad arrivare alla sua sommità dove troviamo una pista, anche questa battuta da mezzi meccanici.
Proseguiamo a sinistra, in direzione del "Pizzo", che svetta sopra gli alberi.
Seguendo l'invaso naturale della sorgente siamo giunti fin qui.
Guarda, guarda... Abbiamo raggiunto il sentiero 224, lo capiamo dai bolli bianco-rossi che adesso sono riapparsi. Proseguiamo ancora in direzione Est e raggiungiamo il bivio con il sentiero 20: siamo confortati perché oltre ad un omino di pietre troviamo una scritta con freccia in rosso sul tronco di un albero:"Il Pizzo".
Senza esitazione prendiamo questa direzione e capiamo che in precedenza, poco dopo i ripidi tornanti della parte iniziale del percorso, dovevamo andare ancora verso sinistra: va bene lo stesso, d'altronde siamo tornati nella giusta direzione, magari faticando un pochino più, ma quello conta è che ci siamo!
Il bivio con il sentiero non segnalato 20.
Indossiamo le ghette, inizia ad esserci parecchia neve a terra ed i nostri piedi non si devono bagnare. Di colpo non siamo più nel bosco, ma ci ritroviamo nel bel mezzo di un grosso smottamento: avevo letto da qualche parte che 3-4 anni fa una grossa valanga aveva provocato quello che ora ci si para di fronte. La situazione è simile a quella che avevo vissuto quasi un anno fa durante l'escursione alla "Valle delle Prigioni" (Valle delle Prigioni e Monte Motette Invernale): lì il tutto era stato provocato dalla piena di un torrente, qui da una valanga e la differenza si vede, eccome!
Proseguiamo a stento in mezzo a tutto questo sfasciume finché non raggiungiamo l'altra estremità del bosco dove individuiamo subito un omino di pietre.
Seguiamo la pista fino ad arrivare ad un crinale delimitato da alcune rocce: facciamo una piccola pausa con annesso spuntino, approfittando del fatto che è giunto il momento di indossare i ramponi visto il livello della neve al suolo e la pendenza del percorso.
Rinfrancati, dopo pochi minuti riprendiamo la marcia con ancora più vigore ed in breve tempo raggiungiamo il limite ad Ovest del bosco: siamo saliti parecchio di quota e la cresta di Nord-Est del "Monte Priora" dista circa 300m dal punto in cui siamo.
Dopo aver cercato inutilmente la traccia, decidiamo di salire da qui.
Ora però c'è un nuovo problema: ci guardiamo intorno ma non riusciamo più a trovare il sentiero che ci deve condurre fino alle pendici del "Pizzo".
Questa inquadratura rende merito alla pendenza della costa.
Passano alcuni minuti. "Fabrizio, te la senti di salire in cresta direttamente da qui?"
Saliamo rapidamente, contando cento passi alla volta (l'ultima volta se non sbaglio erano cinquanta...): sto bene e Fabrizio non è da meno e in mezzora siamo in cresta!
Il tempo intanto è peggiorato e veniamo accolti da forti folate di vento: percorrendo l'ultimo tratto in mezzo al bosco già sentivamo il suo ululato che si levava sopra a tutto.
Verso Est il cielo è terso, limpido, ad Ovest, dove stiamo andando noi, invece ci sono nuvole minacciose che oltre a non promettere nulla di buono, ci impediscono di vedere la cima della "Priora".
Finalmente in cresta!
Di nuovo in marcia, verso l'ignoto...
I miei occhi però sono attratti dall'imponente cresta che ci apprestiamo ad affrontare: si, l'aggettivo giusto è proprio questo, imponente, e diversa da tutte le altre che ho affrontato nei Sibillini. Una nuova sfida che non vedo l'ora di intraprendere!
La vetta non vuole proprio mostrarsi.
Proseguiamo in leggera salita, verso la tempesta che ci sta venendo addosso: mi sento calmo, tranquillo, un'altra ora di marcia e siamo in vetta.
Adesso la cresta inizia ad impennarsi e per evitare il forte vento ci teniamo leggermente sulla sinistra. Raggiungiamo un masso che solitario si erge tra la neve: è ora di allestire un piccolo bivacco, abbiamo bisogno di una carica di energia. Un frugale pasto e via, di nuovo in marcia! Dopo pochi passi Fabrizio si ferma e mi dice:
"Gianluca! Io non me la sento di proseguire, per me basta così."
