"(...) due alte montagne, ai piedi di cui scorre il Freddura. Poche miglia a maestro da Norcia sorge la così detta montagna della Sibilla, nome che gli deriva da un ampio e profondo antro che apre la fauce verso ostro, che sino da' più remoti secoli chiamano Grotta della Sibilla (...)"
Trenta Aprile 2016
Partenza dal parcheggio di accesso alla Gola dell'Infernaccio (953m) ore 06:07
Arrivo al rifugio "Sibilla" (1540m) ore 11:36
Durata escursione: 5h29m
Distanza percorsa: 15,2Km circa
Grado di difficoltà: EEi
Dislivello in salita: 1426m
Dislivello in discesa: 843m
Vette raggiunte: 2173m Monte Sibilla (targa di pietra incisa)
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Gola dell'Infernaccio su Wikipedia
Monte Sibilla su Wikipedia
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Sibilla Appenninica su Wikipedia
Il Guerrin Meschino su Wikipedia
Percorso:
Partenza dal parcheggio di accesso alla Gola dell'Infernaccio (953m) seguendo il sentiero del Parco n.221 (segni bianco-rossi) che scende fino agli 850 metri della "Stretta le Pisciarelle" dove ci si immette nella "Gola dell'Infernaccio". Dopo alcuni sali e scendi in questa bellissima quanto angusta gola si giunge al bivio con il sentiero del Parco n.229: si procede verso sinistra (sempre per il sentiero n.221), seguendo il corso del fiume Tenna, raggiungendone le sorgenti. Superata la fonte con trocche si scende leggermente in direzione di una piccola traccia che si trova di fronte: oltrepassato il "Tenna" si segue il flebile accenno di pista tra quest'ultimo ed il bosco di faggi sulla sinistra. Dopo una cinquantina di metri, sempre a sinistra, appare una stradina appena accennata che sale facendosi più evidente e che in breve tempo conduce di fronte al casale "Rosi": una bella costruzione in ottimo stato di conservazione circondata da un recinto. Voltando lo sguardo a destra si vede una collinetta sormontata da un albero circondato dai ruderi di un muraglione. Nei pressi di quest'ultimo parte un sentiero che si dirige verso la faggeta prospiciente (sentiero 11, bolli rossi). Si prosegue in salita con vari cambi di direzione finché non si raggiunge un omino di pietre dove si svolta a sinistra. Il sentiero da questo punto in poi diventa molto marcato e con lunghi tornanti si perde sempre di più nella faggeta; in breve tempo la pista si impenna ed i tornanti diventano sempre più brevi e secchi fino ad uscire dal bosco in prossimità del "Casale Lanza". La traccia ora si perde nuovamente tra l'erba: faccia a monte, sulla sinistra si nota un sentiero che, attraversato un fosso, con alcuni rapidi tornanti sale fino a perdersi dietro un grosso sperone roccioso. Raggiunta la sommità di quest'ultimo è presente un omino di pietre ad indicare la giusta direzione anche se aiuta la vista del "Casale della Sibilla" (1939m) che ora appare davanti (circa ad un centinaio di metri e leggermente più in basso di quota). Qui non c'è una traccia vera e propria da seguire, il riferimento però è ben visibile faccia a monte, guardando leggermente sulla sinistra: dalla sella posta tra la "cima Vallelunga" e la "Sibilla" scende un ghiaione (di rocce rossastre) e da lì si vede scendere un accenno di pista prima verso sinistra (per un breve tratto) e poi, con una lunga diagonale, verso destra. Si sale ed una volta in cresta si prende la pista sulla sinistra (il sentiero è quello del Parco n.156, da seguire fino alla doppia vetta della "Sibilla"). Per la discesa si prosegue lungo la cresta Nord (sentiero del Parco n.155) seguendo l'evidente sentiero finché non si giunge nei pressi della famosa "corona" della Sibilla dove si disarrampica su roccia (passaggi di I grado, tre spezzoni di catena). Quasi al termine della cresta, poco prima di raggiungere la vetta del "Monte Zampa", il sentiero scende sulla destra fino ad arrivare al rifugio "Sibilla" (1540m) dove il percorso ha termine.
Relazione:
Quello che oggi mi appresto ad affrontare è uno dei sentieri più belli ed affascinanti dei Monti Sibillini, sia per gli scenari grandiosi e suggestivi dove si svolge e sia per l'interesse storico-leggendario a cui si riferisce. Il percorso infatti è lo stesso che Andrea da Barberino fa percorrere nel suo romanzo il "Guerrin Meschino" al suo protagonista per salire fino alla grotta della Sibilla.
Ho lasciato l'automobile di fronte alla sbarra che blocca il transito verso la stretta "le Pisciarelle", l'accesso a Nord-Est della "Gola dell'Infernaccio": nelle ultime settimane mi sono ritrovato spesso qui e la cosa non può che farmi piacere vista la bellezza di questo luogo. Il periodo primaverile poi è quello più bello proprio perché mutevole: di settimana in settimana si notano cambiamenti che conferiscono a questa gola sempre un qualcosa di nuovo e di diverso, donando a chi vi transita la sensazione di una continua scoperta.
Ho lasciato l'automobile di fronte alla sbarra che blocca il transito verso la stretta "le Pisciarelle", l'accesso a Nord-Est della "Gola dell'Infernaccio": nelle ultime settimane mi sono ritrovato spesso qui e la cosa non può che farmi piacere vista la bellezza di questo luogo. Il periodo primaverile poi è quello più bello proprio perché mutevole: di settimana in settimana si notano cambiamenti che conferiscono a questa gola sempre un qualcosa di nuovo e di diverso, donando a chi vi transita la sensazione di una continua scoperta.
Sono le ore 6:07 e sono pronto per la partenza, oggi i tempi sono stretti perché per il primo pomeriggio sono previste piogge e temporali: si è aperta una piccola finestra di tempo buono per questa mattina e voglio approfittarne, senza però correre rischi. Inizio con la marcia, a spron battuto, senza tergiversare: ogni minuto è prezioso ed il percorso abbastanza lungo e con dislivelli notevoli. Stanotte ha piovuto ed il cielo adesso è limpidissimo, completamente spoglio di nuvole: come vorrei essere già in vetta!
