Ciao, sono Gianluca, un innamorato delle proprie passioni. L'avventura è il tema portante, intesa come distacco dalla realtà quotidiana, per immergersi in un contesto dove l'istinto predomina sulla razionalità; intesa come scoperta della verticalità, nel sentirsi completi quando si va sempre più su, sfidando le proprie paure ma contemplando l'abisso. In questo spazio sono condivise le mie esperienze, magari per invogliare qualcuno a ripeterle, magari per fornire qualche utile consiglio.


lunedì 14 gennaio 2019

Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore, Pizzo del Diavolo da Sasso Tagliato Invernale

"Tornate sani, tornate amici, arrivate in cima: in questo preciso ordine."
(Roger Baxter Jones)



Tredici Gennaio 2019
Partenza da Sasso Tagliato (1532m) ore 8:16 
Rientro a Forca di Presta (1536m) ore 16:32 
Durata escursione 8h 16' (pause merenda di 17' sotto Punta di Prato Pulito e di 21' sul Monte Vettoretto)
Tempo di marcia: 7h 38'
Lunghezza tragitto: 11,3 km circa
Grado di difficoltà: EEi - PD- (percorso interamente con ramponi)
Dislivello in salita: 1031m 
Dislivello in discesa: 1029m 
Vette raggiunte: 2052m Monte Vettoretto, 2373m Punta di Prato Pulito, 2422m Cima del Lago, 2448m Cima del Redentore
Quota massima: 2448m Cima del Redentore
Monti Sibillini su Wikipedia
Monte Vettore su Wikipedia
Cima del lago su Wikipedia
Cima del Redentore su Wikipedia
Pizzo del Diavolo su Wikipedia



Marcato in azzurro il percorso su traccia GPS registrata durante l'escursione.






Percorso:
Partenza da Sasso Tagliato (1532m, poco sotto Forca di Presta lato marchigiano) seguendo parzialmente il sentiero del Parco n.130 (segni bianco-rossi) fino alla cima del Monte Vettoretto (2052m). Si prosegue in direzione Nord-Ovest seguendo la cresta che conduce alla Punta di Prato Pulito (2373m): raggiunta questa vetta si procede per creste arrivando alla Cima del Lago (2422m) prima ed alla Cima del Redentore (2448m) poi (sentiero non segnalato n. 2). Una volta giunti su questa vetta si prosegue per la breve cresta che conduce alla vetta del Pizzo del Diavolo (2410m). Per il ritorno si è seguito il medesimo percorso fino a Forca di Presta (1536m).





Relazione:
Questa giornata non sta iniziando con i migliori auspici, a dispetto delle favorevoli previsioni meteo la realtà è ben altra ed un forte vento ci sta già creando parecchi problemi.
A meno di un chilometro di distanza da Forca Di Presta abbiamo dovuto desistere: le nostre auto non riuscivano a sfondare gli accumuli di neve provocati dal vento, così tornati sui nostri passi fino a Pretare, ci siamo rannicchiati tutti dentro la Panda 4x4 di Mario ed abbiamo proseguito nuovamente.
Nei pressi di Sasso Tagliato però anche il "Pandino" ha dovuto sventolare bandiera bianca: troppa neve sulla strada!
"Ragazzi, cambio di programma: al momento è impossibile arrivare a Castelluccio come avevamo preventivato d'altronde potremmo tentare qualcosa anche da qui. Saliamo al Vettoretto, vediamo come e se mutano le condizioni del tempo e poi decidiamo da lì se proseguire o tornare indietro! Siete d'accordo?"
Siamo un bel gruppo eterogeneo ma tutti concordiamo nel proseguire, così parcheggiata l'automobile e preparata l'attrezzatura ci mettiamo in marcia in direzione di Forca di Presta lontana poche centinaia di metri.
Alla testa del gruppetto mi piazzo io, come al solito, e a seguire: Massimiliano, valente climber alle sue prime esperienze con l'alpinismo invernale; Antonella, che già avete conosciuto grazie all'escursione del 28 Gennaio 2018, Monte Bove Sud, Forca della Cervara, Monte Bove Nord, Monte Bicco da Frontignano Invernale, accompagnata da Diego, alla sua prima esperienza con il "sottoscritto"; a chiudere l'inossidabile Mario, anzi "SuperMario", con il quale ho già condiviso tante bellissime esperienze in montagna.
L'ascesa ha inizio e dobbiamo confrontarci fin da subito con il forte vento che spira da Ovest: le nostre membra fanno fatica a riscaldarsi e anche se bardati di tutto punto l'aria sembra penetrare da tutte le parti; solo dopo parecchi minuti finalmente entriamo a "regime" e le cose sembrano andare meglio.


Il vento in queste fasi sembra non darci tregua.

In alcune circostanze devio dal sentiero del Parco n.130 tenendomi sulla sinistra (verso Est) alla ricerca di un'improbabile riparo dal vento che sembra soffiare da ogni direzione.
La mia caparbietà però viene premiata e nei pressi di un dosso troviamo un po' di pace: decidiamo che è il punto giusto dopo indossare i ramponi sia per la tregua che ci siamo guadagnati con il tempo, sia perché il manto nevoso inizia ad essere consistente.


La piana di Castelluccio con il famoso bosco a forma di Italia a ridosso del Pian Grande.

Ripartiamo raggiungendo in breve tempo la "Croce Zilioli": il traverso omonimo non è ricolmo di neve e volendo potremmo percorrerlo per l'ascesa: in questo modo però non transiteremmo per il Vettoretto, cima che Massimiliano, Diego ed Antonella non hanno mai raggiunto in condizioni invernali, decidiamo così di proseguire dritto per dritto, con il vento che stavolta soffia alle nostre spalle dandoci quasi una mano.


Diego ed Antonella nei pressi dell'omino di pietre posto sul Vettoretto (2052m).

