"...Provo una gioia che definire immensa è poco: mi accosto, i piedi a pochi centimetri dall'acqua, lo sguardo verso il basso. A farmi compagnia degli esserini vecchi centinaia di migliaia di anni, che si muovono, vivono intensamente la loro breve vita lontano da tutto, lontano da tutti. Chiudo gli occhi e mi sembra di essere stato catapultato lontano, indietro nel tempo, quando ancora l'uomo non muoveva i suoi passi su questa terra: è uno stato mentale che ha del sublime..."
Quindici Maggio 2016
Partenza dal parcheggio dell'area attrezzata prima dell'abitato di Foce di Montemonaco (923m) ore 6:25
Rientro al parcheggio dell'area attrezzata prima dell'abitato di Foce di Montemonaco ore 13:32
Durata escursione: 7h07m
Distanza percorsa: 12,7Km circa
Grado di difficoltà: EE
Quota max raggiunta: 1835m sul sentiero (del Parco n.154) sopra il "Laghetto"
Dislivello in salita: 1313m circa
Dislivello in discesa: 1324m circa
Monti Sibillini su WikipediaPalazzo Borghese su Wikipedia
Monte Argentella su Wikipedia
Lago di Pilato su Wikipedia
Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.
Percorso:
Partenza dal parcheggio dell'area attrezzata prima dell'abitato di Foce di Montemonaco salendo per la carrareccia che si perde nella faggeta de la "Frondosa". Si prosegue per questa pista fino a raggiungere "Fonte Santa Maria" (1537m) da cui si prosegue sulla sinistra (Ovest) finché, raggiunto un ripido dosso, lo si supera tenendosi sulla destra. Giunti su di un piccolo pianoro sulla destra appare una recinzione che delimita l'accesso ad una area utilizzata dai pastori in estate: dopo un centinaio di metri si arriva agli abbeveratoi che contraddistinguono la "Fonte dell'Acero" (1705m). Faccia a monte si prosegue sulla destra, aggirando la collina che ci si trova di fronte, proseguendo in direzione "Monte Porche". Una volta superata la sua sommità si raggiungono i cosiddetti "Pianetti" dove ci si ricongiunge con il sentiero del Parco n.154 (segni bianco-rossi) che si segue fino al bordo di una grossa depressione che si apre sulla sinistra. Da qui si abbandona il sentiero n.154 che conduce alla sella tra il "Monte Porche" ed il "Pizzo di Palazzo Borghese" e si scende liberamente per prati fino al "Laghetto". Il ritorno è avvenuto seguendo lo stesso percorso dell'andata ma in maniera inversa.
Relazione:
Il meteo non promette nulla di buono per il week-end, ho programmato qualcosa per Sabato, un'escursione lampo, tre ore al massimo, nella vicina "Gola di Frasassi": dovrebbe esserci una breve finestra di sole in mattinata e ne voglio approfittare.
Venerdì sera invece inizia a piovere con intensità, e andrà così per tutta la notte e mattina presto: sono rimasto a letto a rimuginare...
Nella mattinata di Sabato arriva una telefonata da parte di Antonio, un alpinista conosciuto in rete: è da un po' di tempo che vogliamo fare un'escursione insieme, e ne stiamo meticolosamente discutendo ogni aspetto. Stiamo altresì aspettando condizioni meteo favorevoli visto che andremo ad affrontare il versante Nord della Sibilla, nei Monti Sibillini, passando per il famoso imbuto del "Fosso le Vene". La discussione però prende una piega inaspettata: non si parla di escursioni per un futuro prossimo, ma di escursioni per un futuro immediato, domani!
Sfideremo il tempo, trovo in Antonio una valida spalla ed in meno di un minuto i pochi dubbi e rimostranze che avevo vengono fugati: faremo un giro che occuperà la prima mattinata (la pioggia dovrebbe arrivare verso le 11:00) e che ci porterà a percorrere l'anfiteatro naturale formato tra il "Monte Argentella" e le due splendide rocce dolomitiche di "Palazzo Borghese", sempre nei Monti Sibillini. Perfetto, tutto è stato deciso, domattina la sveglia suonerà molto presto!