Scendo correndo fino alla stretta "le Pisciarelle", supero il ponticello ed entro nella gola. In pochi minuti raggiungo il bivio per l'eremo di San Leonardo: questa volta prendo il sentiero di sinistra, il numero 221 che percorre tutta la gola fino a "Capotenna". I primi passi in questa nuova direzione sono una tragedia: dalla "Priora", alla mia destra, scendono molti piccoli torrentelli che hanno trasformato questa parte di percorso praticamente in un fosso. Procedo a tentoni cercando le zone meno invase dall'acqua, ma è un'impresa ardua e mi ritrovo spesso con gli scarponi immersi fino alla caviglia: fortuna la mia sana abitudine di dare l'impermeabilizzante agli scarponi la sera precedente un'escursione. Ora per questa operazione siamo agevolati, mi ricordo da ragazzino quando sui miei scarponcini di cuoio applicavo il grasso di foca con la spazzola: riuscivo sempre a sporcarmi però il risultato era a prova di bomba, l'acqua non entrava, anche se stavo ammollo per periodi prolungati.
Finalmente si sale leggermente di quota ed il terreno diventa pietroso quindi posso dire addio a tutte le cautele per non bagnarmi. Mi accorgo al contempo che il sentiero si allontana sempre di più dal "Tenna" ed il suo rumore quindi è meno assordante: la gola qui è più ampia, ne consegue quindi la cessazione del fastidioso effetto rimbombo che ne contraddistingue invece la prima parte.
In alcuni punti si apre la visuale ad Ovest ed il "Monte Bove Sud" appare nella sua veste ancora invernale.
L'avanzata ora prosegue per sali e scendi che riescono a spezzare la monotonia della marcia vivacizzandola. Ho percorso circa 5Km, ne manca ancora uno per "Capotenna" quando sento odore di fumo, legna bruciata... cosa sta succedendo? Un incendio mi sembra una ipotesi molto remota vista la grande quantità d'acqua caduta stanotte. Un bivacco? No.... La risposta non si fa attendere e mi appare all'improvviso sulla destra: un piccolo casale appare dietro una curva del sentiero. E' dal suo comignolo che esce il fumo "fiutato" poco fa: mistero risolto!
Il "Monte Bove Sud" (2169m).
Chi vi alloggia si è svegliato presto, non sono ancora le sette di mattina: andiamo via senza fare troppo rumore, non voglio spaventare nessuno con la mia presenza.
La Luna sta tramontando a Sud.
Dopo pochi minuti arrivo a "Capotenna" (1178m), interrompendo la marcia forsennata che mi ha portato sin qui in meno di un'ora: ho proprio la fonte davanti a me e non posso fare a meno di bere la buonissima acqua che da lì sgorga.
Le trocche di "Capotenna": acqua buonissima!
Ora debbo individuare il sentiero e da quello che ho letto non sarà proprio facile: leggendo qua e là tra libri, siti web ecc... ho trovato descrizioni abbastanza discordanti, anche stavolta dovrò improvvisare (il sentiero segnalato n.221 termina qui, quello che seguirò fino alla sella tra la "Sibilla" e la "Cima Vallelunga" è il sentiero senza manutenzione numero 11).
Supero la fonte e scendo leggermente lungo una piccola traccia che si trova di fronte a me: oltrepasso il "Tenna" ed inizio a seguire il flebile accenno di pista tra quest'ultimo ed il bosco di faggi alla mia sinistra.
Dopo una cinquantina di metri, sempre a sinistra, trovo una stradina appena accennata che sale facendosi più evidente e che in breve tempo mi conduce di fronte al casale "Rosi": una bella costruzione in ottimo stato di conservazione circondata da un recinto. Volgo la sguardo alla mia destra e noto una collinetta sormontata da un albero circondato dai ruderi di un muraglione. Mi soffermo per un momento ad osservare quello che mi circonda: il tempo è bellissimo e da questa posizione privilegiata la "Priora", il "Berro" ed il "Monte Bove Sud" spiccano come non mai nell'azzurro del cielo.
La stradina sulla sinistra che conduce al "Casale Rosi".
L'albero circondato dai ruderi di un muraglione, sullo sfondo il "Berro".
Facciamo ora un salto nel passato di circa 1200 anni.
Da "Guerino detto il Meschino - Storia di cui si tratta le grandi imprese e vittorie da lui riportate contro i Turchi"
Riveduto ed illustrato con note da Giuseppe Berta - Milano - 1841
Dal Capitolo XXVI
"(...) Partito adunque cominciò andare su per l'alpi, e tutto il resto del dì penò per andare quattro miglia per luoghi selvatici ed aspre selve, e più andando a piedi che a cavallo. La sera quando il sole fu oscurato, giunsero ad un romitorio grande, che era tra due cime di monte, per modo che le ripe venivano sino alla cima di questo luogo, e chi avesse voluto passare non poteva, se non per mezzo di questo romitorio, perché le due cime del monte sono rovinate, e dal mezzo del monte si moveva un collo di monte che durava un miglio, ed era largo un braccio, e pareva la schiena di un grossissimo storione che fosse di simil grandezza. Conviene che vada appiccandosi per la maggior parte colle mani in certi sassi chi vi vuol andare. Ora disse il Meschino, che quando giunsero al romitorio, erano stanchi, e smontarono (...)".
Partenza dal romitorio, verso l'antro della Sibilla.
Ho inserito questo brano tratto dal "Guerrin Meschino" in questo punto della narrazione perché il protagonista parte per l'ascesa alla montagna, dopo avervi alloggiato per una notte, proprio dal romitorio (Convento di San Antonio Abate) esistito tra il 500 ed il 1000 d.C., a "Capotenna", probabilmente sul poggio dove ora sorge il "Casale Rosi".
Si parla tuttavia del tragitto percorso per giungere a questo romitorio "per luoghi selvaggi ed aspre selve" (la Gola dell'infernaccio) e si può notare come le distanze corrispondano: 4 miglia infatti sono 6,4 Km, ossia lo spazio percorso sinora per arrivare al "Casale "Rosi".
La traccia da seguire sulla parte alta della collinetta.
Tornando al presente, nei pressi dell'albero di cui sopra, noto che parte un sentiero che si dirige verso la faggeta prospiciente: all'inizio questa traccia prosegue tra erba ed arbusti ma la cosa che mi conforta è la presenza di numerosi bolli rossi sparsi qua e là ad indicarmi la giusta direzione da prendere.