Intanto nel cielo il fronte nuvoloso con il quale avevamo iniziato il nostro cammino va pian piano affievolendosi ed ogni tanto ampi squarci di sereno iniziano a mostrarsi: chissà, magari siamo fortunati e le buone previsioni meteo delle scorse ore trovano conferma!
Alla spicciolata raggiungiamo l'omino di pietre che denota il Vettoretto però sono preoccupato dal fatto di non vedere Mario nei paraggi: Antonella mi conferma che si era allontanato per un bisogno, cosa gli sarà successo? Lo provo a chiamare ma è la voce della segreteria telefonica che mi risponde...
Quando sto per tornare indietro alla sua ricerca vedo in lontananza la sua sagoma avanzare verso di noi: "Mario! Cosa è successo? gli chiedo. "Lascia perdere Gianluca, lo sai che io mi perdo sempre i guanti (vedi post del 26 Dicembre 2016, Monte Vettore e Lago di Pilato da Altino invernale), con questi però non poteva accadere visto quanto li ho pagati! Il vento me li ha trascinati quasi 200 metri sopra la strada, quindi sono sceso e poi risalito!"
Con gli altri ci guardiamo stupefatti... "Mario, sei una forza! Mai soprannome è stato così azzeccato!
Intanto il sole inizia a far capolino più insistentemente ed è per questo che decidiamo di salire sulla vetta che si staglia su un cielo d'azzurro innanzi a noi: Punta di Prato Pulito, 2373m, circa 350m di dislivello positivo dal punto in cui ci troviamo. Alla nostra destra, più a Est, si erge il Vettore, la montagna più alta dei Sibillini e delle Marche con i suoi 2476m: magari ce lo lasciamo come ripiego se le condizioni sopra saranno proibitive, la sua ascesa presenta minori difficoltà rispetto alle altre montagne qui intorno... 
Memori dell'esperienza dell'anno scorso (vedi post del 25 Marzo 2018, Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernale) saliamo in cresta tenendoci leggermente sulla destra, così da essere riparati dal vento proveniente da Ovest. 


Verso Punta di Prato Pulito, la pendenza inizia ad essere accentuata: sullo sfondo il Monte Vettore (2476m). Grazie della foto a Mario.

Il gioco funziona e passo dopo passo ci avviciniamo sempre più alla nostra meta. 


Fasi di salita verso Punta di Prato Pulito.

Nei punti dove la pendenza si acuisce compio dei traversi cercando di passare in punti dove non sia presente la neve riportata dal vento finché, quasi senza accorgermene, mi ritrovo nel tratto di misto posto poco sotto la vetta. Sono contento, Massimiliano sta procedendo egregiamente e, cosa ben più importante, si trova a suo agio con i ramponi, anche nei tratti di misto dove le punte vanno a toccare la roccia. A pochi passi dalla vetta mi fermo, si, questo è il posto ideale dopo poter effettuare la prima pausa con annesso spuntino della nostra escursione: "Ragazzi, ci siamo: merenda!"
Il tempo è migliorato notevolmente e le nuvole basse provenienti da Ovest è come se fossero bloccate dalla Cresta del Redentore, anche il vento sembra essersi calmato notevolmente: forse...
Dopo aver mangiato e bevuto a sufficienza siamo pronti per ricominciare, Punta di Prato Pulito dista pochi passi da noi: non facciamo in tempo a ripartire che siamo già fermi sulla sua vetta per le foto di rito!

Punta di Prato Pulito (2373m)! Da sinistra verso destra Massimiliano, Diego, Antonella e Mario.

L'impressione avuta poc'anzi sta diventando una certezza, l'intensità del vento è calata tantissimo, sembra che la cresta sia una zona franca, punto di incontro delle correnti provenienti da Est e da Ovest.


Il Monte Vettore che con i suoi 2476 metri è il più alto delle Marche e dei Sibillini.

Intanto l'idea di fondo che aveva motivato questa escursione riprende campo, sempre di più: forse...


Panoramica dalla vetta di Punta di Prato Pulito (2373m)! Partendo da sinistra abbiamo nell'ordine Cima del Lago (2422m), Cima del Redentore (2448m), il Pizzo del Diavolo (2410m) ed in fondo il Monte Sibilla (2173m); sulla destra il Monte Vettore (2476m).

Il prossimo obiettivo adesso è Cima del Lago, a cinque minuti di marcia. 


Cima del Lago (2422m), sullo sfondo Cima del Redentore (2448m) ed il Pizzo del Diavolo (2410m).


Panoramica video a 360° dalla vetta di Punta di Prato Pulito.

Dopo aver effettuato foto e filmati ci rimettiamo in cammino di buon passo a pochi metri dalla vetta però ci dobbiamo fermare: Massimiliano sta iniziando a soffrire di crampi; a nulla valgono lo stretching e l'assunzione di zuccheri... 


In marcia, direzione Cima del Lago. Grazie della foto a Mario.

Mannaggia! Questa non ci voleva!
Ripresa la marcia dopo pochi passi Massimiliano ci dice che non riesce più a proseguire, specie nei tratti dove la pendenza cresce...
Istintivamente inizio a scavare con la paletta della piccozza una piccola buca nella neve, Diego capisce le mie intenzioni ed occorre subito a darmi una mano: "Massimiliano, questo sarà la tua poltrona con vista panoramica per i prossimi minuti: qui non c'è vento ed il sole offre un bel tepore, se per te va bene io vorrei continuare.


"La fotografia è una breve complicità tra la preveggenza e il caso."
(John Stuart Mill)
L'esperimento è riuscito alla perfezione! Dopo il mezzo successo della Primavera scorsa stavolta sono riuscito ad inquadrare il medesimo panorama nelle stesse condizioni, ovviamente sono "solo" le stagioni ad essere diverse!
Cima del Lago (2422m) in primo piano, Cima del Redentore (2448m) ed il Pizzo del Diavolo (2410m): la prima fotografia è stata scattata il  3 Giugno 2017 - 12x2000 - Traversata delle creste del Monte Torrone e del Redentore da Foce di Montemonaco, con discesa al Lago di Pilato dalla Sella delle Ciaule.

Teniamoci in contatto telefonicamente ed in caso di un repentino cambio delle condizioni avvertimi e torna nel punto in cui abbiamo mangiato poco fa."
Massimiliano è d'accordo, anzi, quasi si scusa di quanto sta avvenendo: "Veramente mi dovrei scusare io, forse sarebbe il caso di tornare indietro tutti insieme invece di proseguire, le condizioni però sono ottimali e sarebbe un peccato non approfittarne, specie per Antonella e Diego che hanno fatto tanta strada per arrivare sin qui.
Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiama, noi cercheremo di essere il più veloci possibile: a dopo!"
Riprendiamo subito il cammino ed in meno di un minuto siamo nuovamente in vetta: Cima del Lago, 2422m!


Lo "Scoglio dell' Aquila", enorme guglia rocciosa "conficcata" sullo splendido versante occidentale della cresta del Redentore che da' sui piani di Castelluccio. Grazie della foto ad Antonella.