Poco dopo le sei di mattina siamo a Foce di Montemonaco, stiamo facendo scorta d'acqua nella graziosa fontanella posta all'ingresso del paese. Facciamo dietrofront raggiungendo il parcheggio dell'area attrezzata notata sulla destra poco prima di giungere in paese: lasciamo l'auto sola soletta e siamo pronti per questa nuova avventura.
Iniziamo a seguire la carrareccia che sale di fronte a noi volgendo leggermente a destra; in breve tempo raggiungiamo l'invaso del "Fosso Zappacenere", lo attraversiamo e seguendo delle tracce ci immergiamo nella vegetazione boschiva. La pista da seguire a volte non è così evidente e si perde nel sottobosco in mezzo a delle tracce dovute al passaggio degli animali. I primi dubbi iniziano ad assalirci e quando stiamo prendendo la decisione di tornare indietro notiamo prima degli omini di pietra e poi dei bolli rossi su alcuni alberi.
Uno sguardo a Sud-Est.
Ora siamo tranquilli e proseguiamo con rinnovato vigore: la pendenza inizia ad accentuarsi sempre più e dopo una serie di rapidi tornanti sbuchiamo sopra una bella cresta rocciosa dalla cui sommità la vista può spaziare quasi ovunque lungo il "piano della Gardosa", dalla valle del lago, scendendo verso Foce e proseguendo verso la vallata formata dall'Aso.
Foce e sullo sfondo la "Valle del Lago di PIlato".
Ancora dubbi, questa cresta non è menzionata in alcuna relazione ed i bolli rossi e gli omini di pietra scompaiono dopo pochi metri. Abbiamo constatato che siamo fuori sentiero e precisamente siamo sulla cima di uno degli speroni rocciosi che formano il "Civitetto", sul fianco della "Sibilla": sopra passa un sentiero che poi va a ricongiungersi con il sentiero 154, quello che dobbiamo raggiungere. Decidiamo di proseguire salendo direttamente per il ripido pendio superando al contempo altri spuntoni che si perdono tra le nuvole basse.
Da qualche parte sul "Civitetto".
Saliamo di quota velocemente superando l'ennesima cresta rocciosa, finché la pendenza aumenta ulteriormente: siamo intorno a quota 1500m ed una alta parete di roccia ci sbarra la via. Si potrebbe passare alla nostra destra, dove, salendo di un poco, si arriva ad una piccola cengia. Inizio però a sentire qualche gocciolina di pioggia e questa è la classica goccia che fa traboccare il vaso (questa citazione in questo frangente calza proprio a pennello!), decidiamo così che è meglio lasciar perdere e ritornare sui nostri passi: scendere per ripidi pendii erbosi sotto la pioggia è un rischio che non vogliamo correre. Dopo pochi passi ci accorgiamo che anche così non è per niente facile: mantenere l'equilibrio è una impresa e non so come riusciamo a non finire a terra. Scendiamo di quota, forse troppo: raggiungo quella che sembra una traccia, ma non è quella che abbiamo seguito precedentemente. E' da un po' che non riconosco dei riferimenti che avevo memorizzato durante la salita. Ora è certo, siamo scesi troppo, addirittura nel canale sbagliato: dobbiamo risalire, tenendoci più alla nostra sinistra, vicino al bordo dei precipizi che si susseguono. Dovrebbero essere fasi concitate, invece regna in noi uno stato calma, di sicurezza: siamo sempre lucidi, concentrati. Sia io che Antonio abbiamo affrontato situazioni analoghe in passato e l'insegnamento che ne abbiamo entrambi tratto è che bisogna mantenere sempre la calma, anche quando non si riesce a trovare una via d'uscita, perché anche se non sembra, c'è sempre una soluzione.
Piccola parentesi.
Da finto pessimista quale sono posso dire che questo non è valido soltanto per la montagna, ma anche per la vita e tutte le problematiche che ogni giorno dobbiamo affrontare: anche gli ostacoli che all'apparenza sembrano insormontabili possono essere superati. Come diceva la mia cara nonna "solo alla morte non c'è rimedio", ma anche questo è da vedere visto che nessuno finora è riuscito a compiere il percorso in senso inverso (o forse si...) e non può quindi raccontarci cosa c'è dall'altra parte: io poi una mia idea me la sono fatta e la dovreste oramai conoscere anche voi (Monte Priora per la cresta di Nord-Est Invernale (Madonna dell'Ambro) Invernale).