Continuo in salita con vari cambi di direzione finché non raggiungo un omino di pietre: la direzione da prendere è quella alla mia sinistra, quella che si addentra maggiormente dentro al bosco dove la pista diventa più accentuata.
Il sentiero da questo punto in poi diventa molto marcato e con lunghi tornanti si perde sempre di più nella faggeta salendo contemporaneamente di quota. D'un tratto gli alberi si diradano e posso posare lo sguardo nuovamente sui bastioni della "Priora" e del "Berro" che si ergono maestosi innanzi a me.
I bolli rossi indicano la via.
L'ingresso alla faggeta.
Il "Pizzo Berro" (2259m) ed il "Monte Priora" (2332m) visibili da una piccola radura.
Mi immergo nuovamente tra i faggi e qui la pista si impenna ed i tornanti diventano sempre più brevi e secchi. Guardando verso l'alto il chiarore tra gli alberi inizia a diventare sempre più intenso ed in breve tempo, alla mia destra, inizia a stagliarsi la sagoma di un imponente sperone roccioso.
Ben, bene, sono giunto in prossimità del "Casale Lanza": la traccia ora si perde nuovamente tra l'erba, ma non è un problema, l'obiettivo è proprio qui, davanti a me. Avanzando noto che i casali in realtà sono due: il primo, quello più evidente salendo, si trova proprio di fronte a me, l'altro, un centinaio di metri più a Sud-Est rimane in una posizione un po' più defilata. Faccia a monte, alla mia sinistra noto una traccia che, attraversato un fosso, con alcuni rapidi tornanti sale fino a perdersi dietro lo sperone roccioso, la via che dovrò seguire per raggiungere il "Casale della Sibilla"; più a sinistra invece vedo una traccia che taglia il ripido pendio orizzontalmente fino a scomparire dietro un crinale: questa è la via che conduce al famoso "imbuto le Vene" dove vengono convogliate le acque del fosso omonimo.
Più tardi, tempo permettendo, durante la fase di discesa farò una breve deviazione: voglio arrivare all'imbocco di questo imbuto e vedere in che condizioni versa, tra un po' vorrei percorrere questa via e avere qualche riferimento in più fa sempre comodo. Mi rimetto in marcia e tanto per cambiare ho deciso che non voglio seguire il sentiero ed improvviso una ripida ascesa salendo direttamente per l'imponente sperone roccioso sopra i casali "Lanza": la pendenza è accentuata, l'erba ancora non troppo alta e la mia avanzata procede spedita.
Che dire, nei punti di maggior pendenza mi maledico per la scelta fatta, però ho la possibilità di salire dopo pochi minuti sopra il bordo di questo "dente": da sotto sembrava molto più piccolo! Solo da questa posizione ci si rende conto delle sue dimensioni effettive. Alla mia destra c'è una morena detritica, alcune rocce precipitano, mi giro di scatto: un camoscio fugge sopra il ciglio dello sperone spaventato dalla mia presenza. Non sono proprio solo, ogni tanto trovo qualcuno a farmi compagnia! Non manca molto alla sommità ma il tempo sembra essersi fermato: inizio a contare i passi non per cadenzare lo sforzo, ma più che altro per avere dei riferimenti visto che quelli visivi hanno "cannato" alla grande. Intanto la parte destra del cervello inizia a prendere il sopravvento: mi stavo giust'appunto domandando quando sarebbe successo ed eccoci qua...
Piccola parentesi musicale.
Appena fuori dalla faggeta, sul pianoro dove è ubicato il "Casale Lanza" (1569m).
Il punto dove parte il sentiero per l'insidiosa via che percorre il versante Nord della "Sibilla".
I due casali "Lanza" visti dallo sperone che li sovrasta, sullo sfondo il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora".
Piccola parentesi musicale.
Musica e testo di Martin Lee Gore
My little girl
Drive anywhere
Do what you want
I don't care
Tonight
I'm in the hands of fate
I hand myself
Over on a plate
Now
Oh little girl
There are times when I feel
I'd rather not be
The one behind the wheel
Come
Pull my strings
Watch me move
I do anything
Please
Sweet little girl
I prefer
You behind the wheel
And me the passenger
Drive
I'm yours to keep
Do what you want
I'm going cheap
Tonight
You're behind the wheel tonight
You're behind the wheel tonight
You're behind the wheel tonight
You're behind the wheel tonight
Piccola mia
Portami da qualsiasi parte
Fa ciò che vuoi
Non m'importa
Stanotte
Sono nelle mani del destino
Mi consegno
Su di un piatto
Ora
Oh, piccola
Ci sono momenti in cui sento che
Preferirei non essere
Al volante
Vieni
Tira i miei fili
Guardami muovere
Faccio qualunque cosa
Per favore
Dolce piccola
Preferisco
Te dietro al volante
Ed io il passeggero
Guida
Sono completamente tuo
Fai quel che vuoi
Sono a buon mercato
Stanotte
Sei tu dietro al volante stanotte
Sei tu dietro al volante stanotte
Sei tu dietro al volante stanotte
Sei tu dietro al volante stanotte
Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.
Piccola parentesi musicale.
Il ritmo di questa canzone è suadente, ipnotico e benché il giro armonico ruoti intorno a soli quattro accordi, proprio questa immediatezza riesce a farla entrare in "loop" nel cervello di chi la ascolta con estrema facilità. La severa voce di Dave si fonde con quella eterea di Martin in un gioco timbrico memorabile, che si addice perfettamente al tono delle liriche.
Siamo in viaggio e a volte un semplice giro in auto può davvero diventare un'esperienza: ovviamente dipende da chi è al volante...
Infatti c'è a chi piace guidare e di contraltare c'è a chi non piace, a qualcuno piace essere guidati: di metafore legate alla guida ne esistono a bizzeffe e con la lingua inglese questo fatto si accentua ancora di più, complice la duttilità semantica del verbo "to drive". Infatti quest'ultimo può indicare sia una azione attiva (ossia l'atto di guidare) che l'azione del portare verso uno stato (la prima che mi viene in mente è "drive crazy", portare alla pazzia).