Per Antonella e Diego è una bella soddisfazione, non erano mai giunti sin qui in condizioni invernali: il panorama poi è superbo e la vista arriva dal Monte Conero a Nord-Est fino alla Majella a Sud-Est, ad Ovest un mare di nuvole basse e tumultuose ammanta tutto, Castelluccio compresa.

Nuovamente in vetta, Cima del Lago (2422m)!

Mentre gli altri scattano fotografie per fissare nel tempo questi bei momenti io proseguo lungo la cresta e con lo sguardo seguo il suo profilo soffermandomi in maniera particolare sulla Forcella del Lago: rispetto all'anno scorso c'è meno neve e risalire sarà meno difficoltoso, bene!
"Ragazzi, possiamo proseguire, ci sono le condizioni!" grido loro. "Sicuro Gianluca? mi domanda Mario. "Vieni a vedere di persona!"


"Non andare dove il sentiero ti può portare; vai invece dove il sentiero non c’è ancora e lascia dietro di te una traccia."
(Ralph Waldo Emerson)
Dalla vetta di Cima del Lago (2422m) vista sulla Cima del Redentore (2448m) e sulla sua bellissima cresta.

Mario è il mio "Grillo Parlante", durante le nostre escursioni è quello che in parte frena il mio entusiasmo che in certe circostanze mi porterebbe ad esagerare: si, è proprio come il fratello maggiore che non ho, grazie caro amico e scusami se ti faccio assumere spesso questo ruolo!
Inizio a scendere con sicurezza il ripido tratto che conduce alla Forcella del Lago: la raggiungo in pochi istanti e come una falena non posso fare a meno di affacciarmi dal bordo della cresta. Che roba!

Fasi di discesa da Cima del Lago (2422m) verso la Forcella omonima.

Scatto alcune foto ed una volta che gli altri mi raggiungono dico ad Antonella che proprio in questo punto termina una via alpinistica che sale direttamente dalla conca carsico-glaciale dove è situato il famoso Lago Di Pilato: Canale Nord-Est alla Forcella del Lago (AD+, passi di IV+).


La foto non rende per nulla l'idea!

Non posso fare a meno di pensare a qualche giorno addietro, quando ho ammirato le immagini di alcuni forti alpinisti marchigiani che l'hanno percorsa, ai quali rinnovo i miei complimenti: bravissimi Paolo, Mauro e Marco, non vedo l'ora di realizzare quel nostro progetto insieme...
Riprendo la marcia, ormai il nostro obiettivo è la Cima del Redentore a meno di mezz'ora di cammino e forse...


Lungo la cresta del Redentore. Grazie della foto a Mario.

La neve è in buone condizioni, sono presenti alcuni accumuli riportati dal vento ma qui la cresta è abbastanza ampia e ciò non comporta rischi e/o problemi. Il panorama è qualcosa di indescrivibile per la sua bellezza: guardo il Monte Vettore, completamente ricoperto di bianco che mi ricorda... prima o poi mi tornerà in mente; il Pizzo del Diavolo, bastione dolomitico che si erge sopra il Lago di Pilato completamente ricoperto di neve e ghiaccio; la cresta che sto percorrendo, fulgido esempio della perfezione della natura. 

Volete fare una breve passeggiata fra le nuvole lungo una delle più belle creste dell'Appennino, la Cresta del Redentore?
Volete dare un'occhiata da un punto di vista privilegiato al Lago di Pilato ora ammantato di neve e ghiaccio?
Volete vedere lo splendido profilo del Monte Vettore, il più alto dei Sibillini, completamente ricoperto di neve?
Questo ed altro in appena un minuto e quindici secondi!

La perfezione ma allo stesso tempo la semplicità delle forme, il bianco candido della neve che contrasta assolutamente con l'azzurro del cielo, il rumore dei miei passi che si disperde nei sussurri del vento...


"Quel che vedo nella natura è una struttura magnifica che possiamo capire solo molto imperfettamente, il che non può non riempire di umiltà qualsiasi persona razionale."
(Albert Einstein)

Si, potrebbe essere proprio questo l'immenso.


"Perché il bianco non deve essere considerato un colore? E’ come il silenzio in musica, è anche esso un tempo musicale."
(Jean-Jacques Schuhl)
Il bianco e l'azzurro lungo la cresta e la Cima del Redentore (2448m).
Durante il cammino faccio una telefonata a Massimiliano: "Tra cinque minuti siamo sulla vetta di Cima del Redentore, tutto ok?"


"Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono."
(William Blake)
Dalla Cima del Redentore (2448m) vista su una delle più belle creste dell'Appennino.

Fortunatamente la risposta è affermativa e questo mi sprona ulteriormente ad andare avanti con maggior lena e facendomi toccare la quarta vetta della giornata: Cima del Redentore, 2448m!


A poca distanza da Cima del Redentore (2448m).

Gli altri mi raggiungono ma i miei occhi non riescono a staccarsi dalla sottile e convulsa cresta che si dipana davanti a me, proprio in direzione del Monte Vettore: quella che conduce al Pizzo del Diavolo! Ho di fronte a me il mio obiettivo, è da quasi un anno che aspetto questo momento dopo la rinuncia del 25 Marzo 2018, Monte Vettoretto, Punta di Prato Pulito, Cima del Lago, Cima del Redentore da Forca di Presta Invernalestavolta arrivo fino in fondo!
A dispetto dei cattivi presagi provocati dalla musica che già da un po' ha iniziato a suonare nella mia mente è mia ferma intenzione proseguire: "Mario, andiamo?"


Cima del Redentore (2448m),"Mario, andiamo?". Grazie della foto a Mario.

"Gianluca, aspetta, questa neve non mi piace" mi risponde. "Dai, almeno proviamo, male che vada torniamo indietro come la volta scorsa!"
"Gianluca, io mi fermo qua, per me va bene così" dice Antonella. "Io vengo" risponde di rimando Diego. "Te la senti? Ne sei veramente sicuro? Hai mai fatto percorsi del genere?"
gli domando. Non conoscendolo "alpinisticamente" voglio essere sicuro che sia conscio dei rischi ai quali sta andando incontro. Ho con me tutto l'occorrente per proseguire legati in conserva, vediamo com'è la situazione più avanti.
Mi metto in testa al nostro gruppetto e di gran carriera inizio a percorrere la cresta in leggera discesa: tenendosi sul lato Nord la neve è bella compatta, per il momento si va  avanti!