Devo fare ancora parecchie cose su questa terra, non mi piace lasciare le cose a metà, lo sai, quindi cara nonna aspettami un altro pochino, per il tuo nipote preferito mi auguro ci sia ancora da pazientare (quanto lo sei stata con me su questa terra lo sai solo tu!), poi finalmente staremo nuovamente insieme e potrò raccontarti tutte le cose che ho vissuto da quando non ci sei più: dei miei splendidi figli che non hai potuto conoscere, della mia carriera in ambito scolastico prima (quanto ci tenevi che mi laureassi) e lavorativo poi, dei miei successi in ambito sportivo e della mia passione per la montagna. Lo sai, è proprio quando sono in questi luoghi che ti sento più vicina e non ti preoccupare, sarò prudente, come mi ricordavi (a volte fino allo sfinimento) sempre tu! Ciao nonna, aspettami ancora un po'!
Chiusa parentesi.
Dopo pochi minuti, risalendo, raggiungiamo un albero che ci sembra di aver già incontrato: si, un bollo rosso è ivi impresso! Ci siamo, è stato più facile del previsto! Iniziamo così la fase di discesa seguendo stavolta l'evidente pista percorsa poco prima. Intanto il tempo passa e sono quasi le nove di mattina quando raggiungiamo nuovamente il "Fosso Zappacenere".
Poco fa eravamo lassù!
Il tempo sembra ancora tenere e con Antonio siamo subito in sintonia: si prosegue, si sale nuovamente, stavolta per la giusta direzione! Scavalchiamo un filo spinato ed iniziamo a camminare lungo la carrareccia che sale fino a perdersi nel bosco "la Frondosa". Il percorso ora sale rapidamente ed Antonio a dispetto dei suoi sessantanove anni fila che è una meraviglia, a volte faccio fatica a mantenere il suo ritmo! Lui in salita ha un passo regolare, costante: io invece grazie ai miei trascorsi sportivi con differenti finalità non sono un passista, ma, anche per il mio fisico, sono uno scattista. La cosa si evidenzia maggiormente nelle salite più ripide, dove la mia andatura è a singhiozzo: alterno scatti (che fortunatamente hanno una durata sempre maggiore) a pause (che stanno diventando sempre meno frequenti e prolungate). Stare dietro al passo di Antonio è stato un bell'esercizio ed è la giusta metodologia con la quale si devono affrontare le escursioni in montagna: una questione di fibre muscolari "rosse" e "bianche", magari in un'altra circostanza mi soffermerò su questi aspetti.
Dentro la "Frondosa".
Benché lo sforzo sia notevole, Antonio ed io abbiamo "fiato" anche per parlare (è allenamento anche questo!) e riusciamo ad intavolare una piacevole discussione sulle nostre vite, i nostri trascorsi ed esperienze: fattore comune la montagna. Ora siamo in mezzo al bosco di faggi de "la Frondosa" e dei lunghi tornanti ci accompagnano tra questi bellissimi alberi secolari dall'alto fusto: unico inconveniente il fango lungo alcuni tratti del sentiero, non lo sopporto! Innanzitutto si deve procedere con più cautela per non cadere e poi ci si sporca all'inverosimile!
Dopo poco più di un'ora sbuchiamo fuori dalla vegetazione raggiungendo un piccolo spiazzo dove è presente una fonte: qui non ci sono trocche per far abbeverare gli animali, c'è una bella vasca da bagno!
...quando le nuvole si aprono, magicamente i colori si posano sulla faggeta della "Frondosa".
Abbiamo raggiunto "Fonte Santa Maria" (1537m), effettuiamo un piccolo spuntino e proseguiamo alla nostra sinistra per l'evidente traccia: il percorso adesso segue una carrareccia che costeggia il bordo della "Frondosa" in direzione Ovest. Proseguiamo così per alcuni minuti finché un'improvvisa svolta a destra inizia a farci inerpicare su di un ripido dosso: la traccia scompare improvvisamente per riapparire una volta superata la breve quanto intensa salita. Ora siamo in un piccolo pianoro dove la traccia dell'uomo è evidente ed alla nostra destra appare una recinzione che delimita l'accesso ad una area utilizzata dai pastori in estate: ora è tutto desolatamente spoglio ed in stato di abbandono dopo i rigori dell'inverno, credo che tra un po' ci sarà più confusione!