Il concetto espresso in queste parole è chiaro e si traduce quindi nell'abbandonarsi agli eventi, nell'offrirsi completamente a qualcun'altro. La maggior parte di noi quando si trova di fronte ad un bivio a volte non sa che strada prendere: ogni scelta infatti sarà sicuramente giudicata, apprezzata o criticata. Ed è proprio dal giudizio degli altri che a volte nasce la paura di assumere una posizione e prende corpo la voglia di rifugiarsi in qualcuno, in qualcosa: perché non decidi tu al posto mio, perché non governi tu la mia vita al posto mio? Certo, se la cosa si estremizza finiremmo col parlare di patologie legate a questo chiamiamolo disturbo, ma se la cosa accade saltuariamente, solo per una notte...
Conoscendo l'autore di questo testo, sicuramente la metafora della guida è legata all'amore e specificatamente al sesso... Ognuno è libero di interpretarla poi come meglio crede: solo i grandi artisti hanno la capacità di far immedesimare le masse lasciando libertà di interpretazione.
Tornando a questi luoghi, chi non vorrebbe essere ammaliato dalla Sibilla e rimanere nel suo paradiso per l'eternità?
Ovviamente non si ottiene nulla per nulla ed il prezzo da pagare in questo caso è la dannazione eterna... Torneremo tra poche righe su quest'argomento, non finisce qua!
Chiusa parentesi musicale.
Raggiunta finalmente la sommità dello sperone roccioso mi ricollego con il sentiero principale e trovo un omino di pietre ad indicarmi che sono sulla buona strada.
Sulla sommità dello sperone roccioso.
Il "Casale della Sibilla" (1939m) appare davanti a me a circa un centinaio di metri e leggermente più in basso di quota: mi godo questo breve tratto di discesa e già con la mente sono all'ultimo tratto di salita, quello più accentuato e con il terreno più difficile.
Anche da qui riesco a vedere che c'è ancora parecchia neve e questo non agevolerà sicuramente la mia progressione. Alcune fotografie alla "gola dell'infernaccio" ormai coperta e non più accessibile alla vista, alla doppia cima della "Sibilla" che ora appare alla mia sinistra e mi rimetto in marcia. Qui non c'è una traccia da seguire, il riferimento però è ben visibile di fronte a me guardando a sinistra: dalla sella posta tra la "cima Vallelunga" e la Sibilla scende un ghiaione e da lì vedo scendere un accenno di pista prima verso sinistra (per un breve tratto) e poi con una lunga diagonale verso destra perdendosi poi tra la neve. Perfetto, dovrò raggiungere quel punto e dovrò farlo nella maniera più agevole possibile.
Il "Casale Sibilla" (1939m).
Per prati, senza seguire una traccia ben precisa.
Inizio a salire e mi accorgo che la neve è dura e compatta: per non perdere aderenza improvviso alcuni tornanti ed in breve tempo arrivo alla stessa quota della traccia. Per raggiungerla devo compiere ora un lungo traverso (circa 200m in leggera salita) e qui l'aderenza è al limite: cerco di incidere con lo scarpone la neve, ma, come dicevo prima, è molto dura e quindi i miei sforzi non sortiscono l'effetto voluto.
Penso alla discesa che dovrò poi affrontare: non ho voglia di indossare i ramponi per pochi metri! Il mio sguardo si sposta alla ricerca di una soluzione...
La vetta della "Sibilla" sempre più vicina, intanto le nuvole iniziano salire.
Si! Ho trovato! Potrei scendere direttamente su una parte di ghiaione dove non c'è neve procedendo per una linea verticale, in modalità "scivolata controllata" come già feci nella morena detritica tra il Pizzo del Diavolo e la cima del Redentore l'estate scorsa (Escursione Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore, Pizzo del Diavolo, Lago di Pilato, Monte Vettore da Forca di Presta): in questo modo arriverei direttamente sui prati soprastanti il "casale della Sibilla" ricoperti di neve, dove però la pendenza è minore. Bene, sono più tranquillo, anche se "tra il dire ed il fare c'è dei mezzo il mare" recita un vecchio proverbio popolare.
Sono sul sentiero, poco sotto la sella, e per progredire cerco di posare i piedi sul terreno sgombro di neve: forza, forza! E' rimasto poco!
Supero di slancio l'ultimo tornante, ormai mancano pochi metri...
Manca pochissimo per la sella tra il "Monte Sibilla" e la "Cima Vallelunga", la pendenza è al suo acme.
I miei pensieri vengono interrotti da un vocio: ho sentito bene? No, sono i battiti del mio cuore che grazie al raffreddore che ho ed allo sforzo che sto compiendo, pulsano con intensità sui miei timpani...
No, no, sono delle voci, ho compagnia!
Appena svalicata la sella vedo tre figure scendere alla mia destra dalla lunga cresta che conduce fino alla "cima Vallelunga", cresta che conosco bene dopo averla percorsa per intero recentemente (Monte Porche, Cima Vallelunga e Monte Sibilla da Fonte della Iumenta Invernale).
Appena svalicata la sella vedo tre figure scendere alla mia destra dalla lunga cresta che conduce fino alla "cima Vallelunga", cresta che conosco bene dopo averla percorsa per intero recentemente (Monte Porche, Cima Vallelunga e Monte Sibilla da Fonte della Iumenta Invernale).
Non è possibile! I tre "loschi" figuri che avanzano verso di me sono Luca, Riccardo e Diego! I primi due incontrati la volta scorsa scendendo dal Priora (Monte Priora per la cresta di Sud-Est (Gola dell'Infernaccio) Invernale), Diego invece era sempre con loro sul Vettore (Monte Vettore da Forca di Presta Invernale).
Giuro che non c'è stata alcuna premeditazione o accordo, il solo fato ha deciso questo... oppure è stata la Sibilla che ha governato le nostre menti! In preda ad un sano e sincero stupore reciproco iniziamo a parlare. Loro provengono dalla "cima Vallelunga", dopo aver assistito ad una splendida alba dalla vetta della Sibilla ed hanno l'auto parcheggiata nei pressi del rifugio omonimo: per terminare la loro escursione passeranno nuovamente per la vetta e scenderanno per la cresta di Nord-Est.
Il disco del sole che sale sempre più alto all'orizzonte. Ringrazio per le splendide immagini Luca Stortoni. Un pizzico di sana invidia è giusto provarla, no?