Il coraggio è resistenza alla paura e dominio della paura, ma non assenza di paura."
(Mark Twain)
In marcia verso il Pizzo del Diavolo (2410m), sullo sfondo Il Monte Vettore (2476m) ed il Mare Adriatico. Grazie della foto ad Antonella.

"Gianluca, sacramento! Vai piano!" mi urla Mario. "Tutto ok Mario, tutto ok!" gli rispondo. La cresta adesso scende bruscamente, di fronte a me c'è un bel salto ma la neve anche in questo punto è ottima: un passo dopo l'altro inizio a scendere... 
Ecco cosa mi ricordava il Monte Vettore, visto da qui sembra proprio la calotta sommitale del Monte Bianco!



Faccio partecipi gli altri di questa mia rivelazione e Mario mi risponde: "Stai concentrato, non pensare a questo!"
Non riesco a fare a meno di sorridere, una risata allegra ma allo stesso tempo un po' isterica, non c'è nulla da ridere, specie adesso...
La cresta si sta restringendo, sempre di più e sono costretto a proseguire proprio sul suo filo, esattamente al centro, il problema però è un altro: la neve che sto calpestando è fresca e per nulla consolidata con il manto sottostante.
"Gianluca fermati, torniamo indietro!" mi urla Mario. "Aspetta, dopo questo punto va meglio!" gli rispondo, ed è vero, le cose sembrano migliorare proseguendo. 
Avanzo, lentamente, soppesando e misurando ogni passo, finché non inizio ad affondare nuovamente, sempre di più, fino alla coscia. 


La vetta del Pizzo del Diavolo (2410m) distante poche decine di metri, sullo sfondo il Monte Vettore (2476m).

Una ridda di pensieri passano per la mia mente: potremmo anche legarci ma attrezzare in questo punto una sosta per chi deve fare sicura è impossibile, la neve non tiene! Provo a conficcare la piccozza nella neve e quest'ultima va giù come un coltello arroventato in un panetto di burro: la spingo sempre più in basso, addirittura arrivo con la becca all'altezza delle punte dei miei ramponi ma il risultato non cambia. Se provo a muoverla lateralmente sento che non tiene!
"Gianluca! Gianluca torniamo indietro!..."
Intanto la musica nella mia mente diviene sempre più assordante e prende il sopravvento su ogni cosa: "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn", "Heart and soul, one will burn"...

Piccola parentesi biografico-musicale

Quel giorno arrivò anche per me... 
Di punto in bianco, come un fulmine a ciel sereno venne a mancare un punto di riferimento nella mia vita.
No, non si trattò di un lutto, ma altresì di una figura che ormai davo per scontata (grosso errore...) e che da un giorno all'altro non fu più presente.
Per un ineffabile scherzo del destino ciò avvenne in un momento delicato, un momento di scelte future, un momento in cui la stragrande maggioranza delle persone si riscuoteva dall'arrivo del nuovo anno, ancora frastornata dai bagordi che ne erano conseguiti, ancora in letargo per l'inverno che ancora era lungi dal terminare : io dovevo iniziare il mio 1994 ricostruendo prima un ginocchio e poi la mia anima...
Sprofondato di colpo sul fondo dell'abisso attraversavo la mia prima vera crisi esistenziale e, come accade durante tali momenti, non solo non vedevo la luce, ma non riuscivo neanche a scorgerla, a percepirla: avvertivo solo il buio intorno a me, un'oscurità densa che mi avvolgeva fin nel profondo...
Avevo paura di me stesso, non riuscivo a stare da solo con i miei pensieri, gli unici momenti di conforto erano quando riuscivo a prendere sonno e a sognare: stranamente non avevo alcun timore del mio inconscio, anzi, cercavo di interpretare i simboli con i quali dialogava con me cercando di trarne un misero conforto ed una debole speranza...
Poi c'erano gli amici, fortunatamente quelli veri, e c'erano anche le "distrazioni" che riuscivano ad alleviare, seppur in maniera effimera, il grande senso di vuoto che avevo dentro: locali di tendenza, discoteche, luoghi mondani alla ricerca di quello sguardo che fino a poco tempo prima mi riempiva il cuore e che ora cercavo vanamente in altri bei volti femminili. 
I ricordi ancora troppo vividi, le ferite lungi dal rimarginarsi...
Poi c'erano gli artisti: poeti, filosofi, attori, cantanti e quel processo di immedesimazione, grazie all'arte, che si viene ad instaurare lenendo in parte le pene.
Come diceva Goethe:

"L'aspetto istruttivo delle comunicazioni morali sta nel fatto che da esse l'uomo apprende ciò che è successo ad altri, cosa deve aspettarsi dalla vita e che grazie ad esse ha la possibilità di capire che, qualunque cosa gli capiti, gli capita perché è un uomo e non perché è un uomo fortunato o sfortunato. Sapere queste cose serve poco a evitare i guai, però per noi è utilissimo essere nelle condizioni di sopportarli anzi di superarli."

Un giorno, rovistando in un negozio di dischi, le mie mani toccarono un CD appena uscito: un brivido mi scosse fin nel profondo... "(the best of) New Order".


La copertina di "(the best of) New Order" (1994).

La mia mente iniziò a viaggiare, molto velocemente, e ripensai all'immediato feeling che c'era stato con un loro famosissimo brano nel lontano 1987, "True Faith": scorrendo i titoli notai che questo pezzo era presente nella raccolta, addirittura con un nuovo remix del '94. 
Aggiudicato!
Corsi a casa per ascoltare questa canzone sul lettore CD: una, due, tre... enne volte...
Presi una vecchia videocassetta VHS dove avevo registrato alcune esibizioni di Sanremo 1988: dovevano esserci proprio i New Order con questo brano... 
Si, erano lì! Dopo una breve introduzione di Carlo Massarini (era lui che presentava gli artisti stranieri che si esibivano al Palarock) la band iniziò la propria performance (purtroppo in playback) di "True Faith"... 
Cos'è che ha detto Massarini? "... gruppo New wave nato dalle ceneri dei Joy Division, dopo il suicidio del loro leader Ian Curtis..."
Forse avevo trovato un modo per soddisfare l'assoluto bisogno di empatia col vuoto che sentivo dentro in quel momento...
Andai in libreria e fortunatamente trovai tra gli scaffali un libro della Gammalibri intitolato "Joy Division New Order".