Proseguiamo avanzando poco sotto la cresta, anche per ripararci dal forte vento.
"Nessun problema Fabrizio, non c'è alcun obbligo, hai già fatto tanto! Sei andato benissimo! Io invece voglio proseguire..."
Volgo il mio sguardo verso Est, Fabrizio mi segue in questo movimento.
"Guarda, in basso, leggermente a destra rispetto alla pista che abbiamo seguito, c'è una costruzione diroccata, è il Casale delle Murette.
Mi puoi aspettare tranquillamente lì, riparandoti dal vento! Io al massimo in un'ora e mezza ti raggiungo..."
"Ok Gianluca, a dopo e in bocca al lupo!"
Crepi! A dopo!"
Ci separiamo, vedo la sagoma di Fabrizio allontanarsi sempre più in direzione "Casale delle Murette". Perfetto, sta andando nella direzione giusta.
Ci siamo da poco separati: Fabrizio sta scendendo verso il "Casale delle Murette", un puntino sul bianco della cresta verso Est; io sono già salito sull'acme ed inizio a marciare in solitaria.
Non ha più senso proseguire sotto la cresta adesso che sono solo: era un sorta di sicurezza in più nei suoi confronti quella di avanzare lì riparati dal vento.
In pochi minuti raggiungo il punto culminante della cresta ed inizio la mia avanzata in solitaria. Il mio sguardo a destra si posa sulla sottostante "Valle dell'Ambro" fino a raggiungere il "Monte Acuto" ed il "Pizzo dei Tre Vescovi": quando la coltre di nubi è meno fitta riesco a scorgere anche il profilo roccioso della "Croce di Monte Bove".
Da questa prospettiva in basso a sinistra riesco ad intravedere il "Monte Bove". Sulla destra il "Pizzo dei Tre Vescovi ".
Proseguo in un continuo sali e scendi finché non giungo alla base dello spallone che contraddistingue l'anticima del Priora provenendo da questa direzione. Lascio i bastoncini appoggiati sulle rocce alla base di questo "salto" ed inizio la mia ascesa aiutandomi con la piccozza. Qui la neve è compatta e a parte il vetrato sulle rocce pericoli oggettivi non ce ne sono. Superata questa fascia di rocce riesco a proseguire ancora in piedi per qualche metro. Dopo un po' devo fare affidamento nuovamente sulla piccozza, la pendenza infatti sta diventando accentuata: la pianto, sposto un piede in avanti, mi assicuro che il rampone faccia presa, sposto l'altro piede, mi assicuro che anche questo rampone faccia presa e ricomincio daccapo. Procedo faticosamente ma è talmente alta la concentrazione che tutto il resto passa in secondo piano: adesso si è scatenata proprio una bella tormenta, il vento ulula rabbioso e scaglia a terra granelli di neve finissima e ghiacciata.
Sulle prime rocce dello "Spallone": è ora di usare la piccozza.
All'improvviso compare nella mia mente questa frase: "Live together and die alone" (Si vive insieme, si muore da soli). Anche stavolta tiriamo in ballo la sincronicità, come avevamo già fatto per l'escursione precedente (Pizzo Berro per la Val di Panico Invernale), alla quale aggiungerei anche gli ultimi accadimenti svoltisi nell'ambito della mia sfera privata.
Da dove esce questa frase? Chiunque abbia seguito "Lost", di sicuro la conosce.
Piccola parentesi televisiva.
"Lost" è il titolo di una serie TV americana trasmessa (anche in Italia) dal 2004 al 2010 per la durata di sei stagioni e narra le avventure e le vicissitudini dei 48 sopravvissuti del volo 815 della compagnia australiana Oceanic Airlines, in volo da Sydney a Los Angeles, che si schianta in un'isola deserta nell'Oceano Pacifico. In attesa dei soccorsi, che non arriveranno mai, inizia una battaglia per la sopravvivenza, in un'isola che cela misteri e mette gli ignari sopravvissuti di fronte ad eventi inspiegabili, in un'isola dove nasceranno amicizie ed amori e dove eventi del passato torneranno prepotentemente a galla influenzando il futuro dei protagonisti. Una bella serie dove sono stati miscelati sapientemente generi come quello fantastico, mitologico, fantascientifico, thriller, avventuroso, horror, misterioso, filosofico, religioso ecc...
A mio modesto parere (opinabile) la migliore serie di TV di tutti i tempi: per chi non la conosce, invito tutti voi ad una sua visione.
Chiusa parentesi televisiva.