Dopo un centinaio di metri appare di fronte a noi la sagoma inconfondibile di un abbeveratoio, molto più grande e non improvvisato come quello di "Fonte Santa Maria": siamo arrivati nei pressi della "Fonte dell'Acero" (1705m) (la fonte vera e propria è poco più avanti). Nella piccola conca dove è presente l'acero citato poc'anzi la traccia da seguire non è più così evidente e più di un dubbio ci assale sulla direzione da prendere: decidiamo di proseguire sulla destra, direzione "Monte Porche", aggirando la collina che abbiamo di fronte. Una volta superata la sua sommità la visuale si apre, le vette delle montagne che ci circondano rimangono precluse dalle nuvole basse ma almeno riusciamo a fare il punto della situazione: il terreno adesso è erboso e la sua pendenza contenuta, siamo sui "Pianetti". Notiamo il sentiero che prosegue davanti a noi da questo punto in poi, aggiungo finalmente, sempre ben segnalato. Dopo pochi minuti di marcia raggiungiamo il bordo di una grossa depressione che si apre alla nostra sinistra.
Le nuvole ora sono più basse, sta iniziando a piovere, ma anche con questa visibilità ridotta riesco ad intravedere qualcosa e capisco che siamo giunti al cospetto di "Palazzo Borghese". Infatti di fronte a noi ogni tanto fanno capolino le sue due pareti “dolomitiche” che dominano dall'alto, assomiglianti a due pilastri posti all'ingresso di un maestoso palazzo medievale: forse è proprio da tale aspetto che deriva proprio il suo nome, "Palazzo Borghese". Guardando in basso, sulla sinistra, il mio sguardo viene catturato da un riflesso: ecco il famoso laghetto!
Un ripido tornante e poi di corsa verso il "laghetto"! Grazie della fotografia ad Antonio.
Nasce e prospera in me (molto, troppo velocemente) una sorta di agitazione: devo andare, subito! Ho questo imperativo dentro che mi impone di muovermi. Antonio non viene, per lui è sufficiente così: rimaniamo d'accordo che mi attenderà qui, cercando in qualche modo di ripararsi dalla pioggia che sta diventando di minuto in minuto sempre più incessante.
La "lunga" fase di avvicinamento.
Da solo quindi proseguo alla mia sinistra, in leggera discesa, lungo il bordo del grosso invaso che trova il suo culmine più avanti, con il "laghetto". Seguo una traccia ben marcata ed i miei passi acquistano sempre più velocità: sto praticamente correndo spinto dalla frenesia che mi sta pervadendo sempre più ed anche dal fatto che non voglio far attendere Antonio oltremodo con questo tempo inclemente.
Ci siamo quasi!
Arrivo ad un'altra piccola fonte dove è presente una trocca simile a quelle della "Fonte dell'Acero": sorrido con un certo compiacimento, almeno qui non è presente un'altra vasca da bagno come per "Fonte Santa Maria"! Mi fermo qui? E' sufficiente? Neanche a parlarne, chi voglio prendere in giro, sarò soddisfatto solo quando sarò sulla riva di questo laghetto. Via, di corsa! Penso che dopo dovrò rifare tutto in salita: ma si! Magari i sacrifici nella vita fossero solo questi!
Ancora pochi passi...
Ci sono quasi, alcune piccole svolte e... Sono a pochi centimetri dall'acqua.
E' bellissimo trovarsi qui sotto questa pioggia!
Di colpo l'agitazione che mi ha accompagnato negli ultimi minuti cessa per lasciare spazio ad altre emozioni: mi sembra di essere al centro dell'universo, qui, da solo, sotto la pioggia, per conto mio... Un paio di motivi musicali già da qualche minuto avevano iniziato a "ronzarmi" in testa. E vai con una parentesi musicale...