La copertina del libro Joy Division New Order / Autori vari - Milano : Gammalibri, 1985. 

Testo bianco su copertina nera dove era raffigurato uno strano grafico in tre dimensioni: la riproduzione della linea "vitale", ossia delle pulsazioni, della prima stella Pulsar scoperta, la CP 1919. La linea è stata spezzata in più parti che sono state poi "impilate" ottenendo l'immagine raffigurata su tre assi divenendo l'iconica copertina del primo album dei Joy Division, "Unknown Pleasures".
Tornando verso casa "divorai" la breve biografia del gruppo ed iniziai ad analizzare uno ad uno i testi delle canzoni passando dagli EP agli LP...


Ian Curtis seduto di fronte ad una riproduzione della copertina di "Unknown Pleasures". Immagine dal Web.

Il giorno dopo le canzoni di "Unknown Pleasure" e "Closer", unici due album dei Joy Division, iniziarono a girare sui lettori a cassette nello stereo di casa, dell'auto e del mio walkman...
Facciamo un salto in avanti di qualche giorno, ero in montagna, vicino casa, precisamente lungo il percorso che da Pierosara, grazioso borgo nella Gola di Frasassi, conduce al Foro degli Occhialoni, luogo che ormai avete imparato a conoscere dopo i numerosi post che gli ho dedicato e che vi rimando qui di seguito ("Foro degli Occhialoni" ed i "Gradoni" presso il Monte Frasassi, "Foro degli Occhialoni" e "Grotta del Mezzogiorno" presso il Monte Frasassi ecc...).
Parcheggiata la macchina calzai gli scarponi, mi caricai sulle spalle un leggero zainetto ed indossate le cuffie del mio walkman iniziai a seguire l'evidente sentiero che si perdeva fra la vegetazione: ero stato lì con lei ormai una vita fa ed era da quella volta che non avevo più avuto il coraggio di tornare...
Così mi ritrovai, nel crepuscolo di una mite giornata di fine Ottobre, a vagare come un’idiota, da solo, per sentieri di montagna, "sparandomi" in cuffia i 44 minuti di "Closer": scelsi quest'ultimo perché solo il vuoto nascosto dentro e dietro ogni traccia di questo LP magari poteva darmi l’empatia e l’aiuto di cui avevo bisogno.

La copertina di "Closer" (1980) realizzata da Peter Saville utilizzando una foto realizzata da Bernard Pierre Wolff raffigurante la tomba della famiglia Appiani, sita presso il Cimitero monumentale di Staglieno, a Genova.

Parlare di un capolavoro come questo per me è davvero difficile, lo ammetto, "Closer" è un album davvero complicato da classificare: Post-punk? New Wave? Gothic Rock?
Ovviamente non sono d'accordo con queste etichettature... io personalmente vedo questo lavoro come "Dark", "Nero" e basta. 
L'atmosfera che si respira nelle canzoni, pur non essendo molto lontana dai "ritmi ossessivi" e dalla "violenza" di "Unknown Pleasures", diventa più rarefatta, quasi eterea e per certi versi impalpabile.


La copertina di "Unknown Pleasures" (1979).

La traccia che apre l'album, "Atrocity Exhibition", è molto vicina come sonorità ad "Unknown Pleasures" ma il dolore e il senso di "chiuso" che la permeano sembrano avere un qualcosa di claustrofobico, di soffocante e tale sensazione non era presente nel lavoro precedente: stavolta non si scappa, questa volta purtroppo non si sfuggirà alla morte...
Ian Curtis, leader, cantante ed autore dei testi del gruppo, è consapevole del suo triste destino, non tenta nemmeno di combattere il suo "grande male" come egli stesso lo definiva, piuttosto lo accetta.
Veniamo ad "Isolation": questa canzone mi spiazza tutte le volte che la ascolto. Quello che mi colpisce è l'incredibile contraddizione che la caratterizza: musica tagliente e morbida allo stesso tempo, voce limpida e velenosa.
Questa poesia in musica per me è costruita giocando fra gli opposti felicità-tristezza (musica-liriche), ai quali voglio attribuire il significato di "consapevolezza".
Se andiamo ad analizzare questo "stato d'animo" potremmo dire che quando si è consapevoli di qualcosa di "brutto" si è felici e tristi allo stesso tempo: felici per il fatto di aver accettato ciò che ci aspetta; tristi perché, appunto esso è "qualcosa di brutto". Ovviamente questa è una mia interpretazione di questa canzone, se ci si ferma solo alla superficie delle parole si pensa immediatamente all'isolamento e a tutto quello che ne consegue.
Intanto i miei pensieri si accavallavano tra il basso pulsante di Hook e la chitarra scarna di Sumner, facendo mio il vuoto che si annida dietro ai suoni mentre ascoltavo il "rantolare" talvolta marziale e talvolta lascivo di Ian.
Continuando il viaggio alla scoperta di "Closer" ci si imbatte in "Passover", "Colony" e "A Means To An End", splendide canzoni che non fanno altro che accrescere la brutta sensazione di ciò che sta per accadere...
Mi scuso se non le descrivo e sto "correndo" ma voglio arrivare al dunque ossia agli ultime quattro perle nere dell'album: "Heart And Soul", "24 Hours", "The Eternal", "Decades".
Questi brani secondo me sono quanto di più bello la "sensibilità dark" di un uomo abbia mai potuto produrre. 
"Heart and soul, one will burn", questa frase è, a mio parere, una delle più significative, dolorose e rassegnate di Ian. Sinceramente non so cosa realmente egli volesse dire, provo a dare una mia interpretazione: forse essa banalmente rappresenta la "lucidità" di Ian Curtis di fronte al suo destino. Qui si oltrepassa la consapevolezza sopracitata, qui egli ha la percezione o addirittura la visione di ciò che sta per avvenire: Ian ha compiuto la sua scelta bruciando il suo cuore e liberando la sua anima che vivrà per sempre in queste canzoni... 
"Twenty four hours", brano straziante: si percepisce che l’uomo sta combattendo con le sue ultime forze morali, sta tentando invano di non arrendersi: un’inesorabile conflitto di accelerazioni e decelerazioni al ritmo di un basso appesantito come solo un cuore può esserlo... 
Arriviamo a "The Eternal", una marcia funerea che accompagna Ian nel suo ultimo viaggio: i suoni sempre più oscuri e il ritmo particolarmente cadenzato come a voler segnare ogni passo, ogni bisbiglio, in quella giornata di pioggia e nebbia oscura quando il cuore è ormai definitivamente bruciato...
"Spargere fiori lavati dalla pioggia", con questa frase si capisce che Ian aveva smesso di combattere ed il suo io è solo un tramite per i suoi ultimi pensieri, quasi del tutto impersonali.
"Non ci sono parole che possano spiegare, nessuna azione che possa chiarire", "Solo guardare gli alberi e le foglie che cadono": il suo racconto in terza persona mi fece (fa?) rabbrividire ed ebbi un sussulto; mi guardai intorno e vidi che gli alberi effettivamente stavano perdendo le loro foglie...