Jack Shephard, il protagonista principale, ha ripetuto la frase citata molte volte nel corso degli episodi.
Ebbene devo dire che queste parole ora sono vere come non mai!
Tutti abbiamo avuto qualcuno che ha vissuto insieme a noi durante la nostra vita, qualcuno che ci ha amato e che a nostra volta abbiamo ricambiato: i nostri genitori, i nostri amici, una nostra fidanzata, una moglie, i nostri figli... ma nella morte nessuno ci accompagna. Sempre riferendomi a Lost, nell'ultima stagione c'è una coppia che muore insieme o meglio, vive insieme fino alla fine. Ma poi, una volta che l'ultimo alito di vita abbandona entrambi, si vedono le loro mani che si separano, e si allontanano. Questa immagine è molto significativa: la morte è qualcosa che si affronta da soli, ciascuno di noi prima o poi incontrerà l'Oscura Meretrice, e nessuno può prepararci ad essa. La morte è un qualcosa che ci separa ed è per questo motivo credo valga la pena vivere insieme nella maniera più intensa possibile.
Tornando alla frase in questione, la prima parte è abbastanza ovvia e risaputa, e riguarda la modalità fisica del morire. La seconda invece si riferisce alla modalità spirituale, che in realtà poi morte non è, ma evoluzione.
Parlando in senso strettamente fisico, è naturale che nel momento della morte biologica ognuno di noi si ritrovi solo ad affrontare il distacco dal proprio corpo dal mondo (almeno da quello terreno) e dagli altri. Qualcuno ha anche detto che si nasce da soli. Certo, durante il parto ci sono persone intorno ad aiutare la mamma ed il nascituro, ma il bambino in queste fasi concitate è da solo, senza alcun conforto, non può capire cosa sta succedendo, sta per passare dal mondo calmo e sicuro che lo ha accompagnato per i suoi primi nove mesi di vita ad un mondo diverso: contrazioni, suoni strani e il povero piccolo non può neppure comunicare la sua ansia piangendo.
In punto di morte accade una cosa analoga: anche avendo la fortuna di trovarsi accanto ai propri cari, chi sta morendo si allontana da tutto e da tutti e rimane paurosamente solo con se stesso. Non può fuggire, non può mentire, ma cosa più importante non sa cosa succederà dopo.
Arrivando alla seconda parte della frase, Lost ci ha mostrato che, se riusciamo a creare un vero rapporto d'amore, affetto, amicizia con chi ci sta vicino, com'è successo ai superstiti del volo Oceanic 815, non saremo mai soli né prima né dopo la morte. Le persone che ci sono state più care saranno con noi spiritualmente negli ultimi attimi di vita e anche oltre.
Quindi, vivere insieme pienamente, non soltanto in senso fisico, alla fine significa non morire mai da soli.
La scena finale dell'ultima puntata di Lost.
Io penso che quello di Lost sia stato un messaggio meraviglioso, a parte qualsiasi riferimento alla religione: ognuno di noi può pensare ad un diverso epilogo in base alla propria cultura ed al proprio credo.
Abbandono questi bei pensieri con la consapevolezza che non è giunto ancora questo tempo, almeno per me. Un'occhiata a monte, una valle, una ancora a monte: per alcuni brevi istanti le nuvole si aprono ed intravedo la croce di vetta. Sarebbe così bello, manca davvero poco...
Ero talmente concentrato sull'arrampicata che solo ora mi accorgo di salire su un immane lastrone di ghiaccio. I continui sbalzi termici dell'inverno "pazzerellone" che ci stiamo lasciando alle spalle hanno provocato questa situazione: neve, caldo, freddo a cicli pressoché regolari hanno fatto in modo che si formasse questa gigantesca lastra lucida e liscia come uno specchio.
Inizio a disarrampicare, devo percorrere una cinquantina di metri a ritroso in queste non facili condizioni. Oppure c'è un'alternativa!
Fotografia scattata da Fabrizio dal "Casale delle Murette": la "Sibilla" e la cresta di Sud-Est.