Mi dicono che faranno anche una capatina al supposto ingresso dell'antro della Sibilla. I miei programmi invece spiego loro sono completamente diversi e prevedono l'ascesa in vetta per poi tornare all'infernaccio seguendo il medesimo percorso dell'andata: mentre parlo però un'idea sta prendendo campo... Non ho mai percorso la cresta di Nord-Est passando per la "corona" e l'antro della Sibilla: "Ragazzi, se volessi fare l'ultima parte di sentiero insieme a voi, poi mi dareste uno strappo in auto fino all'infernaccio?
Nessun problema Gianluca, il bivio per l'infernaccio è lungo la strada che ci riporta a casa, dobbiamo fare una solo piccola deviazione."
Sono proprio felice, la mia avventura in solitaria termina qui! Avrò compagnia per il prosieguo dell'escursione e vedrò finalmente questo famoso ingresso per la spelonca della Sibilla. Dopo aver ringraziato i miei "compagni di ventura", con rinnovato vigore mi rimetto in marcia seguendo i loro passi: il senso di immedesimazione con il Guerrin Meschino termina qui, senza alcun rimpianto, non me ne voglia, ovunque egli sia. Il sentiero che stiamo seguendo adesso è il 156: in vetta diventerà 155 e lo seguiremo fino alla fine dell'escursione.
Anche qui c'è neve, ma questo non ostacola la nostra avanzata ed in breve raggiungiamo e superiamo la cima Ovest.
Mi soffermo a guardare il panorama che da qui è superbo: si è praticamente al centro del Parco dei Sibillini e la vista (ancora per poco, causa le nuvole che salgono) spazia su tutte le sue cime e valli più importanti.
Tra le due cime della "Sibilla", guardando verso Nord si passa dall'orrido dell'infernaccio al Monte Conero.
La roccia di colore rosso da cui è contraddistinta la sommità di questa montagna riesce a dare poi un tocco di vivacità alla miriade di sfumature dovute alla luce ed alla mutevolezza del tempo.
Per facili roccette raggiungiamo la vetta principale, un pezzetto di cioccolata e dell'acqua e sono pronto, non prima però di essermi fatto scattare alcune fotografie con questo bellissimo panorama alle spalle: niente autoscatto oggi!
Verso la vetta orientale della "Sibilla".
Tra le due cime della "Sibilla", guardando verso Nord si passa dall'orrido dell'infernaccio al Monte Conero.
Guardando verso Sud-Ovest si riescono a vedere tutte le più importanti cime del gruppo. Da sinistra verso destra il "Monte Argentella", "Palazzo Borghese", il "Monte Porche" e la "Cima Vallelunga".
In vetta! "Monte Sibilla" (2173m). Si, sono proprio felice!
Scendiamo di qualche metro finché sulla nostra destra non notiamo un'avvallamento completamente ricoperto di neve: questo è quel che resta dell'ingresso all'antro della Sibilla.
Praticamente non si vede nulla, c'è troppa neve! Non si vede neanche l'unica pietra incisa rimasta...
L'ingresso dell'antro della Sibilla, purtroppo c'è ancora troppa neve.
Piccola parentesi storico-letteraria-mitologica.
Da "Guerino detto il Meschino - Storia di cui si tratta le grandi imprese e vittorie da lui riportate contro i Turchi"
Riveduto ed illustrato con note da Giuseppe Berta - Milano - 1841
Dal Capitolo XXVI
"(...) Partito il Meschino dai tre romiti, poco andò che trovò il fine delle due montagne dov'era questo romitorio. Per mezzo tra queste due alpi comincia il colle di un sasso vivo, e nel fine di queste due montagne sono sì grandi e sì profondi dirupi che non si può vedere il fondo del gran vallone, e le ripe dove quelle finiscono, giugono sino sopra alle nuvole, e quella montagna deve gli conveniva andare era fatta come un pesce marino, detto Aschi, cioè come la sua schiena, il quale nasce nel mare.
Questo poggio aveva da ogni parte un barbacane di muro, che per mezzo era circa un braccio, quindi dove meno, e dove poco più, e nella cima di questa schiena del poggio si aduna la terra di questi dirupi, di cui non si potrebbe dire l'oscurità, di modo che la luce del sole non opra nel fondo alcuna cosa; e tutte queste alpi sono nude d'ogni sorta d'alberi, ma vi è solo sassi e alcune poche erbe. Non si può andare colà se non tre mesi dell'anno, cioè quando il sole è nel segno di Gemini, Cancro e Leone, e quando vi andò Guerino era il sole in Cancro. Quando fu a mezzo questo poggio pose mente dove si era e dove gli conveniva andare, e si fermò e stette tra due pensieri una grossa ora. L'un pensiero lo confortava all'andare, e l'altro a tornar indietro; alla fine riprese cuore, e superò la pietà di sè stesso, e per la mala via andava più con le mani che con i piedi, e quando fu alla fine del poggio, le mani in più luoghi gettavano sangue. Ei si voltò indietro e guardò il poggio, e gli venne ancora pietà di lui, dicendo: "Oh lasso me che vado cercando!" Pregò Dio su la sua tornata, e disse tre volte: "Gesù Cristo Nazareno, aiutatemi!" poi alzò gli occhi e vide due cime di monti che giungevano a suo parere al cielo. Questa pareva una montagna fessa, e che fosse una cima attaccata all'altra e partita nel profondo, dove per mezzo gli conveniva andare, ed eravi tanto da quel fondo alla cima che appena si vedeva l'aere, e pure vi andò con gran fatica. Eravi grande pericolo per i sassi che stavano per rovinare da tutte le parti, e molti ne erano già rovinati, e avevan cominciato a rompergli il passo. E giunto in un campo vide una largura a modo di piazza quadra, circa cento braccia per ogni quadro, ed erano in ogni lato le rive altissime, per modo che ei non vedeva la fine, ed eravi gran quantità di pietre rovinate, innanzi a cui era una montagna molto maggiore che niuna delle altre. Disse il Meschino ad alta voce:- O maledetto dragone, o laido animale oscuro e brutto, quanto è terribile la coda e quanto sono terribili le tue ale!" Pareva maggiore la testa che l'altro busto. Ei chiamava busto le due montagne dove era andato, e chiamava testa la montagna che vedeva davanti, su per la quale per certe caverne gli conveniva andare. E vide in questa montagna quattro entrate oscure, e perché il sole andava sotto, gli convenne dormire quella sera su quei sassi. La mattina quando fu levato il sole, disse i sette Salmi Penitenziali e molte orazioni, e segnossi il viso, e tolse una candela accesa in una mano, e in un'altra tenendo la spada entrò per mezzo una caverna, perché le caverne erano quattro, ma pur tornavano tutte in una, e disse tre volte: " Gesù Cristo Nazareno, tu mi aiuta!"