"(...) Solo guardare gli alberi e le foglie che cadono (...)"
Da "The Eternal", ottavo brano di "Closer".
Parte iniziale del percorso che conduce al  "Foro degli Occhialoni".

Questa assonanza mi colpii profondamente, mi inquietò non poco paragonare nella mia mente il sole trionfante con il quale mi ero svegliato solo qualche ora prima con la secchezza di quegli alberi nudi e precari...
Completamente assorto dalle sensazioni evocate da questi brani avevo perso totalmente la coscienza del tempo ed ormai era quasi buio: un pallido sole, velato dalla nebbia che stava salendo pian piano, si abbassava all'orizzonte. Avevo appena superato a grandi balzi i famosi "Gradoni" ed ero a strapiombo sopra la "Gola di Frasassi".
Il panorama era un qualcosa che è difficile da descrivere con le parole, sembrava un dipinto di Friedrich, il "Viandante sul mare di nebbia": che buffo, proprio qualche giorno prima dentro l'ufficio di una ricercatrice all'università avevo visto una riproduzione di questa opera rimanendone estasiato (vedi post del Quindici Ottobre 2017 - "Foro degli Occhialoni" ed i "Gradoni" presso il Monte Frasassi).

Viandante sul mare di nebbia (Der Wanderer über dem Nebelmeer) - Caspar David Friedrich (1818).

Iniziò "Decades", con il suono quasi stridulo prodotto dalle tastiere, e premetto fin da subito che questa canzone non parla affatto di guerra come molti pensano. 

Un bellissimo fan-video di "Decades", nona ed ultima traccia di "Closer".

Dal momento che "Closer", come ormai avrete capito, racconta praticamente la storia della morte di Ian, questo brano narra ciò che accade dopo (neanche a farlo apposta è l'ultima canzone dell'album): idealmente Ian compie un salto avanti nel tempo di 10-20 anni dalla data del suo suicidio ed ipotizza come potrebbe essere stata la sua vita e quella dei suoi amici.

"Ecco i giovani uomini, un peso sulle loro spalle
Ecco i giovani uomini, dove sono stati?
Abbiamo bussato alle porte delle camere più scure dell'Inferno
Spinti al limite, ci siamo trascinati a forza
Guardati dalle quinte mentre si rifacevano le scene
Ci vedremo come non ci eravamo mai visti
il ritratto dei traumi e delle degenerazioni
Le pene che avevamo sofferto e di cui non ci eravamo mai liberati
Dove sono stati?"

I giovani con il peso sulle spalle sono i membri dei Joy Division: erano davvero in prima linea nel periodo post-punk ed hanno provato a cavalcare l'onda di quel momento. Dove sono sono stati? Cosa hanno fatto? Hanno bussato alle porte della camera oscura dell'inferno e poi vi si sono trascinati dentro (solo Ian con il suo suicidio)?
La rappresentazione del trauma e della degenerazione è l'effetto che l'intera cosa ha avuto su Ian: lo stava davvero trascinando verso la fine. La sua epilessia stava peggiorando rapidamente e le luci del palco durante i concerti acuivano la frequenza e l'intensità delle sue crisi. Alcuni "fan", o pseudo tali, venuti a conoscenza di questi avvenimenti aspettavano proprio il momento in cui Ian avrebbe iniziato a "ballare" disteso sul palco preso da una sua crisi.
Ian era "Weary inside", un uomo sfinito dentro, si sentiva come una specie di fenomeno da baraccone (vedi il primo brano dell'album, "Atrocity Exhibition").
Negli ultimi tre anni della sua vita aveva lottato duramente solo per finire in questo stato?
Dove sono stati? Che cosa hanno fatto da quando Ian si è ucciso? Dove sono stati come band? Non lo saprà mai, perché è morto, ed è per questo che lo sta chiedendo...

"Stanchi dentro, adesso i nostri cuori sono persi per sempre
Non posso rimpiazzare la paura o l'emozione dell'impresa
Questi rituali spalancano le porte al nostro vagabondare
Aperta e chiusa, poi sbattuta sulla nostra faccia
Dove sono stati?"

Si è stancato dell'iniziale euforia che si prova nel diventare famosi, è sfinito e si rende conto che il suo cuore è stato "corrotto" da questo stile di vita: per quanto si sforzi poi lo stato d'animo che ha provato nell'avere successo, come una droga, non potrà mai essere raggiunto nuovamente. Ha vissuto tutta questa cosa al massimo delle sue potenzialità e ora per lui è giunto il momento di andare avanti, attraverso la sua morte...

"(...) Questa è la crisi che sapevo sarebbe arrivata
A distruggere l'equilibrio che avevo raggiunto
Girando attorno alla prossima serie di menzogne
Chiedendomi cosa accadrà dopo (...)"
Da "Passover", terzo brano di "Closer".
Ian Curtis nel pieno della sua crisi esistenziale. Immagine dal Web.

Provo a mettermi nei suoi panni, dev'essere stato atroce per lui, completamente avvolto dal suo disastro interiore e psicofisico, guardare sua figlia negli occhi e vederle in viso i connotati della sconfitta che Ian vedeva in tutto quello che lo circondava.
Tornando al brano, sembra che le tastiere di questa canzone siano state appositamente create per "evolversi" dalle orribili pugnalate tremanti evocate dai versi nella maestosità dei cori che possiedono secondo me una delle melodie più rassegnate e desolate di sempre.
Il nastro si fermò, il tasto play del Walkman con un click ritornò in posizione normale, ero immobile sul bordo del precipizio osservando il tenue bagliore del sole ormai calato fra le montagne: rimasi immobile non so quanto tempo col silenzio nelle cuffie, forse il naturale prolungamento di "Closer"...