Potrei proseguire fino in vetta e scendere per la cresta di Sud-Est, quella che dà sulla "Gola dell'Infernaccio", e ricongiungermi poi, tramite un lungo traverso, con il nostro percorso. Faccio un po' di calcoli: sono quasi le 13:00, una mezzora per arrivare in vetta, 1:30-2 ore per scendere dalla cresta lato "Val di Tenna", un'altra ora come minimo per il lungo traverso fino al "Casale delle Murette", altre 3 ore circa per scendere fino al Santuario della "Madonna dell'Ambro", in totale fanno circa 6-6:30 ore. Il sole oggi tramonta alle 18:00 circa... no, non ci siamo, sarei completamente fuori tempo massimo! Poi non posso lasciare Fabrizio attendermi per più di tre ore, ma cosa più importante, non ho mai affrontato la cresta di Sud-Est. Troppi se, troppi ma: il gioco non vale la candela, concentriamoci sulla discesa, che è meglio!
Inizia la mesta discesa. Ho da poco lasciato la base dello "Spallone". La visibilità verso Ovest non migliora.
Sono tranquillo, sicuro, mai in situazioni di pericolo (almeno secondo il mio punto di vista!): per discendere di circa 50m ho impiegato più di dieci minuti.
Niente male! Ridiamoci sopra. Si, sono sereno, felice e soddisfatto della mia scelta. Magari qualche anno fa sarei salito di impeto, senza pensare alle conseguenze, sbagliando.
Recupero i bastoncini e scendo: guardando ad Est il cielo è sereno, con poche nuvole all'orizzonte, ad Ovest invece è tutto coperto, vetta compresa. Che sia un segno?
Che la "Priora" sia gelosa del fatto che qualche settimana fa (Tredici Dicembre 2015 - Escursione cime del Monte Porche, Vallelunga e Monte Sibilla Invernale), in condizioni simili, sia riuscito a "sedurre" la "Sibilla" ed ora non si lasci avvicinare?
Da uomo superstizioso direi sicuramente di si, vivendo in un'altra epoca adesso questi pensieri mi fanno solo sorridere: bisogna dire però che le componenti superstiziose popolari legate alle montagne ed all'alpinismo solo da poco stanno iniziando a scomparire, perlomeno in Italia, in altri parti del mondo invece credo ci vorrà ancora del tempo.
Panoramica dalla cresta di Nord-Est.
Mi sto godendo la discesa, ogni tanto mi fermo a scattare alcune fotografie ed in poco tempo arrivo al "Casale delle Murette" dove Fabrizio mi sta aspettando.
"Allora Gianluca? Come è andata? Da un certo punto in poi eri coperto dalle nuvole, non ti vedevo più."
Brevemente racconto quanto vissuto, ripongo la piccozza nello zaino e ci rimettiamo in cammino, iniziando la lunga marcia che ci porterà nuovamente al Santuario della "Madonna dell'Ambro". Questa volta cercheremo di seguire fedelmente il sentiero, non vogliamo commettere errori e dall'alto saremo sicuramente facilitati in questi nostri propositi. Si prosegue velocemente, la traccia ben delineata ed il nostro sguardo riesce a cogliere ogni dettaglio su quello che ci aspetta fino al "Pizzo".
L'imponente cresta di Nord-Est.
Il terreno ora è coperto da un leggero strato di neve e ghiaccio però non è ancora giunto il momento di togliere i ramponi: dobbiamo scendere parecchio per arrivare al bosco ed anche lì c'è un bel tratto da percorrere su neve.
In posa. La vetta del "Monte Priora" non vuole proprio mostrarsi!
Arriviamo alla base rocciosa del "Pizzo", di salire in vetta non se ne parla, sinceramente non ho voglia di togliere e rimettere i ramponi per la sua ascesa: l'obiettivo era il "Monte Priora", salire su questa cima sarebbe un ripiego e non ho bisogno di avere un "contentino" per soddisfare il mio ego, la giornata per come si è svolta, è da incorniciare, così com'è.
Vista sull'ultima parte di cresta, sul "Pizzo" e sulla riviera adriatica.
Ora dobbiamo concentrarci su un qualcosa che richiede la nostra massima attenzione, la traccia da seguire è diventata flebile fino a scomparire: ci sono parecchi accumuli di neve, il pendio è disomogeneo e pieno di dossi, dove andare? In questa zona il sentiero cambia repentinamente direzione da Est a Ovest, resta da capire dove lo fa! Scendiamo di qualche metro allontanandoci dalle rocce: la pendenza è notevole e ogni tanto per proseguire si devono attraversare dei fastidiosi e pericolosi lastroni di neve ghiacciata. Fabrizio è stanco, psicologicamente, non fisicamente: è alla sua prima esperienza su pendii innevati e questa non è stata sicuramente una tra le più semplici per durata, esposizione e sforzo. Capisco il momento, non devo sicuramente forzare la mano: "Fabrizio! Vado in avanscoperta! Tu rimani qui ad aspettarmi!"