But not tonight (Ma non stanotte)
Musica e testo di Martin Lee Gore
"Oh Dio, sta piovendo
Ma non mi lamento
La pioggia mi sta riempiendo
Di vita nuova
Le stelle nel cielo
Portano lacrime ai miei occhi
Stanno illuminando il mio cammino
Stanotte
E non mi sentivo così vivo
Da anni
Solo per un giorno
In un giorno come oggi
Fuggirò da questa
Costante sregolatezza
Il vento tra i miei capelli
Mi rende così consapevole di
Quanto è bello essere vivi
Stanotte
E non mi sentivo così vivo
Da anni
La Luna
Risplende nel cielo
E mi ricorda
Di così tante altre notti
Ma non erano come stanotte
Oh Dio, sta piovendo
E non riesco a contenere
Il piacere che provo ad essere
Così bagnato
Qui, da solo
Completamente solo
Quanto si sta bene ad essere soli
Stanotte
E non mi sentivo così vivo
Da anni (...)"
Traccia 13 dell'album "Black Celebration" (1986) dei Depeche Mode
Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.
"But Not Tonight" non è sicuramente una tra le canzoni più famose dei Depeche Mode anche se la sua storia è un po' singolare. Infatti prima di essere inserita nell'album più cupo ed oscuro della loro produzione, ossia "Black Celebration" (Celebrazione nera), questo brano aveva iniziato il suo percorso come B-Side del singolo "Stripped". Di solito le canzoni "inadatte" ad un certo album vengono accantonate ed inserite in seguito, come riempitivo, nei singoli che fungono da apripista per l'album stesso. In Europa le cose stavano andando in questo modo e la più famosa "Stripped" era in onda sui principali network radiofonici, in Italia in particolare i Depeche Mode per lanciare questo singolo parteciparono come ospiti al "Festival di Sanremo" presentando questa canzone in anteprima mondiale.
Negli Stati Uniti invece le cose cambiarono radicalmente ed i promoter di oltreoceano (la Sire Records) decisero di invertire le canzoni: quindi "Stripped" fu relegata al ruolo di B-Side mentre "But Not Tonight" divenne il singolo che lanciava l'album: venne realizzato un video promozionale con inserite delle scene tratte dal film "Modern Girls", di cui divenne addirittura parte della colonna sonora. Ripeto, "Stripped" è di tutt'altro livello, sia per le liriche che per la melodia, per ricerca dei suoni, per la produzione ecc... però è una canzone "pessimistica", cupa (come l'album di cui fa parte), invece "But Not Tonight" è una canzone con delle liriche spensierate, ottimistiche, almeno di primo acchito. Infatti la gioiosità del testo viene troncata, a scanso di equivoci, in questa frase:
"(...) Solo per un giorno
In un giorno come oggi
Fuggirò da questa
Costante sregolatezza (...)"
Ottimismo quindi, ma solo per un giorno, per questo giorno speciale, per poi ricadere nuovamente nella decadenza, nella disperazione.
La "pessimistica" "Stripped" invece ci fa compiere un viaggio lontano dalla civiltà odierna, ci fa scappare via dal materialismo che permea le nostre vite...
Stripped (Nuda)
Musica e testo di Martin Lee Gore
Vieni con me
In mezzo agli alberi
Ci sdraieremo sull'erba
E lasceremo passare le ore
Prendi la mia mano
Torna alla terra
Andiamocene
Per un giorno soltanto
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
La metropoli
Non ha niente a che vedere con questo
Stai respirando in mezzo ai fumi
Lo sento quando ci baciamo
Prendi la mia mano
Torna alla terra
Dove tutto è nostro
Solo per poche ore
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
Lascia che ti senta prendere decisioni
Senza la tua televisione
Lascia che ti senta parlare
Solo per me
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
Lascia che ti senta parlare
Solo per me
Lascia che ti veda
Nuda fino all'osso
Lascia che ti senta piangere
Solo per me
Traccia 7 dell'album "Black Celebration" (1986) dei Depeche Mode
Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.
Ad una prima lettura il testo potrebbe sembrare quello di una classica canzone d'amore, ma in realtà le cose stanno diversamente e come dicevo poc'anzi le liriche sono un inno contro il materialismo, un inno a ciò che è puro, a ciò che è vero. Il senso di estraniazione dalla realtà è intenso e chiudendo gli occhi ci si ritrova immersi in un Maelstrom, in un gorgo di immagini, voci ed emozioni che ti travolgono, ti stordiscono, per trasportarti lontano, verso la superficie di un pianeta lontano, un mondo incontaminato dove lo sguardo si perde in immense praterie, dove le montagne osservano impassibili lo scorrere del tempo cadenzato dal ritmico infrangersi delle onde degli oceani sulle loro rive... La natura e le sue meraviglie che regnano incontrastate: laghi, alberi, fiumi, prati fioriti, cascate, vulcani, colline, stagni, animali liberi... Il Giardino dell'Eden...