"Non c'è in natura una passione più diabolicamente impaziente di quella di colui che, tremando sull'orlo di un precipizio, medita di gettarvisi."
(Edgar Allan Poe) 

Giunse il momento di andare avanti anche per me, ritornai al buio sui miei passi, iniziando a riempire un po' il vuoto proprio con quello che l'ascolto di questi brani mi aveva lasciato dentro...






La situazione ed i presupposti ora sono completamente differenti però, anche in questa circostanza, come feci quella volta, ho deciso di andare avanti ritornando sui miei passi: non ci sono le condizioni per proseguire ed è perfettamente inutile rischiare la vita per un qualcosa che può essere raggiunto in un altro momento.

"Ma se potessi vedere la bellezza,
Queste cose che non potrei mai descrivere,
Questi piaceri sono una distrazione ribelle,
Questo è il mio unico premio fortunato."

Da "Isolation", secondo brano di "Closer".

Tutti i testi sono coperti da copyright e sono di proprietà degli autori.

Chiusa parentesi biografico-musicale.


"... Gianluca! Gianluca torniamo indietro!" continua Mario non so da quanto tempo ormai... 
"Si Mario, torniamo indietro anche questa volta!" e gli faccio l'occhiolino da sotto la maschera.


"Si Mario, torniamo indietro anche questa volta!" Grazie della foto a Mario.

"Sacramento! Perché non mi hai risposto subito?" Lo sto facendo mentre sto scrivendo queste righe...  


Si torna indietro! Grazie della foto a Mario.

Pian piano ci voltiamo (operazione tutt'altro che semplice vista l'esiguità della cresta) ed iniziamo a percorrere a ritroso i passi che ci hanno portato fin qui: tanto non c'è due senza tre, l'appuntamento è solo rimandato!


Di ritorno lungo la cresta che collega il Pizzo del Diavolo a Cima del Redentore. Grazie della foto ad Antonella.

Rimango un po' indietro, ogni tanto mi fermo per scattare foto su foto: le condizioni del cielo sono meravigliose e le montagne intorno a noi sono quanto i più bello i miei occhi possano vedere...

A picco sopra la Valle del Lago di Pilato. In basso a destra è visibile Foce di Montemonaco; sullo sfondo la Sibilla, la Priora ed il Pizzo Berro; sulla sinistra la lunga cresta che da Cima del Redentore arriva fino a Palazzo Borghese.

In cresta, Mario e Diego sopra di me, verso Cima del Redentore. Sullo sfondo Antonella che sta scattando la foto sottostante! 

Posto non proprio comodo per fermarsi a scattare una foto! Grazie della foto ad Antonella.

"Non si può arrivare in cima da soli. Qualcuno deve aiutarti. Io credo nel karma. Credo che si riceve ciò che si è dato."
(Randy Pausch)
Lungo la cresta del Pizzo del Diavolo, verso Cima del Redentore.

Risaliti sulla Cima del Redentore Antonella ci accoglie con un abbraccio, è felice della decisione che abbiamo preso nel tornare indietro salvaguardando la nostra incolumità:

"L’alpinista è un uomo che conduce il proprio corpo là dove un giorno i suoi occhi hanno guardato. E che ritorna."
(Gaston Rébuffat)


Così vicina, così lontana: la vetta del Pizzo del Diavolo alle mie spalle. Grazie della foto ad Antonella.

Ecco di chi era la massima che aveva citato Antonella!


Panoramica video a 360° dalla vetta di Cima del Redentore (2448m). Grazie del video a Mario.

E' tempo di fare una piccola pausa per ricaricarci prima di incominciare la lunga fase discesa che ci condurrà nuovamente a Sasso Tagliato, i miei pensieri però vanno a Massimiliano che ci sta aspettando nei dintorni di Punta di Prato Pulito: "Ragazzi, voi fate una pausa e prendetevi tutto il tempo che vi serve per ricaricarvi, sarà una lunga discesa. Io preferisco partire subito per vedere come sta Massimiliano: se non ci si vede prima, vi aspettiamo nei pressi del Vettoretto tanto siete in ottime mani. Ci sarà un motivo se a Mario ho dato il soprannome di "SuperMario"!"
"A tra poco!"


"Il bianco è un mondo così alto rispetto a noi che quasi non ne avvertiamo il suono, è un nulla prima dell’origine."
(Vassili Kandinsky)
Di ritorno lungo la Cresta del Redentore, sullo sfondo emerge fra le nuvole contrastando con l'azzurro del cielo il Corno Grande del Gran Sasso. Grazie della foto a Mario.

Mi giro e velocemente inizio a scendere lungo la cresta del Redentore seguendo le impronte lasciate poco minuti prima: dove la pendenza è meno accentuata trovo il tempo di chiamare Massimiliano che mi dice che si spostato dove avevamo effettuato la prima pausa ossia sotto la vetta di Punta di Prato Pulito, pronto a ripercorrere nuovamente la sua cresta Sud.


A breve distanza dalla Forcella del Lago, sullo sfondo la Cima omonima.

In perfetta solitudine mi gusto questi momenti speciali facendo il "pieno" di bellezza: foto, video...


A "spasso" lungo la cresta del Redentore, verso la Forcella del Lago.

Immortalare questi momenti non sarà mai come viverli nella realtà, però sono pur sempre meglio di niente, no?


"Tutto sommato, ci sono soltanto due tipi di persone al mondo − quelle che restano a casa e quelle che non lo fanno. Le seconde sono le più interessanti."
(Rudyard Kipling)
Lungo la cresta del Redentore, verso Cima del Lago (2422m).

In breve tempo raggiungo la Forcella del Lago e mentalmente cerco di "caricarmi" prima di compiere l'ultimo sforzo: la risalita verso Cima del Lago!


Cima del Lago (2422m) vista dalla Forcella del Lago (2380m). Grazie della foto a Mario.

Effettivamente i metri di dislivello non sono moltissimi ma effettuare una salita così ripida dopo gli sforzi compiuti durante l'intera giornata è un qualcosa che non si riesce a digerire con facilità.


Verso Cima del Lago: la Luna fa capolino sopra la sua vetta.

Stavolta impongo a me stesso di prendermela con calma, cadenzando i passi uno ad uno: ne ho contati circa 190 dalla Forcella del Lago alla vetta della Cima omonima!
Però il giochino ha funzionato egregiamente e a parte una piccola pausa per immortalare la bellezza che mi circondava, in pochi minuti mi ritrovo a scendere verso Punta di Prato Pulito. 