La sua risposta è eloquente: "Io non mi muovo più da qui Gianluca!"
Proseguo verso Ovest, supero un paio di dossi e dopo pochi passi alla mia vista appare il profilo del sentiero, che, con un lungo traverso va a scomparire in mezzo al bosco più in basso: per riprenderlo dobbiamo solo risalire il pendio in diagonale per una trentina di metri. Torno da Fabrizio che rinfrancato dalla notizia percorre in un battibaleno la distanza che ci separa dal sentiero, superando punti difficili senza neanche accorgersene.
Di colpo è tutto cambiato e dal cupo pessimismo in cui era sprofondato pochi istanti prima, Fabrizio è tornato padrone di sé e pieno di entusiasmo.
Nella vita di tutti i giorni questo non accade, non ci troviamo in questo genere di situazioni: l'eccessiva razionalità, le troppe preoccupazioni legate alla vita quotidiana ci hanno fatto allontanare dalla parte più istintiva che è in noi, quella che in circostanze come questa prende il sopravvento e che è difficilmente governabile. La paura, uno dei nostri istinti più profondi e reconditi, la forza modellatrice seconda solo alla natura stessa, è in queste situazioni che viene a galla, è in questi frangenti che presenta il conto.
Nella vita di tutti i giorni questo non accade, non ci troviamo in questo genere di situazioni: l'eccessiva razionalità, le troppe preoccupazioni legate alla vita quotidiana ci hanno fatto allontanare dalla parte più istintiva che è in noi, quella che in circostanze come questa prende il sopravvento e che è difficilmente governabile. La paura, uno dei nostri istinti più profondi e reconditi, la forza modellatrice seconda solo alla natura stessa, è in queste situazioni che viene a galla, è in questi frangenti che presenta il conto.
"La tua ansietà è direttamente proporzionale alla tua dimenticanza della natura, perché tu porti in te stesso paure e desideri illimitati."
(Epicuro)
"Io non ho paura di nulla!"
Molte volte ho sentito pronunciare questa frase, da persone troppo sicure di sé, da persone che hanno perso il contatto con la parte più intima di loro stessi, e che molte volte purtroppo ho visto soccombere di fronte a delle piccole avversità. Io ho paura, sempre, ma il semplice fatto di ammetterlo mi pone in una posizione di privilegio: la vita vissuta, le esperienze che ho avuto la fortuna di affrontare mi hanno portato al raggiungimento di questa condizione e se ora sono così, lo devo principalmente alle mie paure.
Continuiamo con la discesa che ora avviene speditamente ed in breve tempo raggiungiamo il punto in cui la mattina avevamo iniziato l'ascesa verso la cresta: guardando da questa prospettiva ora è tutto più facile, da sotto invece capisco che non conoscendo il sentiero era molto facile perdere la traccia, come è successo a noi.
Ecco il sentiero!
Raggiunto il bosco troviamo le nostre impronte e le seguiamo fedelmente fino a raggiungere la zona dove la valanga di qualche anno fa si è portata via una bella porzione di vegetazione. E' tempo di togliere i ramponi, fedeli compagni di viaggio fino a questo punto. Abbiamo abbandonato il sentiero non segnato 20 e siamo nuovamente sul sentiero segnato 224, praticamente un'autostrada: si stanno svolgendo dei lavori per ammodernare la linea di captazione delle acque e sul sentiero si notano le tracce dei cingolati che vi transitano.
In alcuni punti la pendenza è notevole (come salgono le ruspe fin quassù?...) e bisogna stare molto attenti perché il fondo anche qui è ricoperto da un fitto tappeto di foglie estremamente scivoloso.
"L'autostrada" che ci porterà fino a valle.
In poco tempo raggiungiamo il bivio con il sentiero 225 presso la "Fonte Cupa": proseguendo alla nostra destra, seguendo il tracciato 224, in poco tempo si giungerebbe a Vetice; proseguendo invece alla nostra sinistra, imboccando il sentiero 225, si scende verso il Santuario della "Madonna dell'Ambro".
Ovviamente proseguiamo a sinistra lungo la carrareccia che dopo qualche centinaio di metri abbandoniamo per entrare nell'ultima parte di percorso: quella che con ripidi tornanti ci condurrà nuovamente fino alla nostra auto. Mentre in quota nevicava, qui pioveva e ora dobbiamo prestare massima attenzione a dove mettiamo i piedi: questa parte di sentiero è praticamente un canale di scolo delle acque e per non cadere ci aiutiamo aggrappandoci ai rami degli alberi che ci circondano.