E' interessante questa nota del Berta a pagina 227 sempre nel Capitolo XXVI:
"due alte montagne, ai piedi di cui scorre il Freddura. Poche miglia a maestro da Norcia sorge la così detta montagna della Sibilla, nome che gli deriva da un ampio e profondo antro che apre la fauce verso ostro, che sino da' più remoti secoli chiamano Grotta della Sibilla. Questa montagna è qui confusa col Monte Norcino, col quale essa confina dalla parte di borea, e dove si credeva che proprio fosse la grotta della sibilla. Nel medio evo era universale la credenza di questa sorta di spelonche misteriose, abitate da sibille, fate o dee che avessero un potere sulle cose presenti, come sull'avvenire. Chi non sa del monte di Venere e della spelonca della Sibilla in Ancona?
Pio II, epist. 46, ricorda anch'esso la Sibilla abitante nel monte Norsino; ne posso a meno di scrivere quanto ci lasciò su questo argomento Cresaeto nel suo famoso libro De odio Satanæ. Egli racconta che certo Domenico Mirabello arpinate venne arrestato con alcuni suoi complici e giudicato a Parigi come reo di magia, colto nel momento che era per mandar i libri magici da consecrarsi alle sibille presidi della magia. Costui confessò nel giudicio un suo socio, di nome Scoto, il quale era negromante famoso, e che meravigliosi esperimenti dell'arte sua aveva fatti in presenza di molti principi del suo tempo, essere un dì venuto a visitare quell'insigne Sibilla, che dicono gl'Italiani abitare lo speco di Norcia. Il detto Scoto riferì, che costei era di piccola statura, e che sedeva sopra un umile scranno colle chiome disciolte e pendenti fino a terra, dalla quale egli ricevette un libro consecrato, e il demonio chiuso in un anello egli potesse essere tasportato a qualunque luogo ei volesse, purchè il vento non soffiasse in contrario. Disse inoltre che il Sommo Pontefice collocò all'entrata di questo speco alcuni custodi, i quali debbono impedire che nessuno non entri a consultare la Sibilla, eccetto i maghi, i quali sanno rendersi invisibili. Quando poi alcuno parla con questa Sibilla, sia mago o non mago, pei luoghi circonvicini si suscitano improvvise procelle fra lo scroscio tremendo delle folgori e i lampi dei fulmini. - Queste erano le superstizioni sì profondamente radicate nell'opinione universale, dal che quindi ne nascevano tutte quelle fantasmagorie, quei sogni, e quelle visioni poetiche che furono di bellezze inesauribili argomento a più d'uno di questi scrittori, e che resero immortale il nome d'Ariosto, il vero poeta del medio evo colla sua verga magica agitata nel seno de' mondi incantati."
In quest'opera letteraria, ambientata nell'anno 824 d.C., il Guerrino si reca presso la Grotta della Sibilla, per conoscere l'identità dei suoi genitori, ma la Sibilla lo trattiene tentandolo a peccare e rinnegare Dio. Questa interpretazione infernale è progressivamente incupita nelle successive versioni del romanzo, stese nel periodo dell'inquisizione nelle quali la figura della Sibilla è addirittura sostituita da quella della Maga Alcina o addirittura dalla dea Venere (la versione da cui ho estratto alcuni capoversi è proprio una di queste).
La "Valle dei Laghi di Pilato" circondata dalle montagne più alte del Parco.
Una piccola premessa di natura storica ora è d'obbligo per comprendere ulteriormente il legame che c'è tra queste montagne ed il mito della Sibilla Appenninica. Il paese di Montemonaco (988m) si trova sui Monti Sibillini ed è il secondo per altezza delle Marche. La tradizione narra che in passato il luogo si chiamasse "Mons Daemoniacus" in riferimento ai culti pagani praticati nella Grotta della Sibilla e il Lago di Pilato. Nell’Alto Medioevo, all'incirca tra l'800 e il 900 d.C., vi arrivarono i monaci benedettini, che misero ordine alla vita ed alle attività del territorio e il nuovo paese assunse la denominazione di “Monte del Monaco”. Nel centro storico si respira ancora oggi un'aria d'altri tempi e si è circondati al contempo dalle vette più alte dei Sibillini, tra cui spicca il Monte Sibilla. Contraddistinto dalla sua caratteristica “corona” (un anello di roccia di colore rossastro che circonda la sua doppia cima),la leggenda narra che lassù si trova la Grotta della Sibilla, la cui entrata è da tempo misteriosamente crollata. La figura della Sibilla, secondo alcuni studiosi, sarebbe legata all'antico culto della dea Cibele, di epoca romana, mentre altri ritengono sia nata dalla fantasia popolare. L’elenco degli scrittori e delle opere che hanno parlato della Sibilla Appenninica è lungo, ed inizia nel 1410 proprio con l'uscita del romanzo cavalleresco del "Guerin Meschino" di Andrea da Barberino, il primo personaggio letterario ad avere incontrato la maga incantatrice dell'Appennino.
Da "Guerino detto il Meschino - Storia di cui si tratta le grandi imprese e vittorie da lui riportate contro i Turchi"
Riveduto ed illustrato con note da Giuseppe Berta - Milano - 1841
Dal Capitolo XXVIII
"(...)... e giunsero in un giardino vicino ad una bellissima loggia tutta istoriata, e lì vi erano più di cinquanta damigelle l'una più bella dell'altra. Tutte si volsero
verso di lui, e in mezzo di quelle vi era una matrona, la più bella che i suoi occhi avessero mai veduto. Una di queste tre gli disse: - Questa è la gran signora Fata!"