Verso Punta di Prato Pulito, sullo sfondo i Monti della Laga e dietro il Gran Sasso.

Superata la sua vetta mi dirigo senza esitazione verso la cresta Sud dove trovo un infreddolito Massimiliano ad attendermi: "Alé Alé Massimiliano! Sei pronto?"
"Lo spero Gianluca!" mi risponde.


"... il suo cadavere fu chiuso in un sacco e venne affidato ad un carro di bufali inferociti, che, lasciati liberi, avrebbero terminato la loro folle corsa precipitando nel lago dall'affilata cresta della montagna più alta dei Sibillini, che a quel tempo (erroneamente) si credeva fosse la "Cima del Redentore": le sue acque ribollirono e si tinsero del sangue di Pilato..."
Il Pizzo del Diavolo o Scoglio del Lago (2410m), il profilo più famoso dei Sibillini, quello della montagna che con le sue rocce dolomitiche cade a picco sul Lago di Pilato: sullo sfondo un'altra montagna legata a miti e leggende ossia la Sibilla (2173m) ed il Mare Adriatico. Grazie della foto a Massimiliano.

Ovviamente non scenderemo per il percorso della salita ma ci terremo più a sinistra, verso il rifugio "Zilioli" tanto per intenderci, dove stavolta sfrutteremo la neve fresca per controllare la discesa.


Non male come luogo per attenderci, giusto Massimiliano? Poco sotto la vetta di Punta di Prato Pulito. Grazie della foto a Massimiliano.

Prima di iniziare però dobbiamo compiere un breve traverso non proprio agevole su misto dove Massimiliano, benché provato dalla lunga attesa, se la cava egregiamente: "Dai Massimiliano, ora iniziamo a scendere come abbiamo fatto un paio di settimane fa per il ghiaione del Monte Revellone con la piccozza pronta per un eventuale auto-arresto!"


Massimiliano durante la discesa da Punta di Prato Pulito.

La discesa prosegue senza intoppi, veloce, forse troppo: se ripenso alla fatica che abbiamo fatto per risalire questo tratto!
In pochi minuti ci ricongiungiamo con la traccia che scende dal rifugio "Zilioli" e quando siamo a poca distanza dal Vettoretto delle nubi portate dal vento ammantano tutto.
"Facciamo una piccola pausa, con gli altri ero rimasto d'accordo che ci saremmo aspettati qui."


Fra nuvole e neve...

Trovati nella nebbia alcuni massi che fanno al caso nostro ci sediamo e tolti gli zaini dalle nostre spalle possiamo rilassarci per qualche istante. Io ne approfitto per mangiare alcuni crackers e bere del tè, Massimiliano invece tira fuori dallo zaino un contenitore ricolmo di prelibatezze che spazzola via in un baleno! Come si suol dire: "la fame è fame!"
Tra una chiacchiera e l'altra il tempo passa piacevolmente in quest'atmosfera ovattata quando, quasi ad interrompere la quiete che regnava sovrana, sentiamo delle voci: sono i nostri amici che sono giunti a pochi passi da noi! Caricati in fretta e furia armi e bagagli siamo pronti per ripartire!
Stavolta non transiteremo per il Vettoretto bensì seguiremo il sentiero del Parco n.130 percorrendo il lungo traverso che ci condurrà alla "Croce Zilioli": non è presente tantissima neve al suolo e questo è il percorso più agevole in queste condizioni per la discesa.


"Tornate sani, tornate amici, arrivate in cima: in questo preciso ordine."
(Roger Baxter Jones)
Autoscatto! Da sinistra verso destra Diego, Gianluca, Mario ed Antonella; in ginocchio Massimiliano. Grazie della foto a Massimiliano.

Scendendo ogni tanto non possiamo fare a meno di fermarci immortalando i mutevoli scenari che ci vengono gentilmente offerti dall'immenso: luci, colori tutto varia repentinamente e meravigliosamente e sarebbe un peccato non soffermarsi ad ammirare questo spettacolo.

"... luci, colori tutto varia repentinamente e meravigliosamente..." Grazie della foto a Massimiliano.

Le nostre gambe però a dispetto dello sforzo sinora sostenuto viaggiano veloci ed in breve tempo raggiungiamo Forca di Presta: visto che abbiamo un leggero vantaggio sul resto del gruppo dico a Mario se può andare a Sasso Tagliato a riprendere la macchina così da non dover far compiere questo tragitto a piedi lungo la strada agli altri.


Verso Forca di Presta. Grazie della foto a Massimiliano.

Alla spicciolata vengo raggiunto da Massimiliano, Diego ed Antonella: tolti i ramponi dopo tutto questo tempo ora ho la sensazione di "galleggiare"!
All'improvviso però la nostra attenzione viene richiamata dall'assoluta protagonista della giornata: la FIAT Panda 4x4 di Mario sta arrivando!


La mitica Panda di Mario caricata all'inverosimile! Grazie della foto ad Antonella.

Caricato nuovamente tutto il nostro equipaggiamento sul bagagliaio ed il provvidenziale portapacchi siamo pronti per affrontare l'ultima tappa di questa nostra avventura ossia una doveroso momento di convivio presso il Rifugio degli Alpini de-localizzato a Pretare dopo gli eventi sismici del 2016.
Siamo stipati come sardine dentro il "Pandino" ma è una sensazione bellissima essere qui, tutti insieme, dopo quanto vissuto. Ogni tanto faccio accostare il buon paziente Mario: il sole sta tramontando e le vette che si ergono intorno a noi si stanno colorando di rosa... 


Il Pizzo di Sevo (2419m) colorato di rosa dalla luce del tramonto.

Il Monte Vettore nei Sibillini, il Pizzo di Sevo nella Laga: meraviglia!


La "Piramide" del versante Sud del Monte Vettore fotografata al "volo" scendendo verso Pretare.

Giunti al Rifugio degli Alpini troviamo una gradevole atmosfera ed apriamo subito le danze: lenticchia di Castelluccio, affettati e formaggi della zona, birra ecc...
Tutto ottimo e abbondante!
Non vorremmo mai andarcene ma siamo ai saluti e raggiunte le nostre auto dobbiamo mettere la parola fine a questa magnifica giornata trascorsa a spasso per i Monti Sibillini...
Ovviamente dopo aver solennemente promesso di compiere a breve il tragitto originariamente programmato!

R.I.P. Ian Curtis (15 Luglio 1956 – 18 Maggio 1980)

Galleria foto e video in preparazione.







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