Vorrei raccontarvi di più sulla genesi di questi brani che compongono uno degli album più acclamati dalla critica della lunga carriera dei Depeche Mode, magari lo farò in altra circostanza, mi sto dilungando un po' troppo, come al solito...
Inserisco qui di seguito il video di "Stripped" e lascio a voi, se ne avete voglia, il compito di scegliere la canzone che preferite. Cosa scelgo io? E' chiaro, no? Quello che poi leggerete vi sarà d'aiuto per risolvere questo dilemma... Autoironia, ci vuole, sempre!
Chiusa parentesi musicale.
Questi due brani descrivono perfettamente il mio stato d'animo: sono completamente avvolto da queste emozioni, ne sono rapito, stupito, sono sbalordito da ciò che mi sta succedendo.
L'acqua della riva mossa dalla pioggia.
Provo una gioia che definire immensa è poco: mi accosto, i piedi a pochi centimetri dall'acqua, lo sguardo verso il basso. A farmi compagnia degli esserini vecchi centinaia di migliaia di anni, che si muovono, vivono intensamente la loro breve vita lontano da tutto, lontano da tutti. Chiudo gli occhi e mi sembra di essere stato catapultato lontano, indietro nel tempo, quando ancora l'uomo non muoveva i suoi passi su questa terra: è uno stato mentale che ha del sublime.
Ecco a voi il "Chirocefalo della Sibilla"! Fotografia gentilmente offerta da Marco Arcangeli.
Vorrei rimanere qui in eterno, tra queste montagne con la sola compagnia di questo essere antichissimo.
Piccola parentesi scientifica.
Nel post del "Lago di Pilato da Foce di Montemonaco Invernale aprivo una lunga "parentesi culturale-scientifica" parlando delle leggende riguardanti i "Laghi di Pilato" e del minuscolo organismo endemico che vive nelle sue acque: il "Chirocefalo del Marchesoni". Raccontavo come nel 1954 il professore di botanica dell’Università di Camerino Vittorio Marchesoni scoprì questa piccolissima forma di vita e ne descrivevo brevemente le caratteristiche. Concludevo il discorso dicendo che il Chirocefalo è in pericolo di estinzione e nel 1990 si pensava lo fosse dopo il totale prosciugamento dei Laghi dovuto alla forte siccità di quel periodo.
Non avremmo avuto paura a quel tempo se si fosse conosciuta l'esistenza del "cugino" del Chirocefalo del Marchesoni, ossia del "Chirocefalo della Sibilla" (Chirocephalus Sibyllæ), che non era ancora stato scoperto: ebbene si, il laghetto che proprio in questo istante ho di fronte a me (che si forma grazie ad acque di fusione nivale e meteoriche) è popolato da un'altra specie endemica parente stretta di quella del più famoso "Lago di Pilato".
Durante il periodo primaverile, nella conca carsico-glaciale che si trova sotto le imponenti pareti rocciose di Palazzo Borghese (guardando da Est), si forma un "laghetto" temporaneo (nelle carte dei sentieri viene chiamato così) che poi scompare durante il periodo estivo: in questo breve lasso di tempo il piccolo crostaceo che abita queste acque riesce a completare il suo ciclo vitale deponendo gli embrioni conservati all'interno delle proprie cisti. E' meraviglioso constatare come il ciclo idrogeologico del "laghetto" sia strettamente correlato a quello del "Chirocefalo della Sibilla": le cisti si schiudono solo quando si ripresentano le giuste condizioni ambientali; quando torna l'acqua è come se questa minuscola forma di vita si risvegliasse da un periodo di letargo. Gli embrioni possono sopravvivere anche diversi anni all'interno delle cisti se non si presentano le condizioni adeguate per la loro schiusa, oltre a questo poi bisogna aggiungere che non tutte le cisti deposte di stagione in stagione si schiudono: una parte di esse si "conserva" nel sedimento costituendo così un’ulteriore riserva, una sorta di garanzia per il futuro della specie.