E verso lei andarono, ed ella gli venìa incontra, e giunto appresso a lei s'inginocchiò Guerino, ed ella s'inchinò, e presolo per la mano, gli disse: - Ben venga messer
Guerino!" ei la salutò dicendo: - Quella virtù, nella quale avete più speranza, vi aiuti", e mentre che ei parlava, ella si sforzava fargli i più bei sembianti, e
tanta era la sua vaghezza, che ogni corpo umano avrebbe ingannato e con le dolci parole, e con le belle accoglienze. Essa era di smisurata gentilezza, e di grandezza grande
e tanto colorita... (...)"
Dopo quest'ultimo troviamo altri scrittori che parlano di questo mito tra cui Ariosto, Trissino, Berni, Aretino ed anche Parini nel Settecento (ne "Il Giorno").
Se invece guardiamo fuori dai nostri confini, ed in particolare in Germania, sin dalla fine del XIV secolo si parla della leggenda del valoroso cavaliere Tannhäuser che si reca sul Monte Sibilla, chiamato Venusberg (Monte di Venere) e dopo essere stato per un anno tra le braccia di Frau Venus, da cui il nome Frau Venus Berg per la grotta, si reca dal Papa, Urbano IV, per avere l'assoluzione dai suoi peccati. Non la otterrà e ritornerà fra le braccia della sua tanto amata Venere. È a questa variante teutonica della leggenda della Sibilla Appenninica che si ispirò Wagner per la sua opera il "Tannhäuser".
Tornando a casa nostra il Trissino, nel suo poema epico "L'Italia liberata da' Goti" del 1527, dedica spazio alla leggenda della Sibilla e precisamente:
Da "L'Italia liberata da' Goti" di Giangiorgio Trissino - Parte Terza - Edizione del 1729 - Libro Vigesimo Quarto - Pagine 213-214
"(...) Prudente cavaliero, or ch'io mi truovo,
In queste parti, e col favor del cielo,
Hò rassettate le discordie vostre,
Ardo d'un incredibile desio,
Di visitar la vostra alma Sibilla,
Antichissima d'anni, e di prudenza;
Da cui, per grazia a lei dal ciel concessa,
Si pon saper tutte le cose umane,
che son, che furo e che devran venire:
Però saper vorrei da quella il modo,
Che tener deggia in tutta la mia vita,
E ne i difficil punti de le guerre.(...)"
Il ritrovamento della "Gran Pietra" presso la riva dei Laghi di Pilato, di cui ho parlato nel relativo post (Lago di Pilato da Foce di Montemonaco Invernale) si ricollega alle numerose spedizioni all’antro della Sibilla, tentate anche da alcuni scrittori che ce ne hanno lasciato descrizioni immaginifiche e "realistiche". Infatti la fama della Sibilla nel XV secolo era tale che la Duchessa Agnese di Borgogna inviò Antoine de La Sale a visitare la sua grotta. Da questa spedizione del 18 Maggio 1420 nasce "Le Paradis de la Reine Sibylle" (Il paradiso della Regina Sibilla), contenuto nel libro “La Salade”: La Sale raggiunse la grotta per fermarsi poco dopo il suo ingresso; il prete del paese gli raccontò di essere arrivato ben oltre, fino alle porte metalliche e che solo i due viaggiatori tedeschi che egli accompagnava ebbero il coraggio di varcare, senza però fare ritorno... Probabilmente si fermò non oltre il vestibolo non per paura, ma a causa delle frane che già nell'alto medioevo avevano interessato la parte interna della grotta, tuttavia ci fornisce una descrizione dettagliata di questo spazio disegnandone una piantina: il vestibolo della spelonca ci viene descritto come un ampia area circolare con dei sedili di pietra scavati al suo intorno (questo documento è conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi).
Dal XVI secolo in poi si ebbero molte spedizioni sulla cima del Monte Sibilla e la loro connotazione nel tempo cambiò divenendo progressivamente di carattere scientifico. Importante è la prima descrizione tecnico-scientifica che ci viene fornita nel 1926 dal Soprintendente Archeologico delle Marche, il Dott. Moretti: "La cavità, che attraverso una singolare fenditura aperta tra i filoni obliqui di roccia non ha più di otto metri di lunghezza, quattro di larghezza e tre di altezza, non ha più accesso alle sale o agli ambulacri o alle voragini interne. Vuoto è rimasto solo il vestibolo da cui un foro lascia supporre che siano esistite o ancora esistono, se non le aule che la leggenda aveva mutuate nel Paradiso della regina Sibilla almeno altre cavità a cui la presente sia di vestibolo."
Le spedizioni che si ebbero negli ultimi anni del secolo scorso invece di diradare le nebbie su questo mistero ancora irrisolto, contribuirono ad alimentarlo: grazie all'utilizzo scellerato degli esplosivi è stato causato il crollo definitivo del vestibolo e contemporaneamente sono state anche trafugate pietre recanti antiche iscrizioni: oggi ne rimane solo una in loco, quella recante la data 1378 (quella di cui parlavo sopra, non visibile al sottoscritto causa neve!).
Tornando ai giorni nostri, sono state fatte recentemente delle indagini geologiche e geofisiche dell'area in oggetto: dagli esiti delle prospezioni georadar è stata confermata l'esistenza di un vasto complesso ipogeo alla profondità di 15 metri sotto il piano di campagna, fatto di cunicoli labirintici e notevoli cavità. La successiva fase d'indagine, che avrebbe previsto il carotaggio non invasivo nei pressi del vestibolo crollato, è stata però interrotta...
Ma cosa si andava e si va ancora cercando su queste cime?
Sicuramente lo scopo degli esploratori è quello di rintracciare i segni dell’antico culto della Sibilla Appenninica, per venire a capo delle sue origini e visionare l’interno della grotta: questo sulla scorta delle mitiche discese degli scrittori del Quattrocento e di tutti quei personaggi anonimi che tra dicerie e superstizione hanno contribuito nei secoli alla creazione di questo enigma ancora irrisolto.
Chiusa parentesi storico-letteraria-mitologica.
Proseguiamo ora verso Est seguendo l'evidente sentiero finché giungiamo nei pressi della famosa "corona" della Sibilla. Si deve disarrampicare su roccia (passaggi di I grado): la discesa però è agevolata da tre spezzoni di catena e tiranti nuovi di zecca.