Attraversiamo il ponticello che attraversa il fiume Ambro e raggiungiamo il parcheggio che adesso è pieno di automobili e di persone: tutti ci guardano come se fossimo degli alieni. Credete che a noi importi qualcosa?
Il Santuario della "Madonna dell'Ambro". In alto l'inconfondibile profilo del "Pizzo".
Siamo talmente concentrati sulla birra fresca e sul panino con il ciauscolo che ci stanno aspettando, che tutto il resto passa in secondo piano, compresi gli sguardi esterrefatti delle persone che ci osservano.
Noi abbiamo paura...
Risalendo la vallata dell'Ambro.
Come canzone calzerebbe a pennello "Oh sole mio!"
La piccola cascata provocata dalla rottura del tubo dell'acquedotto.
Verso Est il cielo è terso.
Seguendo l'invaso naturale della sorgente siamo giunti fin qui. Procedendo alla nostra sinistra, lungo la pista intercettata, abbiamo raggiunto il bivio visibile nella fotografia sottostante.
Come indicato, abbiamo proseguito a sinistra.
Più chiaro di così!
Questo è il punto in cui siamo usciti dal bosco e perso il sentiero.
Dopo aver cercato inutilmente la traccia, decidiamo di salire da qui.
Verso l'acme della cresta.
Uno sguardo indietro ed iniziamo l'ascesa.
Questa inquadratura rende merito alla pendenza della costa.
Finalmente in cima alla cresta, la visibilità è pessima!
Proseguiamo avanzando poco sotto la cresta, anche per ripararci dal forte vento.
Ci siamo da poco separati: Fabrizio sta scendendo verso il "Casale delle Murette", un puntino sul bianco della cresta verso Est; io sono già salito sul suo acme ed inizio a marciare in solitaria.
Da questa prospettiva in basso a sinistra riesco ad intravedere il "Monte Bove". Sulla destra il "Pizzo dei Tre Vescovi ".
Sulle prime rocce dello "Spallone": è ora di usare la piccozza.
La pendenza qui è notevole, maledetto ghiaccio!
Inizia la mesta discesa. Ho da poco lasciato la base dello "Spallone". La visibilità verso Ovest non migliora.
Meglio scendere!
Squarci tra le nuvole in direzione Sud: la "Sibilla" si mostra.
L'imponente cresta di Nord-Est.
La cresta di Sud-Est del "Monte Priora", sullo sfondo il " Monte Sibilla" e la "Cima Vallelunga". Fotografia scattata da Fabrizio durante la mia attesa presso il "Casale delle Murette".
Io sono in alto, tra le nuvole. Anche questa foto è stata scattata da Fabrizio durante la mia attesa presso il "Casale delle Murette".
Un altro squarcio, il "Vettore" si mostra dietro la "Sibilla".
Particolare sul "Monte Sibilla" (2173m) a sinistra e la "Cima Vallelunga" (2221m) a destra.
Uno sguardo verso Est.
Si prosegue su prato, dobbiamo tenere però i ramponi ai piedi, non è ancora finita con neve e ghiaccio.
In posa. La vetta del "Monte Priora" non vuole proprio mostrarsi!
Un "selfie" non poteva mancare!
Vista sull'ultima parte di cresta, sul "Pizzo" e sulla riviera adriatica.
Ultimi metri di sentiero in cresta.
Ecco il sentiero!
Ormai non possiamo più sbagliarci!
"L'autostrada" che ci porterà fino a valle.
Il "Balzo Rosso".
Intanto la primavera sta arrivando.
Uno sguardo verso Est.
Si prosegue su prato, dobbiamo tenere però i ramponi ai piedi, non è ancora finita con neve e ghiaccio.
In posa. La vetta del "Monte Priora" non vuole proprio mostrarsi!
Un "selfie" non poteva mancare!
Vista sull'ultima parte di cresta, sul "Pizzo" e sulla riviera adriatica.
Ultimi metri di sentiero in cresta.
Ecco il sentiero!
Ormai non possiamo più sbagliarci!
"L'autostrada" che ci porterà fino a valle.
Il "Balzo Rosso".
Intanto la primavera sta arrivando.
Ecco le primule!
Il Santuario della "Madonna dell'Ambro". In alto l'inconfondibile profilo del "Pizzo".
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