Vorrei sempre stare qui!
Il "Chirocefalo della Sibilla" quindi è molto resistente agli stress climatici, ma delicato nei confronti della noncuranza delle persone: come già detto per il "Chirocefalo del Marchesoni", ribadisco che è molto importante rispettare una certa distanza di sicurezza (a differenza del "Lago di Pilato" qui non è segnalata) dal lago quando le acque iniziano a ritirarsi, e nei mesi estivi non calpestare la parte di terreno dove in primavera c'erano le sue acque, perché fare questo significherebbe distruggere le cisti deposte.
Riflessi.
Adesso che conosciamo entrambe le specie endemiche popolanti questi due laghi, simili per certi aspetti e diversi per altri, possiamo azzardare una breve ricostruzione della loro lunga vita (premetto che non sono ne un geologo ne un biologo). Sicuramente milioni di anni fa i Sibillini avevano una conformazione orografica diversa da come appare ora ed era presente un unico lago abitato da un piccolo crostaceo.
Tra poco dovrò abbandonare questo luogo purtroppo.
Con il trascorrere delle ere ed i relativi cambiamenti che si sono succeduti, le acque di quel bacino si sono ritirate, formando specchi d'acqua distinti: ai giorni nostri ne possiamo vedere solo due (magari in un passato remoto erano di più). Grazie a ciò la popolazione di questo organismo è stata "scissa", e, non essendoci più uno scambio di geni, ognuna ha subito un processo evolutivo diverso dall'altra. A riprova di ciò la prima cosa che salta all'occhio è la diversa colorazione delle due popolazioni di chirocefalo presenti nel "Lago di Pilato" e nel "laghetto": la prima è di colore rosso corallo, mentre la seconda di colore grigio.
Chiusa parentesi scientifica.
Scatto fotografie, giro un breve filmato per cercare di catturare questi momenti, ma so che sarà tutto inutile: riguardando tutto a casa non proverò più le stesse emozioni.
Un "selfie" a occhi chiusi non si era mai visto! Sono al 7° cielo!
A volte penso di avere una dipendenza, di essere "drogato" delle emozioni che riesco a provare solo quando sto in montagna: sono spinto a "farmi" dalla voglia, ma più che altro dalla necessità di riprovare quanto di bello vissuto in precedenza. E' una rincorsa continua, un aumentare continuamente la "dose": è proprio brutto questo paragone con la dipendenza dalle droghe però rende perfettamente l'idea e descrive lo stato in cui cado quando è da molto tempo che non mi "faccio".
Breve filmato girato sulla riva.
Intanto il tempo scorre veloce, ora piove a dirotto ed Antonio mi sta aspettando sotto questo nubifragio. Con una immensa tristezza d'animo prendo la via del ritorno, senza mai voltarmi, sarebbe troppo doloroso: però cedo, mi giro una sola volta, quando raggiungo nuovamente la fonte con una trocca. Scatto una fotografia, l'ultima a questo angolo ancestrale, le severe montagne intono a fare da testimoni e non volterò più lo sguardo stavolta, sul serio...
Un ultimo sguardo...
Ho quasi raggiunto il punto dove mi ero lasciato prima con Antonio, ma di lui non c'è traccia e proprio quando inizio a pensare dove sia il mio telefono squilla (... la sincronicità... vedi post Pizzo Berro per la Val di Panico Invernale): non ho bisogno di guardare sul display chi mi sta cercando. "Ciao Antonio! Ok, mi stai aspettando davanti alle trocche della Fonte dell'acero. Hai fatto bene! Tra dieci minuti sono lì!"
Il tempo sta peggiorando rapidamente.
Percorro velocemente il tratto erboso in leggera discesa finché non raggiungo la collinetta su cui siamo saliti una vita fa: stavolta vedo il sentiero scendere alla mia destra e seguire un paio di ampi tornanti fino alla conca dove giace il famoso acero. Noto che la traccia (segnalata) prosegue poi sulla sinistra scendendo e non a destra in direzione delle trocche dove Antonio mi sta aspettando e da dove siamo venuti: mi dirigo in quella direzione, cerco di attirare la sua attenzione in qualche modo ma sotto il frastuono prodotto dalla pioggia e dal vento le mie grida si perdono. Giunto a pochi metri si accorge della mia presenza, gli spiego brevemente che prima da "Fonte Santa Maria" siamo saliti dalla parte sbagliata, seguendo una carrareccia servita proprio a trasportare tutto il materiale utile ai pastori in estate.