Perfetto, in un battibaleno l'ultima difficoltà dell'escursione è stata superata senza troppi problemi. Questo tratto comunque è breve, saranno si e no circa cinque metri di arrampicata, niente di paragonabile alla "ferratina" del "Berro" (vedi Pizzo Berro per la Val di Panico "Ferratina"): per quella via il tratto di roccia è molto più lungo e l'esposizione notevole.
Scendendo per il tratto attrezzato della "Corona".
Appena scesi dalla "Corona" uno sguardo a Nord-Ovest, verso il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora".
Intanto le nuvole stanno scendendo sopra di noi velocemente e la visibilità in certi momenti è ridotta: fortunatamente questo non crea problemi alla nostra avanzata anche perché la traccia è talmente netta che si potrebbe fare anche ad occhi chiusi.
Lungo la cresta di Nord-Est, con le nuvole che iniziano a salire.
Stiamo percorrendo la lunga cresta di Nord-Est ed il nostro avanzare è cadenzato dai numerosi sali e scendi che dobbiamo superare.
Questo tratto sembra non finire mai e la noia inizia a farla da padrone: fortuna non sono più da solo e tra una chiacchiera ed un'altra arriviamo finalmente al tanto agognato cambio di direzione, ossia si svolta verso Ovest, verso il rifugio "Sibilla", che ogni tanto riusciamo ad intravedere tra le nuvole.
La neve ora è del tutto scomparsa e scendiamo per prati in assoluto relax. In pochi minuti lo raggiungiamo e constatiamo con una sorta di compiacimento che ora non si vede più nulla, al di sopra delle nostre teste solo le nuvole: la nostra escursione è terminata giusto in tempo!
Uno spuntino, un caffè e si sale in macchina: in breve tempo raggiungiamo il parcheggio di accesso alla "Gola dell'Infernaccio".
Le nuvole corrono veloci nel cielo!
La neve ora è del tutto scomparsa e scendiamo per prati in assoluto relax. In pochi minuti lo raggiungiamo e constatiamo con una sorta di compiacimento che ora non si vede più nulla, al di sopra delle nostre teste solo le nuvole: la nostra escursione è terminata giusto in tempo!
Tra poco il cielo sarà completamente coperto.
Saluto i miei amici con la promessa di organizzare qualcosa insieme per le prossime settimane e non lasciare tutto nelle mani del fato come avvenuto sinora: anche se errando per questi monti credo non si corra il rischio di non incontrasi nuovamente come già accaduto, è come se ci sia un'entità che governa tutti i destini di chi si avventura per queste valli, scrivendone gli accadimenti "...che devran venire..."...
Filmato dell'escursione di Diego, Riccardo e Luca
Momenti salienti in un collage video
Galleria foto e video
Il "Monte Bove Sud" (2169m).
Il disco del sole che sale sempre più alto all'orizzonte. Mentre percorrevo di gran carriera la "Gola dell'infernaccio", Luca Stortoni scattava queste splendide fotografie.
La Luna sta tramontando a Sud.
Le trocche di "Capotenna": acqua buonissima!
La carrareccia prosegue a Sud-Ovest, io vado invece sulla sinistra.
Uno sguardo alle cime ancora innevate: più tardi ci sarà da fare!
La stradina sulla sinistra che conduce al "Casale Rosi".
L'albero circondato dai ruderi di un muraglione, sullo sfondo il "Berro".
Uno sguardo a Est, sui muraglioni della "Priora".
La traccia da seguire sulla parte alta della collinetta.
I bolli rossi indicano la via.
L'ingresso alla faggeta.
Il "Pizzo Berro" (2259m) ed il "Monte Priora" (2332m) visibili da una piccola radura.
Dalla faggeta si intravede lo sperone roccioso, la prossima meta.
Appena fuori dalla faggeta, sul pianoro dove è ubicato il "Casale Lanza" (1569m).
Inizia la salita verso la sommità dello sperone roccioso.
I due casali "Lanza" visti dallo sperone che li sovrasta, sullo sfondo il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora".
Il punto dove parte il sentiero per l'insidiosa via che percorre il versante Nord della "Sibilla".
Sulla sommità dello sperone roccioso.
La "cima Vallelunga" (2221m).
Un omino di pietre indica che sono sulla strada giusta!
Il "Casale Sibilla" (1939m).
Le due vette della "Sibilla" viste dal casale omonimo.
Per prati (ricoperti di neve), senza seguire una traccia ben precisa.
L'affilata cresta del "il Pizzo" (1769m).
La vetta della "Sibilla" sempre più vicina, intanto le nuvole iniziano salire.
Manca pochissimo per la sella tra il "Monte Sibilla" e la "Cima Vallelunga", la pendenza è al suo acme.
Incontri...
Tra le due cime della "Sibilla", guardando verso Nord si passa dall'orrido dell'infernaccio al Monte Conero.
In prossimità della vetta della Sibilla, con i compagni di "ventura" incontrati lungo il cammino.
Guardando verso Sud-Ovest si riescono a vedere tutte le più importanti cime del gruppo. Da sinistra verso destra il "Monte Argentella", "Palazzo Borghese", il "Monte Porche" e la "Cima Vallelunga".
In vetta! "Monte Sibilla" (2173m). Si, sono proprio felice!
La "Valle del Lago di Pilato" circondata dalle montagne più alte del Parco.
Uno sguardo sulla cresta di Nord-Est della Sibilla (ancora per poco visibile!).
Scendendo, la vetta sempre più lontana.
L'ingresso dell'antro della Sibilla, purtroppo c'è ancora troppa neve.
Scendendo per il tratto attrezzato della "Corona".
Lungo la cresta di Nord-Est, con le nuvole che iniziano a salire.
Amo questa foto, è molto suggestiva.
Appena scesi dalla "Corona" uno sguardo a Nord-Ovest, verso il "Pizzo Berro" ed il "Monte Priora".
La visibilità peggiora sempre più.
L'attacco della via lungo il versante Nord della Sibilla.
Ancora la valle del "Lago di Pilato"...
... che tra poco non si vedrà più!
Uno sguardo a Sud-Est.
Sotto di noi un mare di nuvole!
La gola dell'infernaccio non si vede più.
Tra poco il cielo sarà tutto coperto.
Filmato dell'escursione di Diego, Riccardo e Luca
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