Richiuso l'ombrello che lo proteggeva dalla pioggia (a volte, in condizioni simili, un piccolo ombrellino farebbe comodo, come ho fatto a non pensarci anche io? Certo, con un temporale no, è ovvio...) Antonio è subito pronto e mi inizia a seguire per il sentiero che nella prima parte è per prati e poi scende bruscamente per dello sfasciume.
In pochi minuti siamo sopra "Fonte Santa Maria", ora non ci rimane che imboccare nuovamente la via che ci riporterà all'interno della faggeta della "Frondosa". Più facile a dirsi che a farsi, infatti prima di trovare la giusta strada girovaghiamo per un buon quarto d'ora: i segni bianco-rossi che vanno alla nostra sinistra sono quelli del sentiero che arriva fin sulla strada poco sotto la sella tra il "Monte Sibilla" e la "Cima Vallelunga" (sullo spigolo inferiore della purtroppo famosa "Zeta") e non quelli della via che avevamo percorso in salita un paio d'ore prima. Per scoprire l'inghippo torniamo sui nostri passi fino a "Fonte Santa Maria" dove, dopo un'analisi più attenta, scopriamo che la giusta direzione da prendere era data una minuscola traccia seminascosta dai cespugli: salendo, senza la pioggia, tutto aveva assunto altri contorni. Bene, ci immergiamo velocemente nel fitto della vegetazione, anche per trarre un po' di riparo dalla pioggia incessante. Ora neanche volendo possiamo sbagliare!
Così scendiamo, ripassando anche per i tratti fangosi affrontati durante la salita, resi ancora più estesi ed infidi grazie alla pioggia che scorre, ma che comunque non rallentano il nostro passo spedito. Quando usciamo dal bosco notiamo che ha smesso di piovere ed il sole ogni tanto fa capolino tra le nuvole che scorrono veloci nel cielo.
Anche quest'avventura volge al suo termine, ma con Antonio sicuramente non finirà qui: c'è stata una bella sinergia, una forte comunione d'intenti specie nelle situazioni più difficili che abbiamo dovuto gestire. Nel breve periodo ci sarà sicuramente modo di fare altro insieme, bisognerà solo essere pazienti ed aspettare le giuste condizioni meteo (una volta ogni tanto un'escursione sotto la pioggia può anche andare bene, sempre no!): riguardo quello che faremo... lo scoprirete qui, spero nelle prossime settimane e non mesi!
Link per album Fotografico su Google Foto
Galleria fotografica
Da qualche parte sul "Civitetto".
Uno sguardo a Sud-Est.
Foce e sullo sfondo la "Valle dei Laghi di PIlato".
Poco fa eravamo lassù!
Ricominciamo!
Dentro la "Frondosa".
...quando le nuvole si aprono, magicamente i colori si posano sulla faggeta della "Frondosa".
Un ripido tornante e poi di corsa verso il "laghetto"!
La "lunga" fase di avvicinamento.
Ci siamo quasi!
Intanto l'intensità della pioggia sta aumentando.
Praticamente sono fuori sentiero.
Ancora pochi passi...
... e finalmente ci sono!
E' bellissimo trovarsi qui sotto questa pioggia!
Uno sguardo sull'acqua...
... forza, mostrati...
...eccolo! Il "Chirocefalo della Sibilla"!
Il "Chirocefalo della Sibilla" (Chirocephalus Sibyllæ), cugino del ben più famoso "Chirocefalo del Marchesoni" che vive nel "Lago di Pilato". Fotografia di Marco Arcangeli.
...e mi sembra di essere stato catapultato lontano, indietro nel tempo, quando ancora l'uomo non muoveva i suoi passi su questa terra...
Riflessi.
Tra poco dovrò abbandonare questo luogo purtroppo.
Un ultimo sguardo dalla fonte con un'unica trocca.
Le nuvole scendono sempre di più.
Il tempo sta peggiorando rapidamente.
Per prati poco sopra la "Fonte dell'Acero